Da sempre la medicina e la sanità guardano con
grande interesse alle possibilità che la tecnologia
offre per il miglioramento delle possibilità
di diagnosi e di cura. Negli ultimi cinquant'anni questa
tendenza ha progressivamente coinvolto, sia pure con
difficoltà di varia natura, anche il settore
della riabilitazione.
In particolare, i recenti e continui progressi tecnologici
dell'elettronica, dell'informatica e della microlavorazione
(micro-machinery) hanno reso disponibili, a costi via
via più accessibili, componenti, dispositivi
e sistemi che presentano un interesse potenziale molto
elevato per lo sviluppo di soluzioni per il miglioramento
dell'autonomia e della qualità della vita del
disabile.
Lo
sviluppo di dispositivi tecnici di vario tipo per i
disabili e le problematiche relative alla loro applicazione
hanno dato vita a una vera e propria disciplina, che
viene oggi indicata col nome di Ingegneria della Riabilitazione
(IR). La sua origine si può far risalire alla
seconda metà degli anni '40 del XX secolo, quando,
soprattutto negli USA, si sentì una particolare
necessità di un supporto tecnologico agli interventi
per la cura e il reinserimento sociale e lavorativo
degli invalidi, specialmente dei mutilati, della II
guerra mondiale. Da allora l'IR si è andata progressivamente
sviluppando sotto la spinta di due fattori concomitanti,
anche se largamente indipendenti l'uno dall'altro: l'attenzione
crescente dedicata nei paesi industrializzati ai problemi
dei disabili e il contemporaneo progresso scientifico
e tecnologico in settori che presentano possibilità
enormi di applicazione a favore dei disabili.
L'IR attuale può essere definita in vari modi,
ma, in generale, la si può identificare con l'applicazione
dei risultati della ricerca scientifica e dei ritrovati
tecnologici alla riduzione del livello di handicap dei
disabili. E' facile intuire che essa tocca quindi molti
degli aspetti del processo di riabilitazione, se non
tutti, e che riguarda un gran numero di "prodotti"
utili in questo processo. D'altra parte, per essere
utile ed efficace, essa dovrà integrarsi armoniosamente
in tale processo e l'ingegnere della riabilitazione
dovrà avere la capacità di stabilire un
rapporto proficuo di collaborazione e di reciproco arricchimento
con gli altri attori dello stesso: medici, riabilitatori,
psicologi e disabili.
Se si assume come obiettivo della riabilitazione quello
di contenere il più possibile le conseguenze,
in termini di disabilità e/o di handicap, dell'evento
invalidante e di assicurare al disabile le migliori
condizioni di vita, si può distinguere, come
è noto, tra una riabilitazione medica e una riabilitazione
sociale. La prima si propone di contenere o, se possibile,
di eliminare la disabilità, ovvero di "normalizzare"
il soggetto; la seconda di ridurre le difficoltà
ambientali, in senso lato, che egli può incontrare
a causa della sua disabilita, cioè, di "ottimizzare"
l'ambiente alle esigenze del disabile. Anche se questa
distinzione non è sempre ovvia nella pratica,
essa corrisponde al principio per cui l'handicap può
essere ridotto in due modi: aumentando le capacità
residue del disabile fino all'eventuale completo recupero
(riabilitazione medica) e/o riducendo gli ostacoli esterni
e, quindi, le "abilità" richieste al
disabile (riabilitazione sociale). Anche se, per vari
motivi, l'IR viene più spesso associata agli
interventi tecnologici nell'ambito della riabilitazione
medica, essa in realtà può dare importanti
contributi a entrambi gli aspetti della riabilitazione.
Nella riabilitazione medica la tecnologia consente di
rendere più qualificato ed efficace l'intervento
medico. Infatti essa vi gioca innanzitutto un ruolo
analogo a quello, indispensabile, che essa ha nella
medicina tradizionale, sia nella ricerca di base, che
nella diagnosi e nella terapia; inoltre essa contribuisce
allo sviluppo e all'applicazione di strumentazione specifica,
come protesi e ortesi, e di nuovi metodi di riabilitazione.
Nella riabilitazione sociale, possiamo individuare due
aspetti fondamentali che coinvolgono il ruolo della
tecnologia: (a) il miglioramento della fruibilità
dell'ambiente mediante l'eliminazione delle cosiddette
barriere architettoniche e (b) l'adozione di appositi
dispositivi (ausili tecnici), concepiti per consentire
al disabile di fare ciò che altrimenti non potrebbe
fare, o di farlo in modo più sicuro o più
accettabile o di farlo più facilmente o con minor
sforzo. In realtà, non è sempre facile
tracciare un confine netto tra i due tipi d'intervento,
che spesso rappresentano due aspetti complementari di
uno stesso intervento riabilitativo globale. Mentre
l'eliminazione delle barriere architettoniche non viene
in genere considerata competenza dell'IR, sicuramente
lo è la realizzazione e l'applicazione di ausili
di vario tipo, che possono andare dalle carrozzelle,
motorizzate o meno, per la mobilità individuale,
all'adattamento dei veicoli o del posto di lavoro per
consentirne un uso sicuro da parte del disabile, ai
vari dispositivi per la comunicazione interpersonale,
ai sistemi per il controllo ambientale.
Non potendo fornire in questa sede un quadro esauriente
dei fondamenti metodologici e tecnologici dell'IR e
delle sue realizzazioni (si pensi all'enorme varietà
di protesi, di ortesi o di ausili esistenti), conviene
riferirsi a un esempio specifico.
L'impianto cocleare rappresenta una delle realizzazioni
più significative dell'IR negli ultimi decenni.
Si tratta di una protesi che consente di riprodurre
con buona approssimazione la stimolazione naturale del
nervo acustico e di ridare così la possibilità
di udire a soggetti affetti da sordità profonda
di origine periferica, cioè dovuta a danni dell'orecchio
e non delle vie nervose che portano il messaggio sonoro
dall'orecchio al cervello.
L'impianto è costituito da:
a)un sistema di ricezione dei suoni
(microfono)
b)un sistema di elaborazione degli
stessi, che li scompone nelle loro componenti fondamentali
(componenti spettrali)
c)un sistema di microelettrodi che
viene inserito nella coclea in modo da stimolare le
terminazioni del nervo acustico in modo "naturale",
usando le componenti spettrali precedentemente identificate
d)un sistema esterno di alimentazione.
Va da sé che, nonostante i progressi dell'elettronica
e delle microtecnologie, l'apparecchio presenta dei
limiti, che riguardano sia le prestazioni sia le possibilità
di applicazione. La tecnologia degli impianti cocleari
attualmente disponibili consente infatti "solo"
la comprensione del parlato. Ovviamente, questo risultato,
ai limiti dell'odierna tecnologia, ma modesto se confrontato
alla raffinatezza e alla sensibilità dell'udito
umano normale, è comunque di estrema importanza
ai fini delle possibilità di comunicazione e
del reinserimento sociale del disabile.
D'altra parte, l'applicazione dell'impianto cocleare
richiede un intervento di microchirurgia di una certa
delicatezza e ciò limita l'indicazione terapeutica
ai soli casi di sordità profonda. Sono inoltre
esclusi gli adulti sordi dalla nascita, in quanto non
potrebbero sfruttare le possibilità dello strumento,
non avendo mai avuto modo di sviluppare i centri della
parola. Nei bambini sordi dalla nascita, l'impianto
è efficace solo se installato entro l'età
in cui è ancora possibile imparare a parlare.
Il periodo più indicato è considerato
quello tra 1 e 3 anni di età. In tale intervallo,
a parità di altri fattori, le probabilità
di successo sono tanto maggiori quanto più precoce
è l'intervento. Analogamente, in chi è
diventato sordo in età adulta le probabilità
di successo saranno tanto maggiori quanto più
l'intervento sarà vicino all'evento invalidante.
Limitandosi ora, per semplicità, al caso dell'adulto,
dopo l'intervento può essere necessaria una fase
di messa a punto (tuning) dell'apparecchio per ottimizzarlo
alle caratteristiche del paziente, fase che richiede
la collaborazione del tecnico, del medico e/o del riabilitatore
e del paziente stesso. La collaborazione e la buona
volontà di quest'ultimo sono forse ancora più
importanti nella successiva fase di rieducazione dell'udito,
necessaria in quanto la facoltà di comprensione
del parlato non viene riacquistata immediatamente (si
tenga presente che, tra l'altro, i suoni sono distorti
rispetto alla situazione precedente al danno). Si è
osservato che la percentuale di parole (o di fonemi)
riconosciuti correttamente cresce progressivamente con
l'esercizio e che tale progresso è tanto più
rapido quanto più breve è stato l'intervallo
tra l'evento invalidante e l'applicazione della protesi.
Se tutte le fasi sono eseguite a regola d'arte, si può
riuscire a ottenere un recupero dell'ottanta per cento
delle facoltà uditive precedenti (relativamente
alla comprensione del parlato).
L'esempio dell'impianto cocleare, per quanto limitato
al caso di una protesi e di una specifica invalidità
e al settore delle disabilità sensoriali e della
comunicazione, può essere utile per illustrare
i requisiti e gli ostacoli di qualunque applicazione
dell'IR (e, di conseguenza, delle competenze e delle
abilità richieste all'ingegnere della riabilitazione).
Ci si riferirà, per semplicità e per coerenza
con l'esempio scelto, a un'applicazione nel settore
della riabilitazione medica, ovvero allo sviluppo e
all'applicazione di una protesi o di un'ortesi, ma le
considerazioni che verranno svolte si possono applicare
in buona sostanza anche alla riabilitazione sociale,
cioè allo sviluppo e all'applicazione di ausili.
Occorre innanzitutto individuare accuratamente la disabilità
che s'intende affrontare e il relativo profilo del disabile.
Questo richiede un attento studio, svolto in collaborazione
tra i sanitari, i riabilitatori ed eventualmente, se
possibile, alcuni disabili, da un lato, e gli ingegneri
della riabilitazione, dall'altro. I primi hanno il compito
di definire la disabilità (condizione di partenza)
e i miglioramenti attesi dall'applicazione tecnologica
(obiettivi), il secondo di verificarne la fattibilità
pratica e di individuare soluzioni tecnologiche realizzabili.
Nel corso di questo confronto (di persone e di culture
scientifiche) è possibile che gli obiettivi iniziali
vengano corretti, per tener conto di quanto è
tecnicamente fattibile. Lo scopo di questa fase è
infatti definire un progetto di massima realizzabile
e tale da soddisfare il più possibile una reale
esigenza riabilitativa. Occorrerà anche tener
conto del fatto che una stessa disabilità può
assumere entità e aspetti diversi nei diversi
soggetti e quindi prevedere, se del caso, la possibilità
di personalizzare il dispositivo per adattarne le prestazioni
alle esigenze dei singoli.
La fase successiva è quella del progetto vero
e proprio, sulla base del progetto di massima già
definito. E' importante che il progettista (l'ingegnere
della riabilitazione, eventualmente coadiuvato da esperti
in specifici settori tecnologici) abbia presenti i ritrovati
più recenti della tecnologia, per poterli eventualmente
sfruttare ai fini del progetto. Infatti, il rapidissimo
tasso di innovazione della tecnologia, soprattutto in
alcuni settori (elettronica, informatica, microlavorazioni)
rende oggi possibili realizzazioni impensabili fino
a poco tempo fa. Ad esempio, negli ultimi anni si sono
ottenuti notevoli miglioramenti nelle protesi d'arto
e di articolazione grazie ai progressi della progettazione
assistita dal calcolatore (Computer Aided Design o CAD)
e ulteriori miglioramenti sono attesi nello stesso settore,
grazie alla disponibilità di sempre nuovi materiali
metallici o plastici.
Anche se il progetto può sembrare competenza
esclusiva dell'ingegnere, anche in questa fase è
necessario un continuo confronto col medico, col riabilitatore
ed eventualmente col disabile, per la verifica della
validità delle soluzioni proposte e/o per la
loro messa a punto, per decisioni riguardo alla scelta
tra soluzioni in alternativa, per la definizione di
aspetti critici del progetto, e così via. Inoltre,
come ogni altro prodotto dell'ingegno umano, anche un
prodotto per disabili non può nascere perfetto,
ma avrà invece bisogno di progressivi miglioramenti
sulla base all'esperienza acquisita con l'applicazione.
L'applicazione richiede l'intervento di tutte le persone
coinvolte nel processo riabilitativo (disabile compreso),
che, quindi, vengono a partecipare attivamente al lavoro
di progetto e di sviluppo. Ad esempio, nel corso di
una ventina d'anni l'impianto cocleare si è evoluto
dai primi prototipi, dotati di un solo microelettrodo
di stimolazione e, quindi, con prestazioni piuttosto
scadenti, agli attuali modelli commerciali, che possono
avere anche una ventina di microelettrodi ed essere
personalizzati sulle caratteristiche del paziente, in
modo da garantire prestazioni incomparabilmente migliori.
Tutto ciò è frutto, senza dubbio, dei
progressi della tecnologia, ma anche dell'insostituibile
esperienza acquisita con migliaia di applicazioni, che
ha consentito di affinare i criteri di progetto e di
migliorare le caratteristiche del prodotto.
Un fattore chiave per il successo dell'applicazione
di una protesi, un'ortesi o un ausilio è l'oculata
scelta del profilo (a volte anche psicologico, come
si vedrà meglio in seguito) del disabile cui
applicarlo. Infatti, una certa soluzione potrebbe non
essere adatta per qualunque livello o entità
di una stessa disabilità. Nel caso dell'impianto
cocleare il criterio di scelta è relativamente
semplice da definire e da applicare (come già
visto sopra: sordità profonda, di origine cocleare,
acquisita, in paziente adulto motivato, ecc.), ma in
altri casi le cose potrebbero essere più complicate,
specie per quanto riguarda la valutazione pratica del
livello di disabilità del singolo. In genere,
tale livello è valutato in base alla capacità
residua di svolgere alcune attività tipiche della
vita quotidiana (Activities of Daily Living o ADL),
capacità che, a sua volta, è valutata
soggettivamente dal medico o dal riabilitatore, facendo
riferimento a scale prefissate. L'IR può mettere
a disposizione del valutatore strumenti in grado di
misurare oggettivamente le prestazioni del disabile
nelle ADL, in modo da rendere più accurata e
più sicura la valutazione e, quindi, da aumentare
le probabilità di successo dell'applicazione.
Tali strumenti di misura possono derivare dalla normale
strumentazione diagnostica di impiego clinico (come
l'audiometro impiegato per la valutazione del grado
di sordità) o essere più orientati alle
applicazioni in riabilitazione (come la strumentazione
per l'analisi del cammino) o, infine, esser progettati
e sviluppati appositamente per le esigenze specifiche
dell'applicazione sul disabile.
Un altro fattore chiave, forse quello determinante,
per il successo di un intervento tecnologico è
infine l'accettazione da parte del disabile. E' esperienza
comune tra gli operatori del settore che molti dispositivi,
in particolare protesi, ma non solo, apparentemente
ineccepibili dal punto di vista riabilitativo e da quello
tecnologico, vengono invece rapidamente abbandonati
dal disabile e restano poi inutilizzati. I motivi possono
essere vari, di carattere psicologico (scarsa motivazione
personale e/o rifiuto di accettare un oggetto che sancisce
la condizione di disabile) o pratico (in particolare,
la complessità nell'uso e/o la necessità
di un periodo di addestramento all'uso stesso). Per
chiarire, si possono assumere gli occhiali come esempio
e summa delle caratteristiche che dovrebbe possedere
il dispositivo ideale (in questo caso un'ortesi): basato
su una tecnologia ben conosciuta, facile da adattare
alle esigenze del singolo, facile da usare dopo un brevissimo
periodo di adattamento, di apprendimento o di riabilitazione,
esteticamente valido (gli occhiali possono perfino diventare
un oggetto di moda), accessibile a costi contenuti e,
per tutto ciò, facilmente accettabile dal disabile.
Per ottenere simili caratteristiche, l'ingegnere della
riabilitazione, in collaborazione con le altre figure
coinvolte, dovrà preoccuparsi particolarmente,
in fase di progetto, di quei fattori dai quali può
dipendere la maggiore o minore accettazione dell'ausilio,
curando la facilità e la semplicità dell'uso
(semplificando così anche l'addestramento) e
gli altri aspetti dai quali può dipendere il
rigetto psicologico, a cominciare da quelli estetici.
Ad esempio, molti progressi sono stati compiuti recentemente
sul piano della cosmesi delle protesi d'arto e di mano
grazie alla disponibilità di nuovi materiali
e alle tecniche di CAD e di lavorazione assistita dal
calcolatore (Computer Aided Machinery o CAM), che permettono
di ottenere elementi anatomici di grande realismo.
Se quelli sopra ricordati sono i fattori tecnici più
importanti nel determinare il maggiore o minore successo
di una protesi, un'ortesi o un ausilio e delle sue applicazioni,
non si può dimenticare che un ostacolo molto
forte allo sviluppo della tecnologia per i disabili
è oggi rappresentato dai costi.
Dal punto di vista industriale, il mercato della tecnologia
per i disabili è un mercato piccolo (fortunatamente)
e molto frammentato e perciò si presta in genere
solo a produzioni di piccola serie. La necessità,
per il produttore, di ammortizzare i costi di ricerca
e sviluppo su piccole serie, unita, in vari casi, a
quella di personalizzare il dispositivo, determina un
costo piuttosto elevato del singolo prodotto. Il fatto
poi che in molti casi l'acquisto, in particolare degli
ausili, non sia in alcun modo sovvenzionato dal servizio
sanitario nazionale o lo sia solo parzialmente fa ricadere
tutti i costi o buona parte di essi sul disabile e sulla
sua famiglia. Ciò limita fortemente la domanda
e contribuisce ulteriormente a limitare il mercato.
Il risultato di questo stato di cose è uno scarso
interesse da parte dell'industria allo sviluppo di questi
prodotti, tranne alcuni, in genere quelli caratterizzati
da un mercato più ampio e basati su tecnologie
"tradizionali", che richiedono minori investimenti
in ricerca e sviluppo e si possono ammortizzare più
rapidamente (a volte si tratta di ricadute di altri
tipi di produzioni).
Oggi, buona parte della ricerca e dell'innovazione,
non solo in Italia, è quindi confinata nei centri
di ricerca accademici, con tutte le limitazioni del
caso, tra le quali la principale è forse la difficoltà
di andare oltre la realizzazione di prototipi per passare
alla fase di produzione, di distribuzione e di reale
applicazione su scala significativa. La mancata diffusione
ha come ulteriore conseguenza negativa l'impossibilità
di raccogliere una casistica significativa, necessaria
per la verifica sul campo della validità del
prodotto nonché per raccogliere indicazioni e
suggerimenti per ulteriori sviluppi e perfezionamenti.
Non mancano comunque oggi in Italia alcune importanti
e vitali esperienze. Tra queste, una citazione particolare
merita il Centro Protesi dell'INAIL di Vigorso di Budrio
(BO) (http://www.inail.it/medicinaeriabilitazione/protesi/home.htm).
Esso è una struttura nella quale vengono applicate
le più aggiornate conoscenze nel campo dell'ortopedia
tecnica e dove, realtà unica in Italia, viene
ricostruito il quadro funzionale e psico-sociale dell'infortunato,
per la completa reintegrazione nel mondo del lavoro,
nella famiglia e nella società. Il Centro è
attivo dal 1961 ed è stato riconosciuto come
"Centro per la sperimentazione ed applicazione
di protesi e presidi ortopedici" dal D.P.R. 782/84;
recentemente inoltre ne è stata costituita una
sezione presso la sede INAIL di Roma. Esso opera essenzialmente
su tre versanti: ricerca di nuove tecnologie finalizzate
alla produzione; produzione e fornitura di protesi e
presidi ortopedici; riabilitazione ed addestramento
all'uso della protesi. Al Centro possono accedere: infortunati
sul lavoro assistiti dall'INAIL o provenienti dai paesi
della CEE, invalidi civili assistiti dal SSN nonché
disabili provenienti anche dall'estero.
Per quel che riguarda l'attività di sviluppo
tecnologico, che è comunque sempre strettamente
collegata a quella assistenziale e a quella riabilitativa,
i progetti di attività per il biennio aprile
2002-aprile 2004 spaziano su buona parte delle attività
d'interesse per l'IR nel settore della riabilitazione
motoria.
Essi riguardano, ad esempio:
- realizzazione di protesi (protesi
di ginocchio "personalizzate", protesi multiarticolari
di arto superiore, protesi per attività sportive,
sistemi di controllo per protesi attive, applicazione
di tecniche CAD/CAM per la progettazione e la realizzazione
di protesi);
- test, collaudi e verifiche su protesi
nonché su materiali e componenti per protesi,
con relativo sviluppo di strumentazione e/o di protocolli
di misura;
- studio e sviluppo di nuove tecniche
di terapia/riabilitazione, come la stimolazione elettrica
funzionale, o d'impianto, come l'osteointegrazione;
- sviluppo di protocolli di misura
per lo studio del movimento in riabilitazione;
- sviluppo di ausili e di soluzioni
per il miglioramento della qualità della vita
del disabile, come dispositivi per l'automazione domestica
e l'autonomia del disabile nell'ambiente casalingo o
per l'adattamento di automobili alla guida da parte
del disabile.
Per queste attività, il Centro si avvale di collaborazioni
con università italiane (Politecnico di Milano,
Università di Bologna, di Ferrara, di Padova,
di Pavia, Scuola Superiore S. Anna di Pisa, presso la
quale è stato costituito un centro di ricerca),
con enti di ricerca (ENEA), con cliniche, centri ospedalieri
e altre realtà sanitarie attive nel settore della
riabilitazione (Fondazione "Pro Juventute Don Gnocchi",
Policlinico di Modena, ...) e con varie industrie (Otto
Bock, FIAT, BTicino, ...).
In conclusione, pur tra notevoli difficoltà,
l'IR può dare oggi un contributo importante alla
riabilitazione, favorendo un uso corretto, efficace
e sicuro, in una parola, appropriato della tecnologia.
Nei limiti delle tecnologie oggi disponibili, una tecnologia
appropriata può contribuire a eliminare o a ridurre
le conseguenze disabilitanti di una menomazione e può
facilitare la rieducazione e il reinserimento familiare
e sociale del disabile (ad esempio, con interventi sull'ambiente
nel quale il disabile vive) e quello lavorativo (con
interventi sull'organizzazione del posto di lavoro o
contribuendo a creare nuove e diverse occasioni di lavoro).
In altre parole, l' uso della tecnologia può
evitare che la disabilità comporti un handicap
o può ridurre il grado di tale handicap. D'altra
parte, esiste anche il rischio che la tecnologia stessa
possa invece provocare un aumento di tale grado, se
suscita nel disabile o nel suo ambiente aspettative
eccessive rispetto a quanto realizzabile tecnicamente
nel caso specifico. Una tecnologia rivolta al disabile
si potrà quindi considerare appropriata se il
suo sviluppo e il suo impiego soddisfanno ai seguenti
requisiti:
1.rispondere a obiettivi definiti riguardo alla riduzione
di una data disabilità;
2.essere compatibile con le risorse (materiali e umane
) disponibili (sempre limitate)
3.raggiungere gli obiettivi con conseguenze negative
limitate e con rischi di livello accettabile.
Una tecnologia appropriata deve cioè realizzare
un buon compromesso tra le necessità, i desideri
e le capacità degli utenti e della altre persone
interessate, da un lato, e i costi, i benefici, gli
inconvenienti e gli eventuali rischi della tecnologia
stessa, dall'altro. Per ottenere questo risultato è
necessaria una stretta integrazione e una collaborazione
continua tra l'ingegnere della riabilitazione e gli
altri attori del processo riabilitativo: medico, psicologo,
riabilitatore e disabile.
Riferimenti utili
Informazioni sugli ausili e su altre tecnologie per
i disabili si possono trovare presso vari centri di
documentazione specializzati, come il SIVA (Servizio
Informazione e Valutazione Ausili) della Fondazione
"Pro Juventute Don Gnocchi" di Milano (http://www.siva.it/)
e l'Ausilioteca dell'AIAS (Associazione Italiana Assistenza
Spastici) di Bologna (http://www.ausilioteca.org/)
Glossario
Ausilio o ausilio tecnico – Idea, accorgimento,
tecnica o attrezzatura che può servire ai disabili
(ma anche agli anziani e in genere alle persone bisognose
di assistenza) per sostituire una funzione lesa o per
diminuire lo sforzo fisico o per diminuirne i tempi
di esecuzione o per aumentare l'accettazione della disabilità
o di un handicap o per compiere un'attività in
modo più sicuro e gradevole. Obiettivo degli
ausili è di aumentare il grado di autonomia e
di migliorare la qualità della vita del disabile,
favorendone anche la (re)integrazione sociale. In questa
visione ricadono tra gli ausili anche molti prodotti
di normale uso per le persone sane, ma il cui impiego
può divenire particolarmente utile per il disabile
(ad esempio un telecomando). A rigore, in base a questa
definizione anche protesi e ortesi rientrerebbero tra
gli ausili. Nel testo, per chiarezza e per conformità
con l'uso più comune del termine, si è
preferito utilizzarlo in un senso più ristretto,
escludendone in genere protesi e ortesi.
CAD – Computer Aided Design o progettazione assistita
dal calcolatore.
CAM – Computer Aided Machinery o lavorazione assistita
dal calcolatore.
Disabilità, incapacità o deficienza funzionale
– Qualsiasi limitazione o perdita della capacità
di compiere un'attività di base (come camminare,
mangiare, lavorare) con le modalità o entro i
limiti considerati normali per un essere umano.
Handicap – Svantaggio che una menomazione o una
disabilità comporta per un individuo in quanto
gli impedisce di svolgere il ruolo che gli sarebbe normale
o gli competerebbe per età, sesso, cultura, posizione
sociale, ecc..
Menomazione, minorazione o invalidità –
Qualsiasi perdita o anomalia permanente di una struttura
anatomica o di una funzione fisiologica o psicologica.
Può essere congenita o intervenire per incidente,
malattia o vecchiaia.
Ortesi – Dispositivo specifico di supporto ad
una funzione carente, che consente di aumentarne le
prestazioni o le capacità residue. Gli occhiali
e il corsetto ortopedico sono esempi di ortesi.
Protesi – Dispositivo che sostituisce una funzione
persa, come, ad esempio, un arto artificiale o l'impianto
cocleare.
Riabilitazione – Processo mirato a contenere le
conseguenze, in termini di disabilità e/o di
handicap, di un evento invalidante e al reinserimento
del disabile nella società nel ruolo e nella
posizione che gli sarebbero propri.
|