Innovazione e salute

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Illustrazione alberi stilizzati

Ma il nostro Paese crede nella ricerca?

Se non si può negare la debolezza del settore pubblico nel sostegno alla ricerca, anche le imprese devono farsi un esame di coscienza. E in particolare domandandosi se hanno veramente compreso la necessità di mettere ricerca e innovazione al centro della propria attività.

E’ banale ricordarlo, anche perché è un’affermazione largamente condivisa, ma la ricerca è ormai il più importante fattore di sviluppo economico. Ciò si sta dimostrando tanto più vero nella fase di crescente globalizzazione che stiamo vivendo. Altrettanto banale è ricordare che il nostro paese solo a parole dimostra di credere nella ricerca.

Non voglio ricordare le sconsolanti cifre che ci relegano nel fondo della classifica dei principali Paesi OCSE per l’impegno pubblico nel sostegno della ricerca. Ma sicuramente questo è un ulteriore handicap nel confronto competitivo al quale siamo quotidianamente chiamati e nel quale sono entrati in gioco paesi che, se non ci diamo una regolata, ci metteranno in gravi difficoltà. Vorrei ricordare che questi Paesi, in Europa e nel mondo, hanno capito la lezione e fanno della scuola, della formazione e della ricerca un impegno prioritario. La risposta del nostro Paese agli scenari che si delineano non può essere quella di tagliare fondi alla scuola e alla cultura in genere. Serve uno scatto di volontà e di coraggio per trovare le risorse necessarie, pur in una situazione finanziaria drammaticamente condizionata dallo schiacciante debito pubblico.

Quando però si leggono le stime dell’evasione fiscale e degli sprechi - molto diffusi anche in sanità - viene spontaneo pensare a quante cose si potrebbero fare. Tuttavia, se non si può negare la debolezza del settore pubblico nel sostegno alla ricerca, anche le imprese devono farsi un esame di coscienza. E in particolare domandandosi se hanno veramente compreso la necessità di mettere ricerca e innovazione al centro della propria attività.

Si tratta di sviluppare una cultura da considerare come orientamento prioritario per i propri obiettivi. Le statistiche dell’OCSE mettono anche in evidenza la quota relativamente bassa del finanziamento complessivo della R&S che proviene in Italia dal settore privato.

E’ indubbio comunque che l’industria dei dispositivi medici è tra le primissime per propensione all’investimento in ricerca e innovazione: si stima che gli investimenti relativi rappresentino circa il 12% del fatturato del settore. Ma l’intera industria della salute e la stessa filiera devono essere viste come driver essenziale di sviluppo, di maggiori conoscenze, di occupazione qualificata; e su queste peculiari caratteristiche Confindustria aggiorna periodicamente un’analisi molto approfondita. Alla luce delle mie considerazioni sembrerebbe configurarsi il quadro di una situazione positiva.

Invece siamo di fronte a problemi molto seri. Uno tra tutti: nel nostro settore in Italia la ricerca pubblica è ancora scarsa, troppo scarsa; e se le condizioni di contorno non cambieranno, sarà sempre inadeguata. Perché accade questo? I motivi sono molteplici; cercherò di riassumere i più rilevanti. I dispositivi medici nascono normalmente in due modi: grazie a intuizioni, spesso geniali, del singolo, che può essere un ricercatore o un imprenditore che cerca nuovi sbocchi produttivi; oppure, grazie alla collaborazione tra medico e industria, nella quale il medico suggerisce miglioramenti nelle prestazioni del dispositivo o evidenzia esigenze che insieme all’industria si traducono in prodotti.

In entrambi i casi gli attori realizzano le innovazioni mettendo in gioco molte branche della scienza: la medicina, la chirurgia, la biologia, la chimica, la meccanica, l’elettronica, la scienza dei materiali, la genomica. E’ noto altresì che le guerre (purtroppo) e le missioni spaziali hanno consentito enormi progressi nella messa a punto di tantissimi dispositivi medici. Quindi, senza una ricerca di base all’altezza di quella che fanno altri Paesi, sarà dura. Inoltre, affinchè i semi dell’innovazione possano attecchire e trasformarsi in prodotti efficaci c’è bisogno di una situazione di contorno che non sia di ostacolo.

Sul versante dei decisori in campo sanitario, speriamo che il Ministero della salute continui ad operare come finora ha fatto e cerchi di essere ancora più incisivo nelle scelte di maggiore importanza. Sul versante produttivo non si può più indugiare nell’avvio di politiche industriali per la sanità che consentano sia alle imprese italiane, per lo più medio-piccole, che alle multinazionali di investire nel nostro Paese. Assobiomedica ha elaborato e continua a elaborare proposte, a partire da quelle di riformulazione delle regole per le sperimentazioni cliniche, su cui abbiamo un confronto aperto con il Ministero della salute.

Il nostro auspicio è che si arrivi finalmente a una norma ad hoc per i dispositivi medici, ovvero una norma che tenga conto delle specificità del nostro settore. Intanto ci tengo a sottolineare che non abbiamo mai chiesto finanziamenti. Con forza chiediamo però che le forniture dei nostri associati a fronte di gare aggiudicate vengano pagate nei tempi dovuti; chiediamo che non vi siano tagliole economiche, ma procedure di valutazione dell’appropriatezza, linee guida di capitolati, un osservatorio acquisti per la trasparenza del mercato. Altro tema sul quale insistiamo è quello dei controlli che in Italia, non solo in sanità, latitano troppo spesso; auspichiamo perciò che riprendano le attività di sorveglianza del mercato, a tutela delle imprese serie, della sicurezza dei pazienti e degli operatori, per non sprecare risorse in acquisti avventati, fatti pensando di perseguire un risparmio effimero, che si rivela invece un maggiore costo. E le imprese? Anche per loro serve una più netta assunzione di responsabilità, ferme restando le difficoltà di fondo che ho evidenziato. Devono soprattutto dimostrare più coraggio - anche se qualche volta, a fronte di certi provvedimenti, francamente è difficile averlo - e devono avere più fiducia.

E’ comunque importante discutere e mantenere viva l’attenzione intorno ai temi che ho accennato, coinvolgendo tutti gli interessati. Qualunque occasione può essere utile, come lo è il Premio Sapio per la ricerca italiana. Naturalmente Assobiomedica è disponibile a dare il suo contributo nella massima trasparenza e con il più convinto impegno diretto ad abbattere “le barriere culturali”.