Un’economia energetica basata su
combustibili fossili non è più
sostenibile per una serie di
ragioni che spaziano dall’inquinamento
ambientale, al costante aumento dei costi dovuti
alla crescita della richiesta, al calo delle risorse
e alla dipendenza dai Paesi produttori di petrolio.
Cresce di conseguenza a livello internazionale
il potenziamento degli investimenti per lo
sfruttamento di energia da fonti rinnovabili, con
particolare interesse per le tecnologie più mature
quali l’eolico ed il solare.
Queste sorgenti sono
discontinue: il sole non splende ogni giorno e il
vento non spira a domanda; quindi, il loro sfruttamento
adeguato richiede sistemi di accumulo
efficienti e modulabili. In tale ambito emerge il
ruolo chiave dei dispositivi elettrochimici ad alto
rendimento energetico quali le batterie o le celle
a combustibile, vale a dire sistemi in grado di
accumulare l’energia per poi erogarla e distribuirla
efficientemente in base alle richieste negli
impianti remoti e di garantire un’elevata qualità
della rete provvedendo al livellamento del carico
negli impianti integrati nella rete elettrica.
Inoltre, il riscaldamento del pianeta legato al
costante aumento di immissioni di anidride carbonica
nell’atmosfera richiede con urgenza una
drastica riduzione della circolazione su strada dei
veicoli inquinanti a combustione interna a favore
di veicoli ad emissione controllata quali gli
elettrici (motore totalmente elettrico) e gli ibridi
(motore batteria-benzina).
Nonostante gli accordi
internazionali e i continui allarmi sugli effetti
devastanti legati al riscaldamento del pianeta, la
linea tendenziale di crescita del tasso di CO2 nell’atmosfera
e così quella della temperatura terrestre,
non mostra ancora segni di inversione: le
emissioni di CO2 sono praticamente raddoppiate
negli ultimi dieci anni!
E’ noto che una larga frazione delle emissioni di anidride carbonica è dovuta agli scarichi
delle auto a combustione interna. Il
problema è grave e non può essere
risolto con interventi saltuari come
l’interruzione del traffico per un giorno
alla settimana o con circolazione limitata
a targhe alterne.
Pertanto è imperativo intraprendere
azioni correttive al fine di evitare disastri
ecologici irreversibili. Tra queste,
sembra prioritaria quella diretta ad una
consistente eliminazione dalle strade di
auto a combustione interna che, con le
loro emissioni, contribuiscono al deterioramento
dell’ambiente, a favore di
auto idealmente ad emissione zero o,
perlomeno, ad emissione controllata.
Un veicolo ad emissione zero è per
definizione elettrico, cioè con la sola
alimentazione a batteria, unico in grado di assicurare scarichi con totale
assenza di inquinanti. E’ da considerare
inoltre che una scelta di questo tipo
ha anche una sua logicità in termini di
praticità ed economia di esercizio, in
quanto il motore elettrico, non soffrendo
di limitazioni di Carnot, ha un’efficienza
doppia rispetto a quello a combustione.
Anche nel settore dei trasporti
i sistemi di accumulo elettrochimico
hanno un ruolo fondamentale.
Le batterie convenzionali, quali accumulatori
al piombo-acido o al nichelcadmio
non soddisfano le condizioni
necessarie per assicurare l’adeguato
mantenimento in centrali fotovoltaiche
e/o l’alimentazione dei motori elettrici
per i veicoli eco-sostenibili. Si consideri
come esempio esplicativo un
impianto fotovoltaico PV-batteria da 150 kW/giorno con capacità di accumulo
di 450 kWh e tre giorni di autonomia.
Con l’uso di una batteria piombo-
acido, a causa della bassa efficienza
intrinseca e bassa energia specifica, i
costi energetici di produzione (in termini
di combustibile fossile) risultano
tripli rispetto a quelli relativi al solo
sistema fotovoltaico.
Analogamente un’automobile elettrica
di media dimensione alimentata con
batterie comuni, quali ad esempio
quelle al piombo-acido, non può assicurare
lunghi percorsi, ma circa solo un
quinto di quelli percorribili con un’automobile
a benzina, e il “rifornimento”
(vale a dire la ricarica della batteria)
richiede tempi abissali rispetto a quello
richiesto per un pieno in stazione di
servizio.
Come ovvio un’auto di questo tipo
non ha sbocchi di mercato ed infatti i
veicoli elettrici sono oggi limitati a prototipi
dimostrativi in “motor shows” o
a poche unità per servizi municipali. Le
proiezioni per un efficiente abbinamento
centrale-batteria o batteria-auto
elettrica sono a favore di batterie di
nuova generazione con elevato contenuto
in densità di energia.
Un valido
esempio è la batteria al litio che, prodotta
a livelli di diversi milioni di unità
all’anno, domina oggi il mercato della
elettronica mobile. E’ questa una batteria
non convenzionale che, nella sua
configurazione più comune, è formata
da un anodo di grafite, un catodo di un
ossido metallico di litio, esempio
LiCoO2 e un elettrolita costituito da
una soluzione di un sale di litio in una
miscela di solventi organici aprotici
imbevuta in un setto separatore. Il processo
elettromotore è il trasferimento
reversibile di ioni litio dal catodo all’anodo,
(vedi Figura 1).
Le batterie al litio
sono leggere, compatte e operano con
una tensione di circa 4V con densità di
energia intorno ai 180 Wh/kg (si noti
che in confronto, l’energia dell’accumulatore
al piombo non eccede i 40
Wh/kg) e pertanto sono in linea di
principio in grado di assicurare al veicolo
elettrico prestazioni comparabili a
quello alimentato a benzina.
Analogamente, le proiezioni per un
efficiente abbinamento PVbatteria
sono a favore della batteria litio-ione:
l’elevata efficienza, la lunga durata e
l’alta energia specifica di questo sistema
elettrochimico consentono un guadagno
energetico dieci volte superiore
a quello relativo alla conversione di
energia da combustibile fossile in energia
elettrica in generatori Diesel.
E’ evidente come le batterie al litio rappresentino
in linea di principio i sistemi
ideali per assicurare il funzionamento
di centrali fotovoltaiche e il progresso
dei veicoli elettrici e/o ibridi.
Sfortunatamente il loro utilizzo in questi
settori non è ancora possibile. Il
maggior problema è nella sicurezza
operativa: per cause non sempre controllabili
o prevedibili, le batterie al
litio possono subire fenomeni di
decomposizione che portano a surriscaldamenti
locali e eventualmente ad
esplosioni, come recentemente accaduto
in Giappone dove la batteria di un
computer ha preso fuoco nel corso di
una conferenza. Un incidente del genere,
già grave nel caso citato, avrebbe
conseguenze disastrose se si verificasse
in centrale e, ancor di più, in un’automobile
in circolazione.
Pertanto, molti sono gli studi in corso
in vari laboratori accademici ed industriali
al fine di elevare il grado di sicurezza
delle batterie al litio e portarle
così ad una proficua utilizzazione nelle
centrali e nei veicoli eco-sostenibili.
Il
nostro laboratorio al Dipartimento di
Chimica della Università La Sapienza
di Roma rientra in questa schiera con
un impegno di ricerca da tempo diretto
allo sviluppo di nuove configurazioni
di batterie al litio basate su combinazioni
elettrodiche in grado di assicurare
un elevato grado di sicurezza. In
questi nuovi sistemi al litio, l’elettrodo
convenzionale di grafite è stato sostituito
da un ossido di litio e titanio
caratterizzato da un processo elettrochimico
bifasico centrato su 1,5V vs.
Li, cioè ben all’interno al campo di stabilità
del sistema. A questo nuovo
materiale anodico è stato accoppiato
un catodo di litio ferro fosfato caratterizzato
da un processo bifasico centrato
su un valore di 3,5v vs. Li, anche esso
nel campo di stabilità del sistema.
Questa combinazione porta ad un
nuovo tipo di batteria al litio con tensione
dell’ordine dei 2V il cui funzionamento,
che prevede il trasferimento
reversibile degli ioni litio dal catodo
all’anodo, esclude ogni reazione di
decomposizione, garantendone così la sicurezza operativa.
Va anche ricordato come l’idrogeno
rappresenti oggi un’altra importante
alternativa energetica al petrolio.
L’interesse è giustificato dal fatto che l’idrogeno
è totalmente ecologico visto
che la sua combustione ha come unica
emissione il vapore d’acqua. Tuttavia
l’idrogeno non esiste come tale in natura
e il suo uso in centrale e nel trasporto
è ancora frenato dalle difficoltà di
ottenerlo allo stato puro e di contenerlo
in serbatoi di basso ingombro. Sono
però già in fase di sviluppo sia centrali a
bassa potenza che veicoli dimostrativi.
L’auto alimentata da idrogeno deve
usufruire di un sistema in grado di fornire
l’energia propulsiva: anche in questo
caso da un sistema elettrochimico, comunemente noto come “cella a combustibile”.
Tra le varie possibili configurazioni
che queste celle possono assumere,
è quella cosiddetta “a membrana
polimerica”, il cui schema è mostrato in
Figura 2, che viene considerata la più
vicina alla fase produttiva, tuttavia non
ancora ad uno stato di avanzamento
paragonabile a quello delle batterie al
litio.
Per raggiungere le condizioni tali
da garantirne un’ampia diffusione a
livello commerciale, sono necessari
studi di base, principalmente indirizzati
alla riduzione dei costi dei componenti
di cella. Anche in questo settore vi è un
forte impegno del nostro laboratorio
che coordina un importante progetto di
ricerca a cui partecipano varie università
italiane.