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Sequestering della CO2 via carbonatazione

E' indispensabile cominciare ad individuare e sviluppare operativamente metodi per ridurre significativamente la quantità di CO2 nell'atmosfera. Una delle soluzioni strategiche che possono essere attuate è rappresentata dall'immobilizzazione della CO2 attraverso il processo della carbonatazione.




Il costante, inarrestabile e rapido aumento nell'atmosfera dell'anidride carbonica ( CO2) prodotta dalle attività antropiche non riesce ormai ad essere attenuato o tenuto entro livelli stazionari dai processi naturali; ne conseguono quindi nel tempo prevedibili e significative variazioni climatiche e/o interferenze con la salute dell'uomo. Dall'inizio dell'era industriale il tenore del gas nell'atmosfera è passato da 280 a 380 ppm e il 50% dell'incremento si è verificato negli ultimi 40 anni. Inoltre si stima che le emissioni totali di CO2 passeranno da 2300 Gt a 3100 Gt entro il 2025 con un aumento annuo medio dell'1,85%. A seguito di queste previsioni è indispensabile cominciare ad individuare e sviluppare operativamente metodi per ridurre significativamente la quantità di CO2 nell'atmosfera.

Le soluzioni strategiche che possono essere attuate sono di tre tipologie:

  1. forte incentivazione delle fonti di energia rinnovabile per determinare una parallela diminuzione dell'uso dei combustibili fossili;

  2. incremento dell'efficienza energetica;

  3. rimozione della CO2 dall'atmosfera oppure una sua immobilizzazione prima della dispersione.

Le prime due modalità appaiono politicamente e tecnicamente attuabili ma non certamente a breve termine a causa del continuo incremento della domanda di energia in particolare dai paesi emergenti, quali Cina ed India. Non rimane allora che percorrere la terza via a cui la ricerca in oggetto tende a dare un contributo per realizzare l'immobilizzazione della CO2 attraverso il processo della carbonatazione.

Figura 1. Microfotografia di cristalli prismatici di nesquehonite.
Figura 1. Microfotografia di cristalli prismatici di nesquehonite.

Esistono numerosi approcci al sequestro della CO2 1-11 ma attualmente quello geologico, cioè l'immissione di grandi quantità di CO2 nelle rocce del sottosuolo, è il più incentivato; tuttavia il comportamento della CO2 in questi mezzi porosi e permeabili, ed i cambiamenti chimico-fisici che possono verificarsi quando la CO2 è iniettata in un ammasso roccioso, destano elevate preoccupazioni nella comunità scientifica e perplessità da parte della società civile. Tecnologie complementari di sequestro della CO2, basate sulla neoformazione di minerali per reazione di CO2 con silicati di Mg e Ca o mediante processi di carbonatazione in soluzione, offrono scelte attraenti per il permanente e sicuro stoccaggio della CO2 in forma solida.

La carbonatazione avviene per neutralizzazione dell'acido carbonico (H2CO3) con elementi alcalini e alcalino terrosi i quali mostrano maggiore reattività rispetto ad altri, in quanto assicurano una reazione termodinamicamente favorevole alla formazione di carbonati.

Tra tutti, in particolare Ca e Mg risultano più efficaci, ma quest'ultimo è da prediligere rispetto all'altro in quanto stechiometricamente utilizza una quantità di CO2 (52%) superiore a quella del Ca (43%) per formare il relativo carbonato. In realtà un ampio numero di elementi litofili e calcofili è in grado di formare carbonati (Li, Na, K, Rb, Cs, Be, Sr, Ba, Mn, Fe, Co, Ni, Cu, Pb, Zn). Tuttavia, la maggior parte di essi è scarsamente disponibile nella crosta terrestre o ha elevata importanza economica per essere utilizzati per la carbonatazione, mentre altri inducono forte tossicità nell'ambiente e quindi nell'uomo.

Essi, comunque, non sono da sottovalutare come sostituti del Mg, in quanto all'occorrenza se ne potrebbe prevedere il recupero da materiali di scarto con un ulteriore vantaggio per la loro doppia mutua rimozione dall'ambiente. La nostra attività di ricerca persegue l'obiettivo di realizzare il processo di immobilizzazione della CO2 in forma solida per un suo sicuro e permanente stoccaggio, in superficie e in sotterraneo, attraverso la carbonatazione di questo gas serra in soluzioni acquose di cloruro di magnesio.


Sintesi del carbonato

Gli esperimenti di carbonatazione della CO2 via mineralizzazione sono stati effettuati a temperatura e pressione ambiente, utilizzando in laboratorio soluzioni di cloruro di Mg nelle quali è stata fatta fluire la CO2 (fino a saturazione). Poiché la solubilizzazione della CO2 comporta un abbassamento del pH della soluzione (~5), per innescare la reazione tra CO2 e MgCl2·6H2O si è provveduto a creare un ambiente decisamente basico, condizione necessaria per l'inizio della precipitazione di carbonato di Mg. Le sintesi sono state effettuate utilizzando acqua distillata, di rubinetto, di fiumi e industriale. Il riconoscimento e la caratterizzazione del minerale sono state provate mediante SEM, XRD, FTIR e analisi termogravimetriche.


Caratterizzazione dei prodotti sintetizzati

I prodotti solidi sintetici ottenuti sono stati caratterizzati mediante microscopia elettronica (SEM, FEI-Quanta 400 operante a 30 kV), diffrazione a Rx (diffrattometro Seifert operante a 40 kV e 30 nA), analisi FTIR, su campioni polverizzati e dispersi in KBr, effettuate in Riflettanza Diffusa (DRITF) utilizzando un Interferometro (Equinox 55, Bruker), infine analisi termiche (TG-thermogravimetry, DTG-derivative thermogravimetry e DTA-differential thermal analysis), effettuate con un Thermal Analyst (model 2920 TA Instruments).

Il Mg nelle soluzioni residue è stato dosato con un ICPAES (Varian Vista RL CCD simultaneous spectrometer). I prodotti della reazione di carbonatazione si presentano come aggregati fibroso-raggiati o globulari (Figura 1). Le analisi diffrattometriche a Rx e FTIR hanno chiaramente rivelato che si tratta di un carbonato di magnesio idrato di formula strutturale [(Mg(HCO3)•(OH)•2H2O)] denominato nella sistematica mineralogica "nesquehonite", i cui tracciati sono in ottimo accordo con quelli della scheda 70-1433 del database JCPDF Nesquehonite.

Informazioni sulla stabilità della nesquehonite sono state ottenute mediante analisi termiche, le quali hanno evidenziato che a circa 120 °C inizia il processo di disidratazione del minerale, con graduale perdita delle molecole di H2O e dei gruppi ossidrili che si spinge fino a circa 350°C.

Il processo di decarbonatazione, invece, avviene a temperature superiori a questa soglia termica. In particolare il valore di 427°C (picco esotermico) segna la perdita completa di CO2.

Figura 2. Rappresentazione schematica della futura applicazione del metodo.
Figura 2. Rappresentazione schematica della futura applicazione del metodo.

Work in progress

I risultati ottenuti nei numerosi esperimenti di laboratorio, con tutte le diversificazioni testate, sono incoraggianti per estendere e sviluppare a scala semi-industriale il processo di minerosintesi guidato e realizzato sulla scorta delle conoscenze maturate attraverso gli studi e le ricostruzioni di analoghi meccanismi e processi naturali. Con queste consolidate certezze e salde convinzioni, in questa seconda fase di sperimentazione si procederà a testare il processo con un impianto pilota, già realizzato, che porterà sicuramente a comprendere come calibrarlo nella fase successiva di applicazione industriale (Figura 2).

Le soluzioni che verranno prese su tali problematiche dipenderanno dall'entità di CO2 da neutralizzare per unità di tempo fissato e dalla qualità dei fumi da trattare, nonché dalle fonti di Mg disponibili. Si ribadisce in proposito che il metodo del "sequestering del gas via mineralizzazione" non può, per motivi facilmente comprensibili, essere l'unico per tenere sotto controllo l'incremento della CO2 nell'atmosfera. L'affinamento e l'ottimizzazione del metodo attraverso accorgimenti per modulare alcuni parametri chimicofisici, l'individuazione di catalizzatori per accelerare la cinetica della reazione, oppure per incrementare la solubilità del gas nella soluzione, eventualmente, con prodotti di natura enzimatica, rappresentano tutti problemi da affrontare se necessario in futuro.

Viceversa, con certezza il minerale sintetizzato sarà oggetto di ulteriore approfondita caratterizzazione per individuare le temperature di rilascio delle molecole di H2O e di CO2 e per valutare la cinetica di trasformazione di fase in situ e real-time riscaldando i campioni fino a 1000°C. In tal modo verranno ulteriormente esaminate le condizioni di stabilità termica e la qualità delle fasi di trasformazione del carbonato. Conoscenze queste necessarie da cui dipenderanno la scelta sulla destinazione e sullo stoccaggio in condizioni di sicurezza, l'individuazione dei siti di sistemazione e/o di allocamento oppure degli ambiti di utilizzazione del carbonato di Mg.


Conclusioni

Tra le innovazioni del processo è da annoverare la possibilità di utilizzare il magnesio disponibile nelle saline, nei giacimenti salini e nelle "brines" arricchite di MgCl2 e quelle derivate, come sottoprodotto, da alcuni processi industriali e dalla dissalazione delle acque di mare.

Il processo di sequestro della CO2 assume validità operative ed economiche con l'uso diretto dei fumi di combustione dei diversi impianti industriali che usano combustibili fossili.

Numerosi sono i vantaggi che rendono interessante il metodo descritto:

  1. il processo è cineticamente favorito e semplice;

  2. la precipitazione quantitativa del carbonato avviene in tempi rapidi (dell'ordine dei 10 minuti);

  3. il prodotto solido è termodinamicamente e chimicamente stabile, anche per un immagazzinamento e stoccaggio a lungo termine in superficie e in sotterraneo;

  4. i prodotti di partenza sono disponibili e abbondanti; inoltre i sottoprodotti fluidi reflui sono anche rigenerabili o utilizzabili come materia prima in molti processi chimico-industriali;

  5. il carbonato di Mg può essere usato per scopi industriali e in agricoltura, ad esempio nella produzione di eco-cementi, per fabbricare mattoni, mattonelle e impasti cementizi, senza determinare alcun rischio ambientale.
Il processo diventa di particolare interesse e di consistente convenienza economica se utilizzato nelle zone (poli industriali costieri e complessi) in cui si concentrano per es. centrali elettriche, cementifici, impianti per la dissalazione dell'acqua marina per uso potabile o industriale.


Note bibliografiche

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