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Copertina della rivista

Immagine: Popolazioni africane con giare per l'acqua

 

Il futuro per l'energia e il clima

Esistono tecnologie energetiche che, se opportunamente sviluppate, potrebbero rappresentare un’opportunità economica di enorme portata per il nostro Paese.
Ma bisogna sbrigarsi, altrimenti opzioni estere già in corso, come l’energia nucleare e l’etanolo, o il biogas, copriranno le necessità energetiche nel mondo, con ripercussioni negative e senza vantaggi per l’Italia.






I PROBLEMI
L’energia che oggi usiamo è, a parte un 6% di origine idraulica, in grande prevalenza di natura fossile (petrolio, gas, carbone), accumulata sottoterra e nelle profondità degli oceani nell’arco di milioni di anni. La possiamo utilizzare mediante combustione, che in combinazione con l’ossigeno dell’aria produce anidride carbonica (CO2) e calore. Scompare quindi così una risorsa esauribile e si immette CO2 nell’atmosfera. Recentemente è stato scoperto che questa è la causa principale dei mutamenti climatici nell’ultimo secolo: l’anidride carbonica assorbe parte dell’energia solare riemessa dalla terra con frequenze più basse, provocando quindi il riscaldamento dell’atmosfera (effetto serra). Le conseguenze sono lo scioglimento dei ghiacciai, l’innalzamento del livello dei mari, violente perturbazioni atmosferiche e danni alle popolazioni più povere, mancanza di acqua potabile e riduzione della produzione agricola.

Le risorse energetiche sono inoltre in mano a pochi paesi e tendono ad esaurirsi nell’arco di 50-100 anni. Contemporaneamente sono entrati sul mercato nuovi grandi consumatori di energia (come Cina e India): paesi in rapido sviluppo, la cui popolazione crescente richiede ora quel benessere (legato ai consumi ed agli sprechi energetici) di cui i paesi più sviluppati possono da tempo beneficiare. Ciò vuol dire maggiori consumi e maggiori emissioni di CO2, oltre che di altri inquinanti. Dobbiamo ricercare globalmente uno sviluppo sostenibile per l’umanità, che non renda invivibile la terra. Come?
1) A tempi brevi è necessario da parte di tutti il risparmio energetico e l’efficienza energetica.
2) Contemporaneamente bisogna sviluppare l’uso delle energie rinnovabili, che non sono basate sulla combustione e non provocano cambiamenti climatici. Analizziamo quali.


pannelli fotovoltaiciI DIFETTI DELL’ENERGIA NUCLEARE E DELLE FONTI RINNOVABILI
L’energia nucleare da fissione è attualmente abbastanza competitiva nei costi (se si esclude lo smaltimento delle scorie) ed oggi più sicura (reattori di terza generazione) e relativamente pulita (niente CO2, solo acqua calda utilizzabile per il teleriscaldamento). Il problema delle scorie radioattive (se ne producono 3g/MWh con migliaia di anni di vita media) rimane, anche se si studiano costosissimi metodi di bonifica e di stoccaggio: l’Italia non ha ancora trovato dove mettere le poche scorie dei suoi reattori chiusi venti anni fa. L’energia nucleare non è rinnovabile, anzi l’uranio minerale si esaurirà anch’esso in un arco di tempo poco più lungo di quello del petrolio (~50 anni, o ~70 anni secondo dati Enel, fonte interessata). A lungo termine non sarà quindi una soluzione, se si pensa che occorrono anni per trovare e concordare un sito (in Italia servirebbero almeno 12 siti lontanissimi da centri abitati perché l’impresa valga la pena) e da 5 a 15 anni per costruire una centrale nucleare. Anche se l’Italia decidesse oggi di costruirle (ma l’ENEL e l’Ansaldo Nucleare lo fanno in altri paesi europei), per quando esse potrebbero iniziare a funzionare il costo dell’uranio sarà cresciuto in modo insostenibile (in 30 mesi il costo dell’ossido di uranio è già cresciuto del 670%).

Infatti le armi nucleari non hanno alternative all’uranio (fortunatamente, perché finiranno anch’esse!) e contribuiscono in più a farne salire i costi. Come vedremo, ci sono alternative non dannose, rinnovabili e competitive in prospettiva, perciò non ha senso riconsiderare l’opzione centrali nucleari per l’Italia.
L’energia nucleare da fusione calda (quella del sole) ha uno sviluppo lussuosamente costoso e la sua utilizzazione pratica non è in vista. Quella freddaè una chimera che non si è realizzata. Le fonti rinnovabili primarie sono anche pulite e naturali. Esse hanno però dei limiti. L’energia idraulica è già stata ampiamente sfruttata in Italia: il suo contributo non si può aumentare sensibilmente (anche incentivando le minicentrali idrauliche). L’energia geotermica (energia dai vulcani sotterranei e sottomarini) è in Europa (a parte l’Islanda, che già ne esporta anche i metodi in Cina) una specialità dell’Italia, che per prima l’ha utilizzata nell’‘800; le sorgenti inutilizzate ed inesauribili disponibili nel mare Tirreno e nelle isole Eolie sono enormi e permetteranno in futuro all’Italia anche di esportare energia, ma oggi non c’è purtroppo ancora nessuna sperimentazione specifica in questa direzione.

L’energia del vento (la più economica: un aerogeneratore in una zona ventosa si ammortizza in 6 mesi) è intermittente con grandi fluttuazioni e non può essere richiesta a comando; inoltre le pale eoliche disturbano il paesaggio, mentre quelle in mare (“off shore”) rendono più difficile la manutenzione e l’energia da esse costa molto di più. (Il fatto che le pale disturbano gli uccelli è solo locale; basta il rumore a tenerli a distanza di rispetto. Il rumore non si sente più già a 400 metri dalle pale.) Piccoli e compatti generatori eolici potrebbero essere installati in modo distribuito nelle case, combinati con quelli solari, di cui sono complementari (di notte e con brutto tempo). L’energia solare non è disponibile di notte ed è fortemente ridotta in presenza di nuvole, oltre ad essere sottoposta al ciclo delle macchie solari (con piccole variazioni ogni 5,5 anni). Sulla terra arrivano in media 168 W/m2 (dati IPCC, pari a 5,3 milioni di kWh l’anno per m2) di energia solare nel visibile, su un piano perpendicolare alla direzione del sole. Se trasformata in energia elettrica tramite pannelli fotovoltaici di silicio, costa troppo oggi (quella incentivata dallo stato, da diffondere sui tetti delle case costa il triplo di quella dal gas naturale). Poiché con essi la produzione di corrente è massima nelle ore di massimo caldo d’estate, il suo utilizzo è opportuno per i condizionatori nelle case di vacanza estive.

In futuro, l’impianto di pannelli fotovoltaici di plastica conduttrice costerà un pò meno (va anche tenuto conto della loro minore efficienza), ma (tranne per gli incentivi statali) l’energia solare fotovoltaica non sarà mai un’alternativa importante alle fonti fossili. Dell’energia solare termica ad alta temperatura (cioè concentrata), che è la vera alternativa importante per la produzione di elettricità, parliamo nel prossimo paragrafo. I pannelli solari ad acqua sono utili per il riscaldamento; la loro applicazione distribuita sarà fondamentale per ridurre l’energia fossile o l’elettricità usate per produrre calore a caro prezzo. Se si penetra una diecina di metri sotto terra, la temperatura è meno fredda dell’esterno d’inverno e meno calda d’estate. Di questo effetto beneficiano le pompe di calore, che fanno circolare acqua che arriva dal sottosuolo come preriscaldata d’inverno e preraffreddata d’estate, con un valido beneficio energetico per i sistemi di riscaldamento e di condizionamento.

E’ molto probabile che la Sardegna, tramite un insieme di impianti solari e soprattutto eolici (anche “off shore”), diventi già nel 2010 a prevalente sfruttamento di fonti rinnovabili, se non addirittura indipendente dal petrolio (oggi lo è in Italia solo l’isola di Giannutri). L’energia delle onde del mare ha pressoché gli stessi problemi di quella eolica ed il suo rapporto costi/benefici deve ancora migliorare molto. Il primo impianto è entrato da poco in funzione in Portogallo. In Italia il suo utilizzo viene studiato per lo stretto di Messina. L’energia delle maree viene anche usata per produrre l’elettricità. Una centrale in Francia esiste dal 1968; è lunga 390 m e produce 544 milioni di kWh l’anno, con un costo del 30% inferiore a quello del kWh prodotto dalle centrali nucleari (PdH).

Tuttavia le coste subiscono un impatto ambientale notevole. Lo sfruttamento dell’energia da biomasse (legno, residui agricoli e industriali) mediante la combustione, fa riemettere l’anidride carbonica assorbita dalle piante in vita, ma contribuisce a ridurre il consumo delle fonti fossili. Esso è importante per i rifiuti (bruciati nei “termovalorizzatori”, meglio se vicini alla raccolta). Però bruciare le biomasse non deve comportare una riduzione dei boschi (come già avviene malauguratamente per gli incendi dolosi). Per i combustibili da agricoltura (biocarburanti: etanolo, biodiesel, biogas) vale lo stesso discorso fatto per le biomasse. Essi però richiedono grandi superfici coltivabili, non disponibili in Italia, tranne quelle abbandonate o dove crescono piante non utili, se non a scapito dell’agricoltura ordinaria. D’altronde non sarebbe saggio acquistare etanolo dal Brasile (dalla canna da zucchero), dove costa molto poco (pari a 3,5 centesimi di euro per kWh prodotto), o dall’ Indonesia (dall’olio di palma), dato il combustibile necessario per il trasporto, da aggiungere al conto, o anche dall’Africa dove pure è già partita la corsa all’etanolo, che per produrli sarebbe portata a ridurre l’agricoltura alimentare, già scarsa. I prezzi del grano sono già aumentati per l’uso che ne viene fatto, specialmente negli Stati Uniti, per produrre etanolo; il costo del pane, alimento molto importante nei paesi poveri, aumenta di conseguenza (anche se il prezzo del grano ne è una piccola parte).

Non ha molto senso nemmeno acquistare il biogas dall’India (dalla liquefazione delle canne di bambù) per le stesse ragioni. Più plausibile ricavare metano da alghe coltivate in mare, all’origine di molto del metano fossile. La Germania ha un ampio ed avanzato programma per diffondere l’uso di biocombustibili, anche se recentemente è scaduta la detassazione del biodiesel. Stanno inoltre sperimentando i biocombustibili sintetici, cioè modificati chimicamente. In futuro avranno successo nel mondo i tentativi di produrre il biodiesel da alghe oleose, da cui si è prodotto prevalentemente nel tempo il petrolio fossile.

Esse, oltre che a terra, dove crescono molto più rapidamente ed in meno spazio degli altri vegetali, possono essere coltivate in mare (sperimentato in India) o coltivate in acqua dolce presso i grandi sistemi che emettono CO2, per riassorbirla (una sorprendente “simbiosi” che si sta sperimentando in Canada). Il biodiesel può essere anche trasformato nel carburante per gli aerei (kerosene) e perciò non bisogna trascurarlo; la Virgin Airlines azionerà l’anno prossimo con biodiesel un aereo di linea e la Lufthansa sta sperimentando questa possibilità. Inoltre l’Unione Europea ha stabilito che per il 2020 almeno il 5% dell’energia dovrà venire dai biocarburanti. La Germania ha alzato questo limite al 10% (una quantità enorme). Una buona scelta per l’Italia sarebbe di partire subito con le alghe oleose, che non sono alimentari e hanno la massima efficienza.

L’idrogeno, che oggi viene estratto per il 50% dal metano, spendendo più energia di quella che si ottiene poi da esso è una fonte pulita, (ma anche il vapore d’acqua emesso dalla ricombinazione dell’idrogeno con l’ossigeno è un gas serra, anche se ad effetto misto) e potrà essere poco costosa, se si estrarrà in futuro dall’acqua tramite l’energia solare ad alta temperatura (tecnologia ENEA). Non è conveniente per produrre elettricità, che si può produrre direttamente senza passare per l’idrogeno. Si può accumulare in celle solide (celle a combustibile, oggetto di ricerca a buon punto di sviluppo, anche se il loro costo, ancora =700 euro, deve essere fortemente ridotto) e sarà probabilmente il combustibile futuro per automobili. Anche se il motore deve essere molto diverso, esistono già prototipi di pullman, camion ed auto ad idrogeno. La rete di distributori andrebbe affiancata a quella esistente per la benzina. Il trasporto delle celle dalle zone di produzione è ovviamente un costo in più da minimizzare.


ENERGIA PULITA E RINNOVABILE DAL DESERTO DEL SAHARA
L’energia solare termica a bassa temperatura ha un grande futuro nelle case per ridurre del 30% d’inverno e del 100% d’estate l’energia da altre fonti necessaria per riscaldare le case e l’acqua (pannelli solari ad acqua). Però c’è un’altra possibilità, anche più importante. Già Archimede a Siracusa aveva pensato di concentrare i raggi del sole con una lente di vetro per bruciare le vele delle navi dei nemici. Oggi l’energia solare si può concentrare con grandi specchi parabolici che hanno il “fuoco” su un asse rettilineo, dove un tubo contiene un fluido (tipicamente un olio, sali fusi nel brevetto italiano) che bolle ad alta temperatura, e quindi si può lasciare arrivare a temperature di equilibrio termico fino a 600 °C (in pratica 550°C). Questo fluido circola lentamente, entrando a contatto termico con vapor d’acqua che muove turbine che fanno girare generatori elettrici tradizionali. Questo sistema viene chiamato in Italia “solare termodinamico”, perché diversamente da quello termico, utilizza due sorgenti a temperatura molto diversa, realizzando quindi una efficienza più alta (brevetto dell’ENEA sotto la direzione del premio Nobel per la Fisica Carlo Rubbia). Si tratta appunto del progetto Archimede, in realizzazione parziale a Priolo Gargallo, in Sicilia, con potenza di 5 MWatt. Già 14 centrali simili sono state progettate ed in via di realizzazione in Spagna.

Tre regioni italiane (Calabria, Puglia, Lazio) hanno recentemente firmato un protocollo d’intesa per realizzare 10 centrali solari a tecnologia ENEA da 50 MWatt. Basterebbe un quadrato di 50 km di lato (una superficie di 2500 km2) per raccogliere l’energia solare pari al fabbisogno italiano. L’Italia è però densamente popolata e pensare di ricoprirne 2500 km2 con specchi parabolici sembra irrealistico e troppo costoso (per l’uso del terreno), oltre che paesaggisticamente improponibile. Diverso è il caso del deserto, con superfici non altrimenti utilizzabili.

Il deserto del Sahara, più vicino all’equatore, ha un’insolazione anche doppia di quella media dell’Italia e quasi per niente nuvole. Basterebbe un quadrato di 210 km di lato per raccogliere qui l’energia necessaria a tutto il mondo! Nonostante i problemi che ci sarebbero durante le tempeste di sabbia (la pulitura degli specchi dovrebbe essere continua ed automatizzata), le esperienze già fatte in altri deserti nel mondo (in USA, per venti anni nel deserto del Mojave in California, da due anni nel Nevada e da un anno in Arizona) fanno essere fiduciosi sulla praticabilità di questa soluzione. Inoltre gli impianti CSP con tecnologia italiana possono accumulare energia di giorno in serbatoi opportuni degli stessi sali fusi (ad alta capacità termica) in circolazione nell’impianto e funzionare anche di notte con continuità.

Questa specie di volano termico è in grado di attenuare anche le fluttuazioni nella produzione di elettricità eventualmente dovute a perturbazioni atmosferiche come tempeste di sabbia, superando il problema dell’intermittenza dell’energia solare. L’energia elettrica prodotta nel Sahara può essere trasmessa, tramite cavo sottomarino in corrente continua ad alta tensione della società Terna (che lo ha già progettato), all’Italia e poi, attraverso l’Italia, al resto d’Europa, risolvendo una parte importante delle sue necessità energetiche ed in modo pulito. Le perdite per trasmissione dell’elettricità in corrente continua sottomarina possono essere dell’1% ogni 1000 km, del tutto accettabili quando l’energia è abbondante e quasi gratuita.

L’impianto CSP nel deserto, se azionato ad una temperatura di 800-850°C, potrebbe (progetto ENEA) anche accumulare energia in forma non elettrica, separando direttamente l’idrogeno dall’acqua ed accumulandolo nelle celle a combustibile solide, per essere utilizzato in seguito dalle automobili e da altri mezzi di trasporto come motore elettrico pulito. In caso di vicinanza al mare o di trasporto dell’acqua con apposite condutture, l’energia potrebbe essere utilizzata anche per desalinizzarne l’acqua, producendo grandi quantità d’acqua pulita utilizzabile per l’agricoltura; in effetti la sabbia del Sahara sotto gli specchi sarebbe in ombra, in luce diffusa, come nel caso delle oasi, e, secondo la FAO che ha prodotto le mappe della composizione della sabbia, può essere coltivata. I grandi impianti nel Sahara potrebbero portare quindi denaro (concessione o affitto del terreno, o vendita dell’energia), lavoro (costruzione e manutenzione), energia elettrica, acqua e agricoltura all’Africa sub-sahariana (compreso possibilmente il tormentato Darfur), energia elettrica da fonte pulita a prezzi competitivi, stimati da TREC (Transmediterranean Renewable Energy Collaboration, emanazione del Club di Roma) in 7-10 centesimi di euro per kWh e dall’ENEA in = 3-3,5 centesimi/kWh, compreso in questo caso anche l’ammortamento degli investimenti.

Appositi impianti a più alta temperatura (850°C) potrebbero produrre idrogeno direttamente dall’acqua (celle a combustibile a basso prezzo) per le automobili dell’Italia e dell’Europa. La tecnologia è prevalentemente tradizionale, più il brevetto ENEA. Naturalmente sono necessari grandi investimenti su scala europea (Å60 euro al m2 di superficie attrezzata), d’accordo con i paesi dell’Africa del Nord. L’Algeria per suo conto ha già deciso di costruire un impianto CSP ibridato con uno a gas naturale.

Il Marocco, la Tunisia, l’Egitto ed anche l’Arabia Saudita nel suo deserto, stanno considerando la possibilità di questi impianti. Inoltre l’ENEL è dal 2008 coinvolta in oleodotti e gasdotti dall’Algeria attraverso la Tunisia e la Sicilia, la cui base politica ed economica è già stata decisa. Agganciare l’ENEL al progetto Desertec (è questo il nome che TREC ha dato a questo progetto) o al mio progetto “Archimede in Africa”, dovrebbe quindi essere del tutto naturale. TREC considera anche una rete (EUMENA, Europe - Middle East North Africa) di impianti ad energie rinnovabili (compresi ad esempio gli impianti eolici delle coste atlantiche del Marocco e tutti gli impianti ad energia pulita esistenti ed in corso di progettazione nell’area) con un approccio intercontinentale al problema dell’energia senza emissioni di CO2. Questo progetto è stato illustrato al Parlamento Europeo il 5 dicembre 2007. Sta all’ENEA e all’ENEL orientare Desertec verso la tecnologia italiana. E’ questo, insieme al risparmio, il futuro dell’energia concentrata che auspichiamo, stabilizzatore del clima mondiale e portatore di sviluppo e benessere anche per l’Africa del Nord e per il Medio Oriente (dove ci sono i deserti del Sinai, del Negheb e dell’Arabia), con prevedibili ulteriori ricadute politiche ed economiche positive per l’Italia come più scambi commerciali, meno immigrazione non voluta, riduzione del costo medio dell’energia, grossa riduzione delle emissioni di CO2.


LE SOLUZIONI PIÙ FAVOREVOLI PER L’ITALIA
Riassumiamo schematicamente le soluzioni più favorevoli per l’Italia (secondo l’autore), a seconda dell’esigenza specifica.

Riscaldamento:
gas naturale (oggi); solare termico, pompa di calore, geotermico off-shore nel Tirreno meridionale (futuro remoto).

Rinfrescamento:
pompa di calore, elettricità da solare termico a concentrazione.

Elettricità:
solare termico a concentrazione (nel deserto), eolico off-shore, idraulico.

Aerei:
cherosene da vegetali (alghe).

Automobili, trasporti:
biodiesel da alghe, elettricità ed idrogeno (celle) da solare a concentrazione.

Industria:
solare a concentrazione, biodiesel, biogas, geotermico off-shore.


Queste soluzioni già eliminerebbero (se si esclude il gas naturale) le emissioni di CO2. Inoltre sviluppare queste soluzioni equivarrebbe per l’Italia a diventare esportatrice equivalente di petrolio e di tecnologie energetiche, un’opportunità economica di enorme portata. Ma bisogna sbrigarsi, altrimenti opzioni estere già in corso (come l’energia nucleare e l’etanolo, o il biogas) copriranno le necessità energetiche nel mondo, con i difetti che abbiamo detto e senza i vantaggi per l’Italia. La Germania ad esempio sta facendo già partire lo sfruttamento dell’energia solare in Nord Africa e fra poco ce ne venderà l’energia elettrica, a prezzo competitivo, facendola passare sul nostro territorio.

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