I PROBLEMI
L’energia che oggi usiamo è, a parte un 6% di
origine idraulica, in grande prevalenza di natura
fossile (petrolio, gas, carbone), accumulata
sottoterra e nelle profondità degli oceani nell’arco
di milioni di anni. La possiamo utilizzare
mediante combustione, che in combinazione
con l’ossigeno dell’aria produce anidride carbonica
(CO2) e calore. Scompare quindi così una
risorsa esauribile e si immette CO2 nell’atmosfera.
Recentemente è stato scoperto che questa è la
causa principale dei mutamenti climatici nell’ultimo
secolo: l’anidride carbonica assorbe
parte dell’energia solare riemessa dalla terra
con frequenze più basse, provocando quindi il
riscaldamento dell’atmosfera (effetto serra).
Le conseguenze sono lo scioglimento dei ghiacciai,
l’innalzamento del livello dei mari, violente
perturbazioni atmosferiche e danni alle
popolazioni più povere, mancanza di acqua
potabile e riduzione della produzione agricola.
Le risorse energetiche sono inoltre in mano a
pochi paesi e tendono ad esaurirsi nell’arco di
50-100 anni. Contemporaneamente sono
entrati sul mercato nuovi grandi consumatori
di energia (come Cina e India): paesi in rapido
sviluppo, la cui popolazione crescente richiede
ora quel benessere (legato ai consumi ed agli
sprechi energetici) di cui i paesi più sviluppati
possono da tempo beneficiare. Ciò vuol dire
maggiori consumi e maggiori emissioni di CO2,
oltre che di altri inquinanti.
Dobbiamo ricercare globalmente uno sviluppo
sostenibile per l’umanità, che non renda invivibile
la terra. Come?
1) A tempi brevi è necessario da parte di tutti
il risparmio energetico e l’efficienza energetica.
2) Contemporaneamente bisogna sviluppare
l’uso delle energie rinnovabili, che non
sono basate sulla combustione e non
provocano cambiamenti climatici.
Analizziamo quali.
I DIFETTI DELL’ENERGIA NUCLEARE
E DELLE FONTI RINNOVABILI
L’energia
nucleare da fissione è attualmente
abbastanza competitiva nei
costi (se si esclude lo smaltimento delle
scorie) ed oggi più sicura (reattori di
terza generazione) e relativamente
pulita (niente CO2, solo acqua calda
utilizzabile per il teleriscaldamento). Il
problema delle scorie radioattive (se ne
producono 3g/MWh con migliaia di
anni di vita media) rimane, anche se si
studiano costosissimi metodi di bonifica
e di stoccaggio: l’Italia non ha ancora
trovato dove mettere le poche scorie
dei suoi reattori chiusi venti anni fa.
L’energia nucleare non è rinnovabile,
anzi l’uranio minerale si esaurirà
anch’esso in un arco di tempo poco più
lungo di quello del petrolio (~50 anni,
o ~70 anni secondo dati Enel, fonte
interessata). A lungo termine non sarà
quindi una soluzione, se si pensa che
occorrono anni per trovare e concordare
un sito (in Italia servirebbero almeno
12 siti lontanissimi da centri abitati
perché l’impresa valga la pena) e da 5 a
15 anni per costruire una centrale
nucleare. Anche se l’Italia decidesse
oggi di costruirle (ma l’ENEL e
l’Ansaldo Nucleare lo fanno in altri
paesi europei), per quando esse potrebbero
iniziare a funzionare il costo dell’uranio
sarà cresciuto in modo insostenibile
(in 30 mesi il costo dell’ossido di
uranio è già cresciuto del 670%).
Infatti
le armi nucleari non hanno alternative
all’uranio (fortunatamente, perché
finiranno anch’esse!) e contribuiscono
in più a farne salire i costi. Come vedremo,
ci sono alternative non dannose,
rinnovabili e competitive in prospettiva,
perciò non ha senso riconsiderare
l’opzione centrali nucleari per l’Italia.
L’
energia nucleare da fusione calda (quella del sole) ha uno sviluppo lussuosamente
costoso e la sua utilizzazione
pratica non è in vista. Quella
freddaè una chimera che non si è realizzata.
Le fonti rinnovabili primarie sono
anche pulite e naturali. Esse hanno
però dei limiti.
L’energia idraulica è già stata ampiamente
sfruttata in Italia: il suo contributo
non si può aumentare sensibilmente
(anche incentivando le minicentrali
idrauliche).
L’energia
geotermica (energia dai vulcani
sotterranei e sottomarini) è in
Europa (a parte l’Islanda, che già ne
esporta anche i metodi in Cina) una
specialità dell’Italia, che per prima l’ha
utilizzata nell’‘800; le sorgenti inutilizzate
ed inesauribili disponibili nel mare
Tirreno e nelle isole Eolie sono enormi
e permetteranno in futuro all’Italia
anche di esportare energia, ma oggi
non c’è purtroppo ancora nessuna sperimentazione
specifica in questa direzione.
L’energia del vento (la più economica:
un aerogeneratore in una zona ventosa
si ammortizza in 6 mesi) è intermittente
con grandi fluttuazioni e non può
essere richiesta a comando; inoltre le
pale
eoliche disturbano il paesaggio,
mentre quelle in mare (“off shore”)
rendono più difficile la manutenzione
e l’energia da esse costa molto di più.
(Il fatto che le pale disturbano gli uccelli
è solo locale; basta il rumore a tenerli
a distanza di rispetto. Il rumore non
si sente più già a 400 metri dalle pale.)
Piccoli e compatti generatori eolici
potrebbero essere installati in modo
distribuito nelle case, combinati con
quelli solari, di cui sono complementari
(di notte e con brutto tempo).
L’energia
solare non è disponibile di
notte ed è fortemente ridotta in presenza
di nuvole, oltre ad essere sottoposta
al ciclo delle macchie solari (con
piccole variazioni ogni 5,5 anni). Sulla
terra arrivano in media 168 W/m2 (dati
IPCC, pari a 5,3 milioni di kWh l’anno
per m2) di energia solare nel visibile, su
un piano perpendicolare alla direzione
del sole. Se trasformata in energia elettrica
tramite pannelli fotovoltaici di
silicio, costa troppo oggi (quella incentivata
dallo stato, da diffondere sui tetti
delle case costa il triplo di quella dal gas
naturale). Poiché con essi la produzione
di corrente è massima nelle ore di
massimo caldo d’estate, il suo utilizzo è
opportuno per i condizionatori nelle
case di vacanza estive.
In futuro, l’impianto
di pannelli
fotovoltaici di plastica
conduttrice costerà un pò meno (va
anche tenuto conto della loro minore
efficienza), ma (tranne per gli incentivi
statali) l’energia solare fotovoltaica
non sarà mai un’alternativa importante
alle fonti fossili.
Dell’energia solare
termica ad alta temperatura (cioè
concentrata), che è la vera alternativa importante per la produzione di elettricità,
parliamo nel prossimo paragrafo. I
pannelli solari ad acqua sono utili per
il riscaldamento; la loro applicazione
distribuita sarà fondamentale per ridurre
l’energia fossile o l’elettricità usate
per produrre calore a caro prezzo.
Se si penetra una diecina di metri sotto
terra, la temperatura è meno fredda
dell’esterno d’inverno e meno calda
d’estate. Di questo effetto beneficiano
le
pompe di calore, che fanno circolare
acqua che arriva dal sottosuolo come
preriscaldata d’inverno e preraffreddata
d’estate, con un valido beneficio energetico
per i sistemi di riscaldamento e
di condizionamento.
E’ molto probabile che la Sardegna, tramite
un insieme di impianti solari e
soprattutto eolici (anche “off shore”),
diventi già nel 2010 a prevalente sfruttamento
di fonti rinnovabili, se non
addirittura indipendente dal petrolio
(oggi lo è in Italia solo l’isola di
Giannutri).
L’energia delle onde del mare ha pressoché
gli stessi problemi di quella eolica
ed il suo rapporto costi/benefici
deve ancora migliorare molto. Il primo
impianto è entrato da poco in funzione
in Portogallo. In Italia il suo utilizzo
viene studiato per lo stretto di Messina.
L’energia delle maree viene anche
usata per produrre l’elettricità. Una centrale
in Francia esiste dal 1968; è lunga
390 m e produce 544 milioni di kWh
l’anno, con un costo del 30% inferiore a
quello del kWh prodotto dalle centrali
nucleari (PdH).
Tuttavia le coste subiscono
un impatto ambientale notevole.
Lo sfruttamento dell’
energia da biomasse (legno, residui agricoli e industriali)
mediante la combustione, fa
riemettere l’anidride carbonica assorbita
dalle piante in vita, ma contribuisce
a ridurre il consumo delle fonti fossili.
Esso è importante per i rifiuti (bruciati
nei “termovalorizzatori”, meglio se
vicini alla raccolta). Però bruciare le
biomasse non deve comportare una
riduzione dei boschi (come già avviene
malauguratamente per gli incendi
dolosi). Per i combustibili da agricoltura
(
biocarburanti: etanolo, biodiesel,
biogas) vale lo stesso discorso fatto per
le biomasse. Essi però richiedono grandi
superfici coltivabili, non disponibili
in Italia, tranne quelle abbandonate o dove crescono piante non utili, se non
a scapito dell’agricoltura ordinaria.
D’altronde non sarebbe saggio acquistare
etanolo dal Brasile (dalla canna da
zucchero), dove costa molto poco (pari
a 3,5 centesimi di euro per kWh prodotto),
o dall’ Indonesia (dall’olio di
palma), dato il combustibile necessario
per il trasporto, da aggiungere al conto,
o anche dall’Africa dove pure è già partita
la corsa all’etanolo, che per produrli
sarebbe portata a ridurre l’agricoltura
alimentare, già scarsa. I prezzi del
grano sono già aumentati per l’uso che
ne viene fatto, specialmente negli Stati
Uniti, per produrre etanolo; il costo del
pane, alimento molto importante nei
paesi poveri, aumenta di conseguenza
(anche se il prezzo del grano ne è una
piccola parte).
Non ha molto senso
nemmeno acquistare il biogas
dall’India (dalla liquefazione delle
canne di bambù) per le stesse ragioni.
Più plausibile ricavare metano da alghe
coltivate in mare, all’origine di molto
del metano fossile.
La Germania ha un ampio ed avanzato
programma per diffondere l’uso di biocombustibili,
anche se recentemente è
scaduta la detassazione del biodiesel.
Stanno inoltre sperimentando i biocombustibili
sintetici, cioè modificati
chimicamente. In futuro avranno successo
nel mondo i tentativi di produrre
il biodiesel da alghe oleose, da cui si è
prodotto prevalentemente nel tempo il
petrolio fossile.
Esse, oltre che a terra,
dove crescono molto più rapidamente
ed in meno spazio degli altri vegetali,
possono essere coltivate in mare (sperimentato
in India) o coltivate in acqua
dolce presso i grandi sistemi che emettono
CO2, per riassorbirla (una sorprendente
“simbiosi” che si sta sperimentando
in Canada). Il biodiesel può essere
anche trasformato nel carburante
per gli aerei (kerosene) e perciò non
bisogna trascurarlo; la Virgin Airlines
azionerà l’anno prossimo con biodiesel
un aereo di linea e la Lufthansa sta sperimentando
questa possibilità. Inoltre
l’Unione Europea ha stabilito che per il
2020 almeno il 5% dell’energia dovrà
venire dai biocarburanti. La Germania
ha alzato questo limite al 10% (una
quantità enorme). Una buona scelta
per l’Italia sarebbe di partire subito con
le alghe oleose, che non sono alimentari e hanno la massima efficienza.
L’idrogeno, che oggi viene estratto per
il 50% dal metano, spendendo più
energia di quella che si ottiene poi da
esso è una fonte pulita, (ma anche il
vapore d’acqua emesso dalla ricombinazione
dell’idrogeno con l’ossigeno è
un gas serra, anche se ad effetto misto)
e potrà essere poco costosa, se si estrarrà
in futuro dall’acqua tramite l’energia
solare ad alta temperatura (tecnologia
ENEA). Non è conveniente per produrre
elettricità, che si può produrre direttamente
senza passare per l’idrogeno.
Si può accumulare in celle solide (celle
a combustibile, oggetto di ricerca a
buon punto di sviluppo, anche se il
loro costo, ancora =700 euro, deve essere
fortemente ridotto) e sarà probabilmente
il combustibile futuro per automobili.
Anche se il motore deve essere
molto diverso, esistono già prototipi di
pullman, camion ed auto ad idrogeno.
La rete di distributori andrebbe affiancata
a quella esistente per la benzina. Il
trasporto delle celle dalle zone di produzione
è ovviamente un costo in più
da minimizzare.
ENERGIA PULITA E RINNOVABILE
DAL DESERTO DEL SAHARA
L’energia solare termica a bassa temperatura
ha un grande futuro nelle case
per ridurre del 30% d’inverno e del
100% d’estate l’energia da altre fonti
necessaria per riscaldare le case e l’acqua
(pannelli solari ad acqua).
Però c’è un’altra possibilità, anche più
importante. Già Archimede a Siracusa
aveva pensato di concentrare i raggi del
sole con una lente di vetro per bruciare
le vele delle navi dei nemici. Oggi l’energia
solare si può concentrare con
grandi specchi parabolici che hanno il
“fuoco” su un asse rettilineo, dove un
tubo contiene un fluido (tipicamente
un olio, sali fusi nel brevetto italiano)
che bolle ad alta temperatura, e quindi
si può lasciare arrivare a temperature di
equilibrio termico fino a 600 °C (in pratica
550°C). Questo fluido circola lentamente,
entrando a contatto termico
con vapor d’acqua che muove turbine
che fanno girare generatori elettrici tradizionali.
Questo sistema viene chiamato
in Italia “solare termodinamico”,
perché diversamente da quello termico,
utilizza due sorgenti a temperatura
molto diversa, realizzando quindi una efficienza più alta (brevetto dell’ENEA
sotto la direzione del premio Nobel per
la Fisica Carlo Rubbia). Si tratta appunto
del progetto Archimede, in realizzazione
parziale a Priolo Gargallo, in
Sicilia, con potenza di 5 MWatt. Già 14
centrali simili sono state progettate ed
in via di realizzazione in Spagna.
Tre
regioni italiane (Calabria, Puglia, Lazio)
hanno recentemente firmato un protocollo
d’intesa per realizzare 10 centrali
solari a tecnologia ENEA da 50 MWatt.
Basterebbe un quadrato di 50 km di lato
(una superficie di 2500 km2) per raccogliere
l’energia solare pari al fabbisogno
italiano. L’Italia è però densamente
popolata e pensare di ricoprirne 2500
km2 con specchi parabolici sembra
irrealistico e troppo costoso (per l’uso
del terreno), oltre che paesaggisticamente
improponibile.
Diverso è il caso del deserto, con superfici
non altrimenti utilizzabili.
Il deserto
del Sahara, più vicino all’equatore,
ha un’insolazione anche doppia di
quella media dell’Italia e quasi per
niente nuvole. Basterebbe un quadrato
di 210 km di lato per raccogliere qui l’energia
necessaria a tutto il mondo!
Nonostante i problemi che ci sarebbero
durante le tempeste di sabbia (la pulitura
degli specchi dovrebbe essere continua
ed automatizzata), le esperienze
già fatte in altri deserti nel mondo (in
USA, per venti anni nel deserto del
Mojave in California, da due anni nel
Nevada e da un anno in Arizona) fanno
essere fiduciosi sulla praticabilità di
questa soluzione. Inoltre gli impianti
CSP con tecnologia italiana possono
accumulare energia di giorno in serbatoi
opportuni degli stessi sali fusi (ad
alta capacità termica) in circolazione
nell’impianto e funzionare anche di
notte con continuità.
Questa specie di
volano termico è in grado di attenuare
anche le fluttuazioni nella produzione
di elettricità eventualmente dovute a
perturbazioni atmosferiche come tempeste
di sabbia, superando il problema
dell’intermittenza dell’energia solare.
L’energia elettrica prodotta nel Sahara
può essere trasmessa, tramite cavo sottomarino
in corrente continua ad alta
tensione della società Terna (che lo ha
già progettato), all’Italia e poi, attraverso
l’Italia, al resto d’Europa, risolvendo
una parte importante delle sue necessità
energetiche ed in modo pulito. Le perdite per trasmissione dell’elettricità
in corrente continua sottomarina possono
essere dell’1% ogni 1000 km, del
tutto accettabili quando l’energia è
abbondante e quasi gratuita.
L’impianto CSP nel deserto, se azionato
ad una temperatura di 800-850°C,
potrebbe (progetto ENEA) anche accumulare
energia in forma non elettrica,
separando direttamente l’idrogeno dall’acqua
ed accumulandolo nelle celle a
combustibile solide, per essere utilizzato
in seguito dalle automobili e da altri
mezzi di trasporto come motore elettrico
pulito.
In caso di vicinanza al mare o di trasporto
dell’acqua con apposite condutture,
l’energia potrebbe essere utilizzata anche per desalinizzarne l’acqua, producendo
grandi quantità d’acqua pulita
utilizzabile per l’agricoltura; in effetti
la sabbia del Sahara sotto gli specchi
sarebbe in ombra, in luce diffusa, come
nel caso delle oasi, e, secondo la FAO
che ha prodotto le mappe della composizione
della sabbia, può essere coltivata.
I grandi impianti nel Sahara
potrebbero portare quindi denaro (concessione
o affitto del terreno, o vendita
dell’energia), lavoro (costruzione e
manutenzione), energia elettrica,
acqua e agricoltura all’Africa sub-sahariana
(compreso possibilmente il tormentato
Darfur), energia elettrica da fonte pulita a prezzi competitivi, stimati
da TREC (Transmediterranean
Renewable Energy Collaboration, emanazione
del Club di Roma) in 7-10 centesimi
di euro per kWh e dall’ENEA in
= 3-3,5 centesimi/kWh, compreso in
questo caso anche l’ammortamento
degli investimenti.
Appositi impianti a
più alta temperatura (850°C) potrebbero
produrre idrogeno direttamente dall’acqua
(celle a combustibile a basso
prezzo) per le automobili dell’Italia e
dell’Europa.
La tecnologia è prevalentemente tradizionale,
più il brevetto ENEA.
Naturalmente sono necessari grandi
investimenti su scala europea (Å60 euro
al m2 di superficie attrezzata), d’accordo
con i paesi dell’Africa del Nord.
L’Algeria per suo conto ha già deciso di
costruire un impianto CSP ibridato con
uno a gas naturale.
Il Marocco, la
Tunisia, l’Egitto ed anche l’Arabia
Saudita nel suo deserto, stanno considerando
la possibilità di questi impianti.
Inoltre l’ENEL è dal 2008 coinvolta in
oleodotti e gasdotti dall’Algeria attraverso
la Tunisia e la Sicilia, la cui base
politica ed economica è già stata decisa.
Agganciare l’ENEL al progetto
Desertec (è questo il nome che TREC
ha dato a questo progetto) o al mio
progetto “Archimede in Africa”, dovrebbe quindi essere del tutto naturale.
TREC considera anche una rete
(EUMENA, Europe - Middle East North
Africa) di impianti ad energie rinnovabili
(compresi ad esempio gli impianti
eolici delle coste atlantiche del
Marocco e tutti gli impianti ad energia
pulita esistenti ed in corso di progettazione
nell’area) con un approccio intercontinentale
al problema dell’energia
senza emissioni di CO2. Questo progetto
è stato illustrato al Parlamento
Europeo il 5 dicembre 2007. Sta
all’ENEA e all’ENEL orientare Desertec
verso la tecnologia italiana.
E’ questo, insieme al risparmio, il futuro
dell’energia concentrata che auspichiamo,
stabilizzatore del clima mondiale
e portatore di sviluppo e benessere
anche per l’Africa del Nord e per il
Medio Oriente (dove ci sono i deserti
del Sinai, del Negheb e dell’Arabia),
con prevedibili ulteriori ricadute politiche
ed economiche positive per l’Italia
come più scambi commerciali, meno
immigrazione non voluta, riduzione
del costo medio dell’energia, grossa
riduzione delle emissioni di CO2.
LE SOLUZIONI PIÙ
FAVOREVOLI PER L’ITALIA
Riassumiamo schematicamente le
soluzioni più favorevoli per l’Italia
(secondo l’autore), a seconda dell’esigenza
specifica.
Riscaldamento:
gas naturale (oggi);
solare termico, pompa di calore, geotermico
off-shore nel Tirreno meridionale
(futuro remoto).
Rinfrescamento:
pompa di calore,
elettricità da solare termico a concentrazione.
Elettricità:
solare termico a concentrazione
(nel deserto), eolico off-shore,
idraulico.
Aerei:
cherosene da vegetali (alghe).
Automobili, trasporti:
biodiesel da
alghe, elettricità ed idrogeno (celle) da
solare a concentrazione.
Industria:
solare a concentrazione,
biodiesel, biogas, geotermico off-shore.
Queste soluzioni già eliminerebbero
(se si esclude il gas naturale) le emissioni
di CO2. Inoltre sviluppare queste
soluzioni equivarrebbe per l’Italia a
diventare esportatrice equivalente di petrolio e di tecnologie energetiche,
un’opportunità economica di enorme
portata. Ma bisogna sbrigarsi, altrimenti
opzioni estere già in corso (come l’energia
nucleare e l’etanolo, o il biogas)
copriranno le necessità energetiche nel
mondo, con i difetti che abbiamo detto
e senza i vantaggi per l’Italia. La
Germania ad esempio sta facendo già
partire lo sfruttamento dell’energia
solare in Nord Africa e fra poco ce ne
venderà l’energia elettrica, a prezzo
competitivo, facendola passare sul
nostro territorio.
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