Innovazione e sviluppo economico

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Innovazione e Trasferimento Tecnologico Agro-Alimentare: una prospettiva europea

Dal livello nazionale a quello locale si cerca di instaurare un dialogo sempre pił proficuo tra le imprese agro-alimentari, il mondo accademico e le Amministrazioni, per accrescere la competitivitą del nostro Paese e trasformare in opportunitą i profondi cambiamenti dei mercati globali e del sistema delle conoscenze.

Nel 2008 a Budapest, in occasione del quarto Convegno della Piattaforma tecnologica europea “Food for Life”, è stato conferito all’Italia il ruolo di coordinatrice di tutte le trentaquattro Piattaforme tecnologiche alimentari nazionali della Unione Europea, nate come organismi operativi dedicati a tracciare le priorità scientifiche e tecnologiche del settore alimentare. La Piattaforma tecnologica italiana “Italian Food for Life”, nata nel 2006 per volontà di Federalimentare (Federazione Italiana dell’Industria Alimentare aderente a Confindustria), dell’INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione), dell’ENEA (Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente) e dell’Università degli Studi di Bologna, si è sviluppata fino ad aggregare oltre 300 tra i principali stakeholder dell’agroalimentare nazionale che hanno elaborato, sotto il coordinamento industriale, un documento sulle priorità strategiche del settore.

Queste dovranno guidare, da qui al 2020, la partnership tra settore pubblico e privato, promuovendo l’immissione, sia sui mercati locali sia sul mercato globale, di prodotti alimentari tradizionali competitivi ed innovativi che, unitamente ad uno stile di vita sano e ad una dieta equilibrata, possano contribuire a produrre, sul medio-lungo periodo, effetti positivi sulla salute pubblica e sulla qualità della vita. Dai dati di Federalimentare, si evince un quadro di mercato consolidato: alla fine del 2009, il fatturato complessivo del settore ha raggiunto i 119 miliardi di euro, con un’occupazione globale di quasi 400.000 addetti distribuiti in 6.500 piccole, medie e grandi aziende. L’Industria alimentare italiana, che insieme ad agricoltura, indotto e distribuzione rappresenta la prima filiera economica del Paese, acquista e trasforma circa il 70% delle materie prime nazionali. Inoltre, è ambasciatrice del made in Italy nel mondo, dal momento che il 76% dell’export alimentare è costituito da prodotti industriali di marca, quasi 20 miliardi di euro di export. La produzione alimentare ha seguito una evoluzione negli anni parallela all’evolversi delle condizioni socio economiche del mercato. Negli anni ‘70, l’obiettivo principale dell’industria alimentare era diretto a massimizzare la profittabilità dei processi produttivi.

A partire dagli anni ’80, la ristorazione fast e collettiva si è enormemente sviluppata, dapprima nel mondo anglosassone e poi anche in Italia, e l’industria alimentare si è focalizzata sui cosiddetti servizi. In questa categoria rientrano i prodotti ready-to-eat, ossia i surgelati da rinvenire in padella, i refrigerati da riscaldare in forno a micro-onde, i prodotti freschi di IV gamma (insalate pronte da condire e le macedonie di frutta).

Nei tardi anni ’90 è iniziato a delinearsi il cosiddetto Care business che offre un insieme comprensivo di prodotti e servizi, forniti da uno o più partner, ma che vengono assemblati in un unico blocco. In questa categoria, rientrano, ad esempio l’insieme macchina più cialda per caffé espresso o i prodotti trattati termicamente, ma con apparente freschezza (piatti pronti freschi). L’indirizzo attuale è infine la progettazione di prodotti alimentari di elevata qualità sensoriale e con effetti benefici sulla salute. Nonostante l’interesse dei consumatori sembri premiare i prodotti alimentari caratterizzati da innovazioni sia di processo che di prodotto (tradizionale evoluto e nuovi prodotti), al punto che questi rappresentano in toto il 25% del fatturato complessivo dell’industria alimentare italiana, le scelte innovative appaiono molto contenute, con una elevata percentuale di aziende lontane da ogni forma di innovazione di processo o di prodotto. Spesso l’innovazione gestita dalla imprenditoria italiana prescinde dagli imput provenienti dai centri di ricerca e sviluppo tecnologico pubblici. Il percorso che porta dalla nascita alla realizzazione dell’idea innovativa di prodotto alimentare è particolarmente complesso e si articola in numerose fasi.

La gestione dell’innovazione richiede una valutazione integrata di carattere tecnico, di mercato, economico, finanziario, e comporta l’intervento di numerose professionalità, che nella maggior parte dei casi non sono reperibili nell’organico aziendale e che dovrebbero essere gestite in maniera programmata e sinergica in modo da pervenire a risultati in tempi compatibili con le esigenze aziendali. Uno degli errori di fondo più comuni che viene commesso sotto questo aspetto, è quello di ritenere che le esigenze associate alla realizzazione di un prodotto alimentare innovativo o all’adozione di un processo innovativo possano essere soddisfatte attraverso attività di ricerca condotte con metodologie e tempi tipici dell’accademia. In realtà, l’innovazione di prodotto e di processo in campo alimentare, così come negli altri settori manifatturieri, si basa non sui risultati delle ricerche condotte ad hoc, ma sul trasferimento dalla scala di laboratorio alla scala industriale di risultati di ricerca già disponibili e consolidati, che consentano di ottenere, in tempi compatibili con le esigenze industriali, prototipi suscettibili di successiva industrializzazione.

Occorre infine rilevare che gli alimenti tradizionali, cui è legato il cosiddetto Made in Italy, derivano dallo sviluppo empirico di una tecnica spontanea (“arte” pastaria, casearia, enologica, olearia, gastronomica, etc.). Oggi il meccanismo trials and errors, che è alla base dell’abilità tecnica, non è più compatibile con gli obblighi di sicurezza alimentare e con quelli di garanzia della qualità. Per produrre alimenti conformi agli obblighi di legge e alle esigenze commerciali, è indispensabile un approccio tecnologico, che permetta di adeguare le modalità produttive fisiche ed organizzative alle più aggiornate conoscenze scientifiche. Gli sforzi per l’innovazione nel settore alimentare si concentreranno su due aspetti: sviluppo di nuove forme evolute di prodotti tradizionali e di nuovi prodotti.

Alla prima categoria appartengono quei prodotti della tradizione gastronomica italiana, cui si dovrà non solo assicurare la qualità totale secondo specifiche ben più stringenti di quelle attualmente indicate nei disciplinari di produzione, ma anche conferire un più o meno elevato grado di convenience per aumentarne le occasioni di consumo, agevolarne l’approvvigionamento e la preparazione ed incrementarne la vita commerciale per poter raggiungere mercati più ampi. In quest’ultimo caso, si tratterà di prodotti riconducibili ai prodotti appartenenti alla IV e V gamma o alla gamma dei surgelati di alta qualità, per i quali le barriere all’innovazione sono essenzialmente legate alla ricerca di tecniche di confezionamento adeguate alle specifiche esigenze del prodotto confezionato.

Lo sviluppo di adeguati sistemi di progettazione matematica, nonché l’impiego di imballaggi attivi ed intelligenti accoppiati a sistemi di controllo e monitoraggio potranno avere positive ricadute di sviluppo in questo settore. Per quanto riguarda i nuovi prodotti il discorso è molto più articolato poiché si tratta di prodotti formulati e lavorati per ottenere nuove caratteristiche nutrizionali, funzionali, strutturali e organolettiche. A questa categoria appartengono i prodotti salutistici o tailor-made, i prodotti ad alto contenuto di convenience, quali semilavorati o ingredienti per preparazioni alimentari, prodotti con nuove caratteristiche di texture, nuove forme di preparazione. A differenza di quanto avviene nel caso del tradizionale evoluto, per questi prodotti non si dispone né della tecnologia di produzione né della ricetta di partenza. Un approccio sistemico per lo sviluppo di un nuovo prodotto è quello di cui si avvalgono i cosiddetti designed food, ovvero quei prodotti le cui caratteristiche e la cui tecnologia di ottenimento vengono progettate a tavolino e non sono frutto di attività empiriche. Questo tipo di approccio parte dalla definizione puntuale delle caratteristiche che esso dovrebbe avere in termini di proprietà funzionali, nutrizionali, organolettiche, vita commerciale e costo. Tali caratteristiche dovrebbero essere convertite in specifiche relative alla composizione e struttura del prodotto e gestiti secondo i principi della Food Formulation Technology. Per superare questi ostacoli all’industrializzazione dell’innovazione, nei Paesi a forte propensione innovativa sono stati realizzati Centri per il Trasferimento Tecnologico sia privati (es. Campden & Chorelywood Food Research Association in Inghilterra) che a prevalente partecipazione pubblica (es. Fraunhofer Institute for Applied Information Technology, FIT, in Germania e Valtion Teknillinen Tutkimuskeskus, VTT, in Finlandia), che operano con successo da anni.

In Italia, rispetto agli alti paesi della UE, è basso il livello di incentivazione a rinvestire in-house, ma anche ad assegnare le commesse da parte delle imprese alle strutture pubbliche di ricerca. La dimensione dell’investimento privato in ricerca, largamente sottodimensionato rispetto agli altri paesi industrializzati, dipende soprattutto dalla grande prevalenza di PMI nel tessuto industriale italiano: il settore alimentare è costituito quasi interamente da micro imprese che non possono sostenere i costi della ricerca.

Quali interventi sono allora possibili per creare un ponte fra accademia e industria agro-alimentare? Il Programma Nazionale di Ricerca (PNR) è uno strumento predisposto dal Governo per indirizzare nel Paese lo sviluppo coordinato della attività di ricerca; esso ha l’obbiettivo di realizzare un sistema coordinato nazionale di interventi di ricerca e sviluppo per il quale gli strumenti attuativi saranno attivati da Ministero e Regioni e per il quale il MIUR è identificato come il soggetto per il coordinamento e l’integrazione delle competenze.

Per il settore alimentare, le piattaforme tecnologiche “Italian Food for Life” e “Plants for the future Italia” hanno partecipato attivamente ai lavori dei tavoli tecnici per programmare una offerta al consumatore di alimenti sicuri e di qualità, con un alto valore aggiunto in termini di servizio, per il raggiungimento di una produzione alimentare sostenibile, per una gestione efficiente della catena alimentare, e, infine, per la promozione della formazione e del trasferimento tecnologico alle PMI. L’aumento della distanza fisica riduce il livello di successo con cui l’innovazione è trasferita e questo è particolarmente vero per le PMI. Quindi, nel settore alimentare la capacità di innovazione dipende sempre di più da azioni e comunità locali. Il PNR sostiene i distretti tecnologici e favorisce la nascita di poli di eccellenza, impegnati su ben definite frontiere tecnologiche secondo l’approccio “open by design”, che prevede una apertura delle imprese a un collegamento territoriale con le istituzioni pubbliche. La “open innovation” è la chiave per accedere allo spazio europeo di ricerca, nel rispetto dei bisogni di rilevanza strategica per la UE, ben delineati nella piattaforma tecnologica europea “Food for life”.

L’obiettivo è contribuire a realizzare una transizione della economia agro-alimentare locale “manufacturing-based” ad una economia “knowledge-based”nella quale i concetti scientifici saranno tradotti in un linguaggio accessibile alla piccola e media impresa di settore. È quindi auspicabile la realizzazione ed il finanziamento di strutture dedicate al Trasferimento Tecnologico, collegate alle strutture dedicate alla ricerca, ma da queste nettamente distinte, col solo compito di trasferire i risultati dei Programmi Nazionali Strategici di Ricerca alle piccole e micro imprese alimentari, attraverso produzioni pilota. Analogamente, è auspicabile che vengano formate figure che possano fungere da interfaccia (Technical mediator) fra il mondo della produzione e quello della ricerca scientifica. Dal livello nazionale a quello locale si cerca di instaurare un dialogo sempre più proficuo tra le imprese agroalimentari, il mondo accademico e le Amministrazioni, per accrescere la competitività del nostro Paese e trasformare in opportunità i profondi cambiamenti dei mercati globali e del sistema delle conoscenze, che vorremmo sempre più trasferite soprattutto alle nostre Piccole e Medie Imprese.

Fonti per la stesura dell’articolo:
www.federalimentare.it; www.sistal.org