Vai direttamente ai contenuti

Copertina della rivista

spighe di grano con cielo azzurro

 

L'acqua per l'agricoltura: una questione vitale

L’irrigazione per l’Italia è una necessità legata principalmente alla particolare collocazione geografica ed alle specifiche condizioni climatiche. Senza acqua è difficile coltivare piante o allevare animali. Per cui è totalmente fuorviante paragonare i consumi irrigui dell’Italia con gli altri paesi europei. Sicuramente si può intervenire rimodernando i metodi di irrigazione a pioggia: in tale ambito il ruolo della ricerca e dell’innovazione è e sarà strategico.





L'attenzione posta alle risorse idriche e in particolare al loro utilizzo a fini irrigui è viva, non solo nei Paesi in via di sviluppo o a rischio desertificazione, ma anche in Italia dove si avverte fortemente l'esigenza di un approfondimento conoscitivo dei problemi idrici e di quelle attività produttive che utilizzano in maggior misura le risorse idriche disponibili.
L’uso irriguo dell’acqua difatti può determinare anche frizioni sociali nel caso di elevato livello di consumo e di scarsa efficienza nell’impiego. L’acqua non è solo un fattore produttivo, ma è innanzitutto una preziosa risorsa pubblica da tutelare.

D’altra parte è evidente l’importanza dell’irrigazione per l’agricoltura nazionale: ben il 50% della produzione agricola si avvale dell’irrigazione, mentre il rapporto tra superficie irrigata e SAU è pari al 20% (2,7 milioni di ettari su 
15 milioni circa complessivi). Ma l'irrigazione non è solo importante in termini quantitativi. Infatti, ha un ruolo chiave nel garantire la qualità della produzione ed è, pertanto, un elemento basilare della strategia complessiva dell'agricoltura italiana. I 2/3 delle esportazioni di prodotti agricoli provengono da colture irrigue. Data la natura del prodotto, l'agricoltura irrigua produce anche un indotto notevole in termini di impianti esistenti di lavorazione e di occupazione prodotta.

Tra i problemi più attuali per il settore irriguo, la scarsità delle risorse idriche dovute a fattori climatici, rappresenta il limite più rilevante. Nel corso degli ultimi anni l’attenzione posta alle tematiche sui mutamenti climatici sta fortemente crescendo, coinvolgendo, oltre al mondo scientifico da tempo in allerta su questi temi, anche la società civile.
A livello nazionale ed europeo si è assistito, negli ultimi dieci anni, a fenomeni naturali inusuali che hanno spesso generato notevoli perdite economiche a seguito dei danni verificatisi. In particolare, negli ultimi anni si sono alternate stagioni fortemente siccitose con eventi precipitativi concentrati, grandinate, esondazioni e sbalzi improvvisi e bruschi di temperatura. I fenomeni siccitosi non sono più geograficamente limitati alle regioni meridionali, ma si estendono anche a quelle del Nord che non avevano mai registrato in passato situazioni di emergenza.

A livello nazionale, inoltre, gli studi condotti prevedono un aumento di questi fenomeni, dei quali il territorio italiano soffre storicamente per la sua conformazione orografica e per l’elevato grado di urbanizzazione delle aree collinari e costiere. In Italia, quindi, mitigare gli effetti di eventi climatici estremi appare un’attività più complessa che in altri Paesi.
L’acqua rappresenta, quindi, un elemento del tutto particolare rispetto agli altri fattori della produzione agricola. Ciò impone una migliore programmazione dell’impiego dell’acqua ed il coordinamento dell’uso con altri settori. Di conseguenza, le politiche territoriali risultano strettamente connesse non solo ad altre politiche del settore primario, ma anche alle politiche ambientali, energetiche e di sviluppo del territorio.

irrigazione di colture
Nell’ultimo decennio si è vissuta una fase di profonda evoluzione del quadro normativo e dell’assetto delle competenze, che ha condotto all’adozione di una politica dell’acqua di tipo sostenibile sotto molteplici punti di vista: ecologico, etico ed economico-finanziario.
La normativa comunitaria, in particolare la direttiva 2000/60, pur non disciplinando in maniera dettagliata e puntuale la gestione economica delle risorse idriche in agricoltura, pone l’uso irriguo in una posizione di primaria importanza. Una delle sfide principali nell’attuazione della direttiva sicuramente sarà la determinazione dei costi dell’acqua. In tale ambito è indispensabile che le autorità competenti italiane tengano conto di quanto indicato dalla medesima direttiva: la politica dei prezzi dovrà essere attuata tenendo conto delle ripercussioni sociali, ambientali ed economiche del recupero dei suddetti costi, nonché delle condizioni geografiche e climatiche della regione o delle regioni in questione.
Ciò anche in relazione al ruolo che svolge il settore primario nella gestione del territorio, contribuendo ad evitare il degrado territoriale e a ridurre il grado di rischio idrogeologico.
Per quanto riguarda l’analisi delle problematiche dell’irrigazione, va subito sottolineato, che esiste nel nostro Paese una sostanziale e storica differenza del fenomeno irriguo a livello territoriale.

Nelle regioni centro settentrionali i maggiori elementi di criticità sono legati a:
• pianificazione dell’uso e gestione delle risorse idriche a fini irrigui;
• prevalenza di metodi irrigui a bassa efficienza e alto consumo;
• frammentazione del servizio irriguo, a livello gestionale e territoriale;
• aumento dei prelievi da falda;
• stato delle reti irrigue;
• scadimento qualitativo delle acque usate per l’irrigazione.

Per le regioni meridionali, invece, gli elementi di criticità si possono ricondurre a:
• problemi di approvvigionamento idrico;
• stato delle infrastrutture irrigue (in particolare il mancato completamento delle opere);
• problematiche collegate alla gestione consortile;
• sottoutilizzazione della superficie attrezzata con rete pubblica.

In conclusione, tenendo conto anche delle problematiche connesse ai cambiamenti climatici, l’intero Paese dovrà confrontarsi con i problemi legati all’uso dell’acqua, rivedendo le proprie strategie di gestione sia in relazione alla necessità di risparmio dell’acqua sia in relazione alla necessità di accumularla.

Sulla riduzione dei consumi occorre una strategia complessiva basata su:
• rilancio di una seconda fase del piano di opere irrigue che tenga conto in particolare della necessità di costituire nuovi invasi, dai più piccoli, a livello aziendale, agli invasi più grandi adeguati alle aspettative del territorio sotteso;
• rinnovamento dei sistemi irrigui, in particolare di quelli che portano l’acqua alle aziende agricole; insieme all’accumulo dell’acqua è uno dei problemi da affrontare soprattutto in alcune zone del bacino padano;
• rinnovamento dei metodi di irrigazione, trasformando, dove possibile ed in relazione alle tipologie colturali, quelli per scorrimento e ad infiltrazione laterale con quelli ad aspersione; adottando la microirrigazione nei casi in cui le colture lo permettano;
• nuovi strumenti di pianificazione ad esempio attraverso piani di conservazione al fine di regolare la portata a livello di bacino e di comprensorio in relazione ai fabbisogni;
• sistemi di supporto all’agricoltore per valutare i fabbisogni idrici delle colture (centraline meteorologiche, sistemi di avviso, ecc.).

In tale ambito occorre intervenire attraverso:
• il piano irriguo nazionale che deve essere rilanciato con una strategia rivolta ai problemi futuri;
• l’attuazione dei PSR, dando ampio spazio a tutte le misure aziendali ed infrastrutturali che possono portare ad un risparmio dell’acqua;
• una forte azione di sensibilizzazione, informazione e formazione degli agricoltori al risparmio idrico;
• la divulgazione di dati sull’acqua omogenei che evitino di diffondere notizie inesatte in merito al consumo dell’acqua da parte dell’agricoltura ed in particolare sui metodi di irrigazione utilizzati, che da più parti indicano anche le tecniche di irrigazione per aspersione tra quelle che dissipano acqua.

Su quest’ultimo aspetto alcune ulteriori precisazioni. L’irrigazione per l’Italia, come già sottolineato, è una necessità legata principalmente alla particolare collocazione geografica ed alle specifiche condizioni climatiche. Senza acqua è difficile coltivare piante o allevare animali. Per cui è totalmente fuorviante paragonare i consumi irrigui dell’Italia con gli altri paesi europei che dispongono di un clima totalmente diverso con una distribuzione delle piogge in sintonia con le coltivazioni effettuate. In tale contesto rinunciare a coltivazioni come il mais, ad esempio, significa rinunciare ad alcune filiere italiane di eccellenza come i prodotti derivanti dagli allevamenti.

Allo stesso modo è difficilmente comprensibile la polemica sorta negli ultimi mesi, che ha inserito le tecniche di irrigazione a pioggia tra quelle dissipatrici d’acqua, prevedendo per l’Italia come unico sviluppo futuro la microirrigazione. Su questo aspetto va sottolineato che la riconversione dei metodi irrigui rivolta a incentivare le tecniche di irrigazione a goccia, non può essere attuata in tutte le coltivazioni agricole. In contesti come le coltivazioni di pieno campo, gli agricoltori dovranno comunque utilizzare le tecniche di irrigazione a pioggia, che permettono un’ottimale gestione idrica. Sicuramente invece si può intervenire rimodernando i metodi di irrigazione a pioggia, dotandoli di strumenti di misura adeguati e di programmazione. In tale ambito il ruolo della ricerca e dell’innovazione è e sarà strategico.