Dalla sua prima edizione nel 2003, il
Festival di Genova sicuramente rappresenta
oggi una delle espressioni più
riuscite e apprezzate in tema di public
awareness: ha raggiunto le 250.000
visite all’anno (dati delle ultime, fortunate
edizioni) e può contare su uno
straordinario impatto in termini di
critica e di mass media. La strada, tuttavia,
era già stata tracciata molti anni
prima, attraverso quelle pionieristiche
ed entusiasmanti esperienze di contatto
con il pubblico intraprese già dalla
metà degli anni ‘90 come INFM
(Istituto Nazionale per la Fisica della
Materia, ente di ricerca oggi confluito
nel CNR - Consiglio Nazionale delle
Ricerche, di cui ero Direttore
Generale).
Fu infatti proprio nel 1996 che venne
allestita a Palazzo Ducale di Genova la
prima edizione di Imparagiocando,
mostra dedicata a illustrare in maniera
divertente alcuni principi elementari
della fisica e della chimica attraverso
exhibit interattivi, e che oggi potremmo
a buon diritto definire l’antesignana
delle più spettacolari mostre scientifiche
divulgative.
L’obiettivo, condiviso
allora dai fisici e ricercatori più
“illuminati”, era quello di lavorare ad
un progetto innovativo di apertura
verso la società - che finanzia la ricerca
scientifica attraverso le tasse - che
utilizzasse il grande potenziale formativo
della divulgazione proposta attraverso
il gioco e l’edutainment, principi
poi diventati “cardine” delle tante
mostre interattive che ogni anno animano
il Festival della Scienza. Non
c’erano esperti di marketing, né
comunicatori di professione né sponsor,
ma il successo fu ugualmente
straordinario, con file di scolaresche (e
poi di famiglie intere!) desiderose di
giocare con la scienza, mettersi alla
prova, imparare qualcosa di nuovo e
farlo proprio.
Oltre che un’esperienza
estremamente gratificante sotto il profilo
umano - lo stupore sui volti di
tanti bambini, la grinta di una bimba
di pochi anni, venuta a ringraziarmi
perché …“amava la Scienza e finalmente
si era sfogata!”- emergeva chiara
la “sete di scienza” comune a tutti i
livelli della società e la voglia di acquisire
nuovi strumenti di conoscenza e
interpretazione della nostra realtà.
Oggi, quell’attitudine alla divulgazione
che pochi anni fa solo alcuni nella comunità scientifica consideravano, è
diventata una necessità chiara e condivisa.
Le motivazioni di fondo sono indiscutibili:
in un mondo in cui la scienza e
la tecnologia permeano la gran parte
delle scelte di una società - tanto pubbliche
quanto private - diventa una
necessità impellente avere cittadini più
informati e consapevoli, quindi in
ultima analisi più partecipi dei processi
decisionali che li riguardano direttamente,
e una classe politica sensibilizzata
circa l’importanza di investire di
più e meglio in ricerca come base per
la crescita del Paese.
Con riferimento all’Europa e all’Italia
in particolare, poi, c’è una precisa
responsabilità del mondo scientifico
di contrastare il drammatico calo di
iscritti alle facoltà scientifiche e attrarre
i giovani alla carriera scientifica, con
l’obiettivo di recuperare il crescente
gap con Paesi come gli Stati Uniti e
l’Est Asiatico e di riappropriarci -
come Paese - di quella capacità progettuale
che per decenni ha caratterizzato
l’anima più “produttiva”
dell’Italia, e che oggi sembra spesso
perduta.
Il Festival della Scienza, con il suo
bagaglio di centinaia di eventi tra
mostre interattive, laboratori, performances,
spettacoli, e la vastissima
offerta di conferenze accessibili anche
al pubblico dei non-specialisti, ha
voluto rappresentare una prima, concreta
risposta a queste urgenze.
Un
modo per porgere la Scienza alla
gente in modo “fresco” e “nuovo”, travalicando
i confini delle università, dei
laboratori e degli ambiti prettamente
accademici e andando invece nei luoghi
in cui la gente si riconosce: quindi
piazze, strade, palazzi storici e luoghi
tradizionalmente deputati alla
“cultura”… con un unico, grande
evento interdisciplinare che potesse
coniugare un’offerta di elevata qualità
scientifica con il coinvolgimento
diretto del pubblico a tutti i livelli.
Certo un programma di tali proporzioni
non sarebbe stato possibile senza
un progetto corale e condiviso, che ha
visto lavorare fianco a fianco istituzioni,
associazioni imprenditoriali, tanti
soggetti pubblici e privati, ma soprattutto
senza l’entusiasmo di una comunità
scientifica sempre più motivata a
instaurare un dialogo con la società,
che ha progressivamente dato il via a
un “passaparola” rivelatosi negli anni
la migliore garanzia della qualità scientifica
che contraddistingue l’offerta del
Festival.
Indubbiamente nessuno, agli esordi,
poteva immaginare il consenso che si
sarebbe coagulato intorno al Festival, e
soprattutto le ricadute positive che l’evento
è riuscito a generare.
Oggi il Festival è stato selezionato da
uno studio della Commissione
Europea come una tra le dieci best
practice a livello europeo in tema di
divulgazione della scienza, è riconosciuto
come uno fra i tre eventi culturali
più apprezzati e seguiti a livello
nazionale nel 2006, e può contare ogni
anno su migliaia tra articoli, servizi
radiotelevisivi e interviste pubblicate
dalla stampa nazionale e internazionale…
ha scritto il giornalista inglese
John Bohannon sulle pagine di
Science: “Scientific exploration deserves
a celebration, and in Genoa, they’-
re doing so with great style”. E ancora,
tra le più belle parole ricevute dai tanti
esperti di calibro internazionale invitati
al Festival, mi piace ricordare quelle
del fisico “eretico” Freeman Dyson, illustre ospite dell’edizione 2007 “I was
recommended to come! Never seen
something like that… a city totally
involved in Science!”, o quelle dell’americana
di Harvard Lisa Randall, una
delle più eminenti fisiche teoriche contemporanee,
che ha affermato: “In
Genoa… how I want the world to see
science: as an integral part of culture,
accessible to anyone interested”.
Al di là degli elogi, poi, il Festival si è
consolidato negli anni come “patrimonio”
comune della comunità scientifica
e della società nel suo insieme, e
come “strumento” attraverso il quale
creare valore e lavoro, accogliere e
valorizzare nuove idee, favorire il trasferimento
di know-how e tecnologie
al mondo delle imprese nello scenario
della soft economy, e formare nuove
professionalità per i “nostri” giovani.
Ne sono esempi EASE - la prima
European Academy for Scientific
Explainers, vera e propria “accademia”
per la formazione degli animatori
scientifici, progettata con il duplice
obiettivo di riconoscere la professionalità
dei tanti laureandi e laureati formati
negli anni a questo fondamentale
ruolo di interfaccia con il pubblico,
e di creare un linguaggio comune nel
campo della divulgazione della scienza
e dell’edutainment, condiviso da
divulgatori, comunicatori di professione
e ricercatori.
E ancora Matefitness, la prima “palestra
della matematica” aperta in forma
permanente a Palazzo Ducale di
Genova, frutto di un progetto congiunto tra l’Ufficio PSC del CNR
(Promozione e Sviluppo di
Collaborazioni), l’Università degli
Studi di Genova, il Comune e Palazzo
Ducale, oggi riconosciuta dai genovesi
come “luogo” dove studenti e appassionati
di tutte le età possono divertirsi
tutto l’anno a “giocare” con questa
affascinante disciplina, e dove è stabilmente
impiegata una squadra di giovani
progettisti (impegnata a proporre
un’offerta di intrattenimenti matematici
sempre nuova e diversificata per età
e livello, e rivelando peraltro una creatività
che piace e diverte, dal Festival
del Sudoku al progetto di matematica
in spiaggia “Beachmath”, ad attività
mirate per scuole e insegnanti).
Da “pioniere” del genere quando si
propose al pubblico italiano, il Festival
ha avuto il merito di scatenare un vero
e proprio “effetto moltiplicatore”, grazie
al quale oggi sono sempre più
numerosi gli eventi, un pò in tutta
Italia, dedicati alla scienza e alla sua
celebrazione.
E dico “grazie al quale” perché dal sorgere
di tutte queste manifestazioni ho
avuto conferma di quanto la “formula
festival” - contenitore versatile nel
quale si intrecciano temi, linguaggi e
luoghi diversi - si sia rivelata la più
adatta alla fruizione culturale moderna,
per le molteplici possibilità di scelta
e approfondimento, per l’ampiezza
dei contenuti che permettono di
agganciare diverse tipologie di pubblico,
e -perchè tacerlo- per le possibilità
di indotto che genera e di ritorno in
termini di visibilità e sponsorship.
Da parte nostra, questo “trend” ci ha
incoraggiato a lanciarci ancora più
avanti, muovendoci in una prospettiva
internazionale: il 2008 è stato infatti
l’anno del gemellaggio con la Cina,
realizzato tramite un accordo con la
Shanghai Association for Science and
Technology (SAST). L’iniziativa, promossa
sotto l’egida della Regione
Liguria, ha permesso da un lato di portare
a Shanghai uno dei “fiori all’occhiello”
del Festival, la mostra interattiva
dedicata alla scienza della complessità
“Semplice e Complesso” poi risultata
vincitrice del premio quale migliore
exhibition internazionale nell’ambito
dell’omologa manifestazione cinese,
dall’altro di allestire a Genova un
Padiglione dedicato alla medicina e alla
cucina tradizionali cinesi, alla presenza
di un panel selezionato di studiosi,
professionisti e studenti.
Il 2009 sarà invece l’anno del “futuro”,
tema-chiave cui sarà dedicata l’edizione
in programma dal 23 Ottobre
all’1 Novembre prossimi, come sempre
declinato in tante diverse forme,
dal futuro della terra al futuro della
vita, al futuro dell’universo a molto
altro ancora, e senza tralasciare due
importanti ricorrenze mondiali legate al 2009: l’Anno Internazionale
dell’Astronomia e il quattrocentesimo
anniversario da quando una delle più
grandi menti di tutti i tempi, l’italiano
Galileo Galilei, impresse un’accelerazione
straordinaria allo studio del
sistema solare, cambiando il modo
stesso di concepire il nostro essere nel
cosmo.
In queste settimane gli esperti
del Consiglio Scientifico sono già al
lavoro sulle oltre 300 proposte di partecipazione
pervenute a seguito del
call for proposal bandito come sempre
via web, che ha visto anche quest’anno
la partecipazione di soggetti italiani e
internazionali. Obiettivo raggiunto,
quindi? Forse non del tutto, ancora.
Se da un lato possiamo affermare con
orgoglio che il Festival si è rivelato un
ottimo strumento per convincere gli
scienziati che “No public awareness?
…No money!”, farli uscire dai laboratori
e indurli a confrontarsi con una
società che si è scoperta più scienceattentive,
molto rimane ancora da fare
ad un livello più elevato, per arrivare
ad una effettiva sensibilizzazione della
classe politica circa la necessità di puntare
sulla Scienza come vera risorsa
strategica del Paese.
La situazione difficile in cui versa la
nostra ricerca, dovuta in parte alla
scarsa presenza di persone di estrazione
tecnico-scientifica nelle nostre sedi
parlamentari e nei governi (diversamente
da quanto accade in altri Paesi
anche a noi vicini, basta pensare alla
Germania che ha eletto una fisica a
capo del Governo…!), in parte alla
frammentazione e debolezza della
comunità scientifica stessa, che non
riesce a “farsi sentire”, pone la necessità
di un costante lavoro mirato alla
creazione, a tutti i livelli, di un
ambiente favorevole alla ricerca per
contribuire ad ottenere quei cambiamenti
in termini di investimenti e
regole che permetterebbero alla ricerca
italiana di esprimersi al livello di eccellenza
che le è proprio. A partire dal
ruolo che il sistema industriale ha nel
comunicare l’innovazione, importantissima
per favorire l’accettazione delle
nuove tecnologie e contribuire alla diffusione
dell’innovazione a sostegno
dello sviluppo economico.
E’ in questo contesto che eventi come
il Festival della Scienza si rivelano
anche formidabili strumenti di trasferimento
tecnologico e come tali anelli
essenziali della “catena dell’innovazione”:
diventano infatti canali nei
quali attivare nuove forme di comunicazione
della scienza, riuscendo ad
attrarre l’interesse del mondo industriale
e imprenditoriale - nel nostro
Paese molto frammentato - e contribuendo
alla creazione di quella cultura
dell’innovazione che è la base per
la crescita della società in termini di
conoscenza e sviluppo economico.