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Immagine: Nuovi sistemi elettrochimici per l'accumulo in centrale e per lo sviluppo di veicoli ad emissione controllata

Molti sono gli studi in corso in vari laboratori accademici ed industriali, tra i quali il laboratorio al Dipartimento di Chimica della Università La Sapienza di Roma, al fine di elevare il grado di sicurezza delle batterie al litio e portarle così ad una proficua utilizzazione nelle centrali e nei veicoli eco-sostenibili.



Un’economia energetica basata su combustibili fossili non è più sostenibile per una serie di ragioni che spaziano dall’inquinamento ambientale, al costante aumento dei costi dovuti alla crescita della richiesta, al calo delle risorse e alla dipendenza dai Paesi produttori di petrolio. Cresce di conseguenza a livello internazionale il potenziamento degli investimenti per lo sfruttamento di energia da fonti rinnovabili, con particolare interesse per le tecnologie più mature quali l’eolico ed il solare.

Queste sorgenti sono discontinue: il sole non splende ogni giorno e il vento non spira a domanda; quindi, il loro sfruttamento adeguato richiede sistemi di accumulo efficienti e modulabili. In tale ambito emerge il ruolo chiave dei dispositivi elettrochimici ad alto rendimento energetico quali le batterie o le celle a combustibile, vale a dire sistemi in grado di accumulare l’energia per poi erogarla e distribuirla efficientemente in base alle richieste negli impianti remoti e di garantire un’elevata qualità della rete provvedendo al livellamento del carico negli impianti integrati nella rete elettrica. Inoltre, il riscaldamento del pianeta legato al costante aumento di immissioni di anidride carbonica nell’atmosfera richiede con urgenza una drastica riduzione della circolazione su strada dei veicoli inquinanti a combustione interna a favore di veicoli ad emissione controllata quali gli elettrici (motore totalmente elettrico) e gli ibridi (motore batteria-benzina).

Nonostante gli accordi internazionali e i continui allarmi sugli effetti devastanti legati al riscaldamento del pianeta, la linea tendenziale di crescita del tasso di CO2 nell’atmosfera e così quella della temperatura terrestre, non mostra ancora segni di inversione: le emissioni di CO2 sono praticamente raddoppiate negli ultimi dieci anni! E’ noto che una larga frazione delle emissioni di anidride carbonica è dovuta agli scarichi delle auto a combustione interna. Il problema è grave e non può essere risolto con interventi saltuari come l’interruzione del traffico per un giorno alla settimana o con circolazione limitata a targhe alterne. Pertanto è imperativo intraprendere azioni correttive al fine di evitare disastri ecologici irreversibili. Tra queste, sembra prioritaria quella diretta ad una consistente eliminazione dalle strade di auto a combustione interna che, con le loro emissioni, contribuiscono al deterioramento dell’ambiente, a favore di auto idealmente ad emissione zero o, perlomeno, ad emissione controllata.

Un veicolo ad emissione zero è per definizione elettrico, cioè con la sola alimentazione a batteria, unico in grado di assicurare scarichi con totale assenza di inquinanti. E’ da considerare inoltre che una scelta di questo tipo ha anche una sua logicità in termini di praticità ed economia di esercizio, in quanto il motore elettrico, non soffrendo di limitazioni di Carnot, ha un’efficienza doppia rispetto a quello a combustione. Anche nel settore dei trasporti i sistemi di accumulo elettrochimico hanno un ruolo fondamentale. Le batterie convenzionali, quali accumulatori al piombo-acido o al nichelcadmio non soddisfano le condizioni necessarie per assicurare l’adeguato mantenimento in centrali fotovoltaiche e/o l’alimentazione dei motori elettrici per i veicoli eco-sostenibili. Si consideri come esempio esplicativo un impianto fotovoltaico PV-batteria da 150 kW/giorno con capacità di accumulo di 450 kWh e tre giorni di autonomia.

Con l’uso di una batteria piombo- acido, a causa della bassa efficienza intrinseca e bassa energia specifica, i costi energetici di produzione (in termini di combustibile fossile) risultano tripli rispetto a quelli relativi al solo sistema fotovoltaico. Analogamente un’automobile elettrica di media dimensione alimentata con batterie comuni, quali ad esempio quelle al piombo-acido, non può assicurare lunghi percorsi, ma circa solo un quinto di quelli percorribili con un’automobile a benzina, e il “rifornimento” (vale a dire la ricarica della batteria) richiede tempi abissali rispetto a quello richiesto per un pieno in stazione di servizio. Come ovvio un’auto di questo tipo non ha sbocchi di mercato ed infatti i veicoli elettrici sono oggi limitati a prototipi dimostrativi in “motor shows” o a poche unità per servizi municipali. Le proiezioni per un efficiente abbinamento centrale-batteria o batteria-auto elettrica sono a favore di batterie di nuova generazione con elevato contenuto in densità di energia.

Un valido esempio è la batteria al litio che, prodotta a livelli di diversi milioni di unità all’anno, domina oggi il mercato della elettronica mobile. E’ questa una batteria non convenzionale che, nella sua configurazione più comune, è formata da un anodo di grafite, un catodo di un ossido metallico di litio, esempio LiCoO2 e un elettrolita costituito da una soluzione di un sale di litio in una miscela di solventi organici aprotici imbevuta in un setto separatore. Il processo elettromotore è il trasferimento reversibile di ioni litio dal catodo all’anodo, (vedi Figura 1).



Le batterie al litio sono leggere, compatte e operano con una tensione di circa 4V con densità di energia intorno ai 180 Wh/kg (si noti che in confronto, l’energia dell’accumulatore al piombo non eccede i 40 Wh/kg) e pertanto sono in linea di principio in grado di assicurare al veicolo elettrico prestazioni comparabili a quello alimentato a benzina. Analogamente, le proiezioni per un efficiente abbinamento PVbatteria sono a favore della batteria litio-ione: l’elevata efficienza, la lunga durata e l’alta energia specifica di questo sistema elettrochimico consentono un guadagno energetico dieci volte superiore a quello relativo alla conversione di energia da combustibile fossile in energia elettrica in generatori Diesel.

E’ evidente come le batterie al litio rappresentino in linea di principio i sistemi ideali per assicurare il funzionamento di centrali fotovoltaiche e il progresso dei veicoli elettrici e/o ibridi. Sfortunatamente il loro utilizzo in questi settori non è ancora possibile. Il maggior problema è nella sicurezza operativa: per cause non sempre controllabili o prevedibili, le batterie al litio possono subire fenomeni di decomposizione che portano a surriscaldamenti locali e eventualmente ad esplosioni, come recentemente accaduto in Giappone dove la batteria di un computer ha preso fuoco nel corso di una conferenza. Un incidente del genere, già grave nel caso citato, avrebbe conseguenze disastrose se si verificasse in centrale e, ancor di più, in un’automobile in circolazione. Pertanto, molti sono gli studi in corso in vari laboratori accademici ed industriali al fine di elevare il grado di sicurezza delle batterie al litio e portarle così ad una proficua utilizzazione nelle centrali e nei veicoli eco-sostenibili.

Il nostro laboratorio al Dipartimento di Chimica della Università La Sapienza di Roma rientra in questa schiera con un impegno di ricerca da tempo diretto allo sviluppo di nuove configurazioni di batterie al litio basate su combinazioni elettrodiche in grado di assicurare un elevato grado di sicurezza. In questi nuovi sistemi al litio, l’elettrodo convenzionale di grafite è stato sostituito da un ossido di litio e titanio caratterizzato da un processo elettrochimico bifasico centrato su 1,5V vs. Li, cioè ben all’interno al campo di stabilità del sistema. A questo nuovo materiale anodico è stato accoppiato un catodo di litio ferro fosfato caratterizzato da un processo bifasico centrato su un valore di 3,5v vs. Li, anche esso nel campo di stabilità del sistema. Questa combinazione porta ad un nuovo tipo di batteria al litio con tensione dell’ordine dei 2V il cui funzionamento, che prevede il trasferimento reversibile degli ioni litio dal catodo all’anodo, esclude ogni reazione di decomposizione, garantendone così la sicurezza operativa.

Va anche ricordato come l’idrogeno rappresenti oggi un’altra importante alternativa energetica al petrolio. L’interesse è giustificato dal fatto che l’idrogeno è totalmente ecologico visto che la sua combustione ha come unica emissione il vapore d’acqua. Tuttavia l’idrogeno non esiste come tale in natura e il suo uso in centrale e nel trasporto è ancora frenato dalle difficoltà di ottenerlo allo stato puro e di contenerlo in serbatoi di basso ingombro. Sono però già in fase di sviluppo sia centrali a bassa potenza che veicoli dimostrativi. L’auto alimentata da idrogeno deve usufruire di un sistema in grado di fornire l’energia propulsiva: anche in questo caso da un sistema elettrochimico, comunemente noto come “cella a combustibile”. Tra le varie possibili configurazioni che queste celle possono assumere, è quella cosiddetta “a membrana polimerica”, il cui schema è mostrato in Figura 2, che viene considerata la più vicina alla fase produttiva, tuttavia non ancora ad uno stato di avanzamento paragonabile a quello delle batterie al litio.



Per raggiungere le condizioni tali da garantirne un’ampia diffusione a livello commerciale, sono necessari studi di base, principalmente indirizzati alla riduzione dei costi dei componenti di cella. Anche in questo settore vi è un forte impegno del nostro laboratorio che coordina un importante progetto di ricerca a cui partecipano varie università italiane.