Intervista a Ileana
Argentin – Presidente di Dynamic
Air e Consigliere delegato del Comune di Roma per i
problemi dell’handicap.
Lo studio da Lei realizzato intende in un certo
senso dare un significato nuovo al termine “accessibilità”…
Ciò che va cambiato è soprattutto il modo
di concepire l’accessibilità dei luoghi
in cui viviamo. Non più quindi come modificazione
dell’esistente al fine di ottemperare alle esigenze
di legge, ma come parte integrante del quadro architettonico,
come elemento fondamentale dello spazio cittadino. Pensiamo
ad esempio all’ascensore telescopico pensato dall’architetto
Pei per collegare il piano strada e quello dell’atrio
nel Museo del Louvre di Parigi, all’interno della
nuova piramide di vetro. Ma anche le soluzioni legate
agli edifici e alle aree storiche prevedono soluzioni
architettonicamente valide, come la nuova sistemazione
dei mercati traianei a Roma, dove un interessante sistema
di passerelle, ascensori e rampe rende l’area
fruibile anche alle persone con sedia a ruote.
Si parla di progettazione plurisensoriale.
Di che cosa si tratta?
Le possibilità di orientamento e mobilità
di un individuo all’interno di un ambiente costruito
sono direttamente rapportabili alla quantità
e qualità degli indizi visivi presenti negli
elementi di definizione degli spazi, oltre che alle
reali potenzialità percettive del visitatore.
Quando, come spesso avviene nell’architettura
contemporanea, tali indizi non sono più sufficienti
alla segnalazione delle diverse componenti architettoniche,
possono essere utilizzati accorgimenti captabili anche
attraverso altri sensi e quindi veramente riconoscibili
a tutti, rendendo concreta la possibilità di
garantire le condizioni di accessibilità, sicurezza
e comfort in tutti gli ambienti. L’ambiente verrà
strutturato con elementi che generano nell’individuo
sensazioni percettive diverse, legate al senso visivo,
acustico, tattile, olfattivo, cinestetico e igrotermico.
Le potenzialità di tale progettazione risultano
particolarmente evidenti se si considera la sua versatilità
soprattutto per coloro che hanno particolari deficit
sensoriali (come il non vedente, l’ipovedente,
il non udente, ma anche lo stesso bambino o anziano);
inoltre la ridondanza dei riferimenti sensoriali è
in grado di stimolare anche l’individuo distratto
o che si trova in condizioni psicofisiche poco ricettive.
Nel Capitolo 2 del suo studio si analizza il
quadro esigenziale. Quali sono i concetti fondamentali
che vengono espressi?
Molto spesso i progettisti a fronte del problema
dell’eliminazione delle barriere architettoniche
rispondono che i loro progetti o le loro strutture sono
a norma, perché prevedono rampe e servizi igienici
accessibili, come se questi fossero gli unici parametri
per valutare l’accessibilità di una struttura.
Tale errore viene commesso perché nell’immaginario
collettivo la persona sulla sedia a ruote viene spesso
vista come lo stereotipo dell’individuo disabile.
Probabilmente è lo stesso simbolo internazionale
dell’accessibilità a generare l’equivoco,
mentre si deve considerare che la disabilità
può non essere sempre visibile, oppure può
essere temporanea, includendo in questa condizione almeno
il 20% della popolazione, tra cui gli anziani, i menomati
sensoriali, i cardiopatici, le donne in stato di gravidanza
o con un passeggino, i bambini, le persone affette da
nanismo, gli individui convalescenti a seguito di una
operazione o con un’ingessatura agli arti inferiori.
L’accessibilità diventa quindi
un valore, indipendentemente dalle persone alle quali
gli interventi sono rivolti?
Si, l’accessibilità dovrebbe essere
integrata nel progetto/realizzazione. In questo modo,
risolvendo il problema per la persona più svantaggiata
le ricadute benefiche sono a cascata anche per coloro
che si trovano in condizioni psicofisiche ottimali,
i “superman” per i quali fino a pochi anni
fa le città venivano pensate e calibrate. Nell’architettura
contemporanea ci sono esempi di soluzioni accessibili
“invisibili” perché perfettamente
integrate con il resto dell’opera o con il contesto
circostante. Non, quindi, elementi posticci e con manifattura
priva di ogni connotazione estetica, ma oggetti rifiniti
e in armonia con l’intorno.
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