Il centro teatrale gestisce
una struttura di circa 3000 mq situata nella prossima
periferia di Bari, occupando stabilmente 35 persone
più altre 20 in modo saltuario, che si occupano
della parte creativa, degli aspetti organizzativi, educativi
e tecnici. Dal 1998 Il Teatro Kismet OperA gestisce
le attività del Teatro Comunale ‘Rossini’
di Gioia del Colle.
Il Teatro Kismet oggi è considerato da molti
in Europa una Casa del Teatro, un Opificio per le Arti
pronto ad accogliere le passioni di chi lo abita come
spettatore, artista, utente, operatore. Aperto al pubblico
per sei giorni alla settimana si propone come agorà:
punto di riferimento, laboratorio, luogo d'incontro
e di dialogo per lo sviluppo di una rinnovata società
civile.
La
programmazione della stagione teatrale propone un'ampia
e qualificata ricognizione del teatro d'arte italiano,
una selezione di spettacoli dedicati all'infanzia e
alla gioventù, una rassegna di danza contemporanea,
concerti di musica del mondo e appuntamenti dedicati
alle arti figurative.
In totale circa centoventi appuntamenti pubblici fra
ottobre e maggio di ogni anno.
La formazione si sviluppa attraverso laboratori destinati
ai giovani e agli insegnanti, appuntamenti letterari,
seminari, mostre, incontri con l'università,
scambi socioculturali con altri paesi europei.
La compagnia Teatro Kismet svolge da 15 anni una intensa
e apprezzata attività artistica destinata al
pubblico infantile ed adulto. Dal 1981, anno di fondazione
della compagnia, sono stati creati 20 spettacoli ospitati
in rassegne e festival in tutta Europa per non meno
di 3000 repliche. Il teatro Kismet persegue una forma
teatrale in cui la tradizione teatrale, le tradizioni
popolari, le lingue, i dialetti, il linguaggio del corpo
si intrecciano a costituire una forma originale e diretta,
sofisticata e popolare al tempo stesso.
Gli spettacoli per ragazzi sono considerati fra le migliori
produzioni teatrali in Europa. Nel 1986 e nel 1991 il
Teatro Kismet con gli spettacoli ‘Cenere’
e ‘Cappuccetto Rosso’, vince il premio Stregagatto,
istituito dall'Ente Teatrale Italiano per il settore
Teatro Ragazzi.
Intorno al Teatro e alla compagnia, si è creata
negli anni una rete di relazioni che ha visto la nascita
di nuovi gruppi teatrali. In linea con la vocazione
di Centro di Produzione: il Kismet OperA ha sostenuto
e promosso queste realtà, collaborando alla realizzazione
e distribuzione di alcuni spettacoli.
Le attività e i progetti promossi sul territorio
sono iniziative condotte in collegamento con Istituzioni
culturali, Associazioni ed Enti locali. Questo impegno
ha favorito un forte radicamento del Teatro kismet OperA
nel
territorio, sostenuto da un ampio consenso di pubblico
e ne ha qualificato la più ampia valenza sociale
e culturale, confermando a questo Centro il suo ruolo
centrale e istituzionale.
Nel 1990 il Teatro Kismet OperA ha avviato il progetto
‘Teatro e handicap’, in collaborazione con
l'Ar.c.ha., associazione di volontariato per il recupero
di portatori di handicap adulti, e il sostegno del Comune
di Bari, Assessorato alle politiche educative.
Il progetto ha portato alla costituzione di un laboratorio
teatrale permanente che negli ultimi anni ha generato
l’unica compagnia italiana professionale integrata
il cui obiettivo è il lavoro, la promozione di
immagine e la definizione di un nuovo linguaggio teatrale
espressione di tutte le diversità. La compagnia
ha affrontato circa 40 repliche in teatri e festival
professionali. Tra questi ricordiamo il festival Blickfeld
di Zurigo, il Teatro Franco Parenti di Milano.
Le attività del Teatro Kismet Opera
Ricondurre
a un percorso lineare la molteplicità di esperienze
in ambito educativo e sociale che il Teatro Kismet ha
affrontato nell’ultimo decennio, non è
cosa facile.
La domanda per queste attività nasce in un territorio
caratterizzato dal permanere di condizioni di disagio
sociale e culturale e dalla frammentarietà del
lavoro dei servizi pubblici e del terzo settore, ambiti
che invece potenzialmente dispiegano energie sufficienti
a generare un reale sistema di contrasto al disagio,
alla povertà e alla devianza.
Molte collaborazioni sono il frutto di una comune visione
e della relativa assunzione di rischio da parte di alcuni
amministratori e funzionari pubblici e di alcune associazioni
di volontariato - come l’A.R.C.Ha. (Associazione
Ricreativa Culturale Handicap) per il progetto Teatro
e Handicap.
Il sorgere di questo impegno ha posto il Teatro Kismet
OperA di fronte al problema di un teatro necessario,
un teatro la cui esistenza trova forti motivi di partecipazione
alla vita civile; un teatro che utilizza la propria
esperienza per delineare un percorso di cambiamento;
un teatro che consente di ripensare il concetto di normalità
nell’accogliere una molteplicità di qualità
espressive individuali e collettive.
In questa azione, nell’emersione del desiderio
e del possibile, il teatro si rivela una esperienza
di forte potenza evocativa.
Progressivamente il Kismet - che tradizionalmente programma
e produce teatro contemporaneo, teatro per ragazzi,
danza e arti visive - sviluppa una forte attenzione
alle esperienze di teatro e disagio trovandovi un importante
territorio di scambio: offrire occasioni di espressione
collettiva a coloro cui normalmente questa opportunità
viene negata, stabilire forme di lavoro che favoriscono
l’incontro tra operatori sociali e disabili, fare
di questo lavoro uno snodo di ricerca teatrale.
Proprio la consapevolezza della circolarità della
relazione e dello scambio in quest’ambito sancisce
la nascita di un gruppo di lavoro interno chiamato “Teatro
e collettività”, che ha come compito specifico
lo sviluppo di progetti, competenze e significative
azioni di divulgazione. Il teatro allora entra nelle
situazioni, raccoglie parole, dialoga, dà voce
e mescola i linguaggi, provoca incontri e favorisce
relazioni. Nel tentativo non di nascondere conflitti
e disagi ma di renderli materia di espressione artistica,
offrendo di conseguenza ai soggetti coinvolti un’opportunità
di relazione fuori da ogni schema.
Teatro e Handicap, forse il progetto più noto,
in dieci anni ha prodotto spettacoli come Vangelio,
formato operatori ed educatori specializzati e consentito
a un’ampia fascia di pubblico di vedere disabili
in scena e a quest’ultimi di vivere l’esperienza
straordinaria di una scena protetta.
L’insieme di queste attività favorisce
la nascita di professionalità particolari, le
cui competenze risiedono in un comune territorio di
attenzione all’alterità e rispondono ad
una specifica capacità di dialogo con artisti,
teatri, istituzioni educative, sociali, pubbliche. Una
capacità che permette di porsi al centro di una
quantità di bisogni a volte molto diversi tra
loro cercando sintesi adeguate e valorizzanti.
Il
problema principale di realtà complesse ed estreme
come quelle dell’handicap fisico e mentale ma
anche di soggetti a rischio di devianza o detenuti è
la separazione, quella distanza soggettiva e oggettiva
che esclude qualsiasi possibilità di confronto
umano e sociale.
Come contrastare il proliferare delle divisioni?
Come alimentare al contrario una cultura del dialogo,
della parola, del gesto, del ricongiungimento?
Il teatro può giocare un ruolo fondamentale nello
sviluppo di un fitto sistema di relazioni, favorendo
un approccio capace di accogliere e comprendere l’eterogeneità
dell’esistente.
Nell’ambito del sociale emerge con chiarezza la
necessità di sviluppare azioni in contesti diversi
- istituzionali e non - guardando proprio ai collegamenti
da ricostituire a livello delle persone, della collettività
e della natura. Per un teatro che nei progetti di intervento
non produca ulteriori separazioni, non contrapponga
visioni sociologiche, psicologiche, politiche o artistiche
(come accade nella concezione occidentale delle scienze
rivolte all’uomo) ma tenti di integrarle in modo
organico. Scopo del nostro intervento nel sociale è
cioè dar vita a un processo coerente e allo stesso
tempo sensibile.
Uno dei progetti che maggiormente rappresenta queste
condizioni è La prova del teatro, un intervento
educativo e artistico rivolto parallelamente ai giovani
ospiti dell’Area Penale Esterna e dell’Area
Penale Interna. Se il movente è ancora quello
di ri/costruire legami, di fatto questi
si esercitano tra molti soggetti: dall’Istituzione
Ministero all’Istituzione locale, alle Direzioni
Penitenziarie, agli Agenti, agli operatori sociali,
ai ragazzi, alla città… Il progetto si
compone di
attività volte a favorire la relazione fra tutti
questi soggetti, trovare le lingue comuni, comprendere
ma anche parlarsi senza demagogia. Affidando a tutti
un ruolo compatibile con le
potenzialità di ciascuno.
Il ruolo del teatro diviene allora più sottile:
insegnare il dialogo, l’ascolto, valorizzare,
generare contesti favorevoli all’incontro tra
soggetti. Questo esercizio dei luoghi e delle lingue
per il dialogo ci conduce a una nuova fase, l’ambiente
collettività si scioglie in un contesto più
ampio, un progetto di lavoro che coinvolge molti soggetti
esterni (artisti, operatori sociali e insegnanti, istituzioni)
alla ricerca di idee e modi per esercitarsi in un orizzonte
comune. Accade così che un
progetto rivolto ai disabili può essere effettivamente
scuola per il teatro, un lavoro con i minori
a rischio tradursi in una bottega creativa.
Teatro e handicap
Il Teatro Kismet Opera fonda la sua esperienza
“sociale” a partire dall’incontro
con i disabili. Nel 1990, in collaborazione con l’A.R.C.Ha.
di Bari, intraprende infatti un imponente percorso artistico-educativo,
con la realizzazione di numerosi laboratori, di importanti
occasioni di riflessione pubblica e di almeno due esiti
produttivi professionali di rilievo (gli spettacoli
Vangelio, del 1995, e Macchabèe, del 1998). Con
la direzione artistica del regista Vincenzo Toma - che
ha tracciato le linee guida del percorso e formato un
gruppo di lavoro che si è avvalso, fra l’altro,
della ricerca drammaturgica di Lello Tedeschi e delle
competenze educative di Franca Angelillo e Francesca
Lisco - il progetto si è progressivamente consolidato.
La ricerca poggia sullo sviluppo di esperienze intimamente
connesse alla pratica di scena, e, mossa da una decisa
tensione verso un lavoro teatrale efficace e sensibile,
pratica un’etica del lavoro, una qualità
teatrale e un processo di valorizzazione dei singoli
e del gruppo che possano effettivamente sostanziare
e reiventare quegli obiettivi educativi e relazionali
che sempre motivano l’avvio di percorsi artistici
in ambito sociale.
La pratica del teatro può strutturare la relazione
fra i soggetti coinvolti al di là di ogni limite,
ovvero riconsiderare quei limiti come una risorsa straordinaria,
come un’inedita possibilità espressiva
e comunicativa e farne “arte”, metafora
di una condizione più vasta, in grado di parlare
di tutti e per tutti. Accogliere questa opportunità
significa mettere in gioco la “differenza”
come occasione di dialogo sociale, ma soprattutto, per
i soggetti coinvolti, riconsiderare attivamente le proprie
capacità e trovare pubblicamente accolta la propria
“speciale” sensibilità. L’idea
è che questi obiettivi “educativi”
possano essere raggiunti solo attraverso il rigore del
fare “artistico”; che l’orizzonte
di lavoro, cioè, sia la massima efficacia della
scena; che proprio il corretto esercizio delle regole
sceniche determini, in sostanza, il valore terapeutico
dell’esperienza.
Elemento fondante del lavoro è lo sviluppo di
un training espressivo che favorisca una molteplicità
di relazioni: tra i disabili, con gli educatori che
supportano lo svolgersi del lavoro e gli artisti chiamati
a condividere (offrendo esperienza e traendone importanti
elementi di crescita umana e tecnica) il percorso formativo
e creativo.
In tredici anni il percorso si è evoluto, ma
queste ragioni di fondo, che hanno prodotto anche significativi
riscontri pubblici, rimangono vive e continuano a determinare
una rotta chiara e sensibile. Vincenzo Toma, tra i fondatori
del progetto, non lo dirige più dal 2000, ma
l’esperienza prosegue nel segno di una ricerca
teatrale che testimoni ancora una specifica idea della
relazione fra teatro e handicap. Affermando il primato
della scena, alla quale i disabili sono in grado di
donare una luce speciale e sorprendente, si muove lo
spettatore a una relazione imprevista, a un dialogo
nuovo con il teatro, conducendolo sulla soglia di un
mondo altro, di un teatro che può apparire formalmente
bizzarro o approssimativo, ma capace di esprimere una
tensione drammatica potente, che va ben al di là
della pietistica constatazione di un “disagio”.
Le azioni che accadono in scena sono scevre dalle ragioni
di una sovrastrutturata normalità, sono fine
a se stesse; gli attori disabili vivono l’esperienza
del teatro sulle corde della loro intima necessità
di essere e di diventare finalmente visibili. Esprimendo
così una verità irriducibile e assoluta,
che dà energia vitale al teatro e gli dona una
credibilità scenica rara e quantomai efficace.
Per gli attori portatori di handicap è una straordinaria
occasione di crescita, di valorizzazione delle personali
risorse espressive e comunicative; per la scena è
un’opportunità di rinnovare il proprio
senso e le proprie pratiche; per lo spettatore, sia
questi artista educatore o uomo qualunque, è
la possibile scoperta dei propri limiti, del proprio
“disagio” e, forse, della necessità
di considerare sotto una luce nuova la propria presunta
“normalità”, nella personale verifica
che il teatro è veicolo di una molteplicità
linguistica e semantica. In ogni caso, rappresenta un’opportunità
da coltivare, nel segno di una relazione fra arte e
società che veda l’una sempre più
necessario nutrimento dell’altra (e viceversa).
Formazione e ricerca - Contenuti e progetti
I contenuti
Il rapporto tra formazione e produzione è circolare,
permanente e continuo, e si innesta nella consolidata
attitudine del Teatro Kismet al lavoro di gruppo. Tale
sistema determina una pratica di lavoro imponente e
complessa, in grado di sostenere e valorizzare i processi
di crescita e di sviluppo delle attività produttive
e di ricerca, svolte in strettissimo rapporto con il
territorio di riferimento.
Molti gli interlocutori e gli ambiti di intervento:
infanzia, adolescenza, scuola, università, disagio
(handicap, giovani a rischio di devianza, carceri),
tutti territori di indagine e approfondimento in cui
le arti della scena sono chiamate a trasformarsi in
straordinarie opportunità educative e di crescita,
sia individuale che sociale. Un’apertura che da
un lato costituisce un patrimonio inestimabile di esperienza
culturale e umana, dall’altro rinnova e rinvigorisce
il senso e la pratica della ricerca artistica complessiva
del Kismet.
Studi Teatrali
Come ogni anno il Teatro Kismet propone degli studi
che formano alle diverse arti della scena. La formula
che li contraddistingue è quella dello studio/laboratorio,
una sorta di bottega artigiana in cui ogni partecipante,
da apprendista, entra nel vivo della pratica e dell’esperienza
della scena, confrontandosi direttamente con artisti
e professionalità differenti.
L’obiettivo generale è comunque riqualificare
lo spettatore teatrale e, di riflesso, aprire poi al
più complesso mondo professionale del teatro.
Ogni studio – Il lavoro dell’attore; Scrivere
per il teatro; Il lavoro dello spettatore - risponde
a esigenze diverse, e nel loro insieme i diversi studi
proposti non hanno tanto la pretesa di definirsi come
una “scuola di teatro”, quanto come una
occasione strutturata, qualificata per conoscere meglio
questo universo, dotandosi degli strumenti critici per
attraversarlo.
La prova del teatro
All’origine di questo progetto, una convenzione
stipulata fra Ente teatrale Italiano e Ministero della
Giustizia. Quest’anno alla sesta edizione, il
progetto prevede un duplice intervento formativo e di
ricerca artistica e teatrale: il primo che si sviluppa
all’interno dell’Istituto Penale per i Minorenni
“N. Fornelli” di Bari -API-, il secondo
rivolto ai giovani dell’Area Penale Esterna -APE.
API All’interno del “Fornelli” è
stata realizzata una sala teatrale, animata come un
vero e proprio spazio di formazione, produzione e programmazione
artistica. Nel tempo, protagonisti i giovani detenuti,
si è sviluppato un “cantiere” drammaturgico
che si è progressivamente raffinato fino ad approdare,
nel suo ultimo esito produttivo, a un piccolo spettacolo,
Asterione, che ha varcato gli angusti confini dell’Istituto
ed è stato presentato al Festival “Nuove
Generazioni” di Cascina (Pi). Parallelamente,
con la programmazione annuale di una piccola stagione
teatrale e musicale aperta a tutti, la sala teatrale
dell’Istituto ha accreditato la propria presenza
sul territorio come nuovo spazio teatrale della città,
sensibile a una programmazione qualificata.
L’esperienza di Api intende offrire ai giovani
protagonisti in primo luogo la possibilità di
esprimersi, di riattivare concretamente le loro risorse
umane e artistiche, e così facendo di fatto pone
le premesse per una ripresa del dialogo con la società
civile.
APE Un dialogo che si rafforza e si completa con l’intervento
che il Kismet dedica ai giovani dell’Area Penale
Esterna, il cui coinvolgimento artistico e creativo
si struttura principalmente attraverso l’elaborazione
di opere d’arte visiva. L’attività
fonda le proprie ragioni sulla straordinaria opportunità
che una pratica artistica consapevole offre alla comprensione
di sé e del proprio disagio, traducendo sinteticamente
questo processo nella creazione di piccole opere d’arte
che rendono concretamente visibili, al di là
di ogni retorica sul disagio giovanile, questo sforzo:
uno sforzo che intende porre domande, dubbi, questioni
che toccano, con l’arte e la speciale mediazione
di situazioni marginali e difficili, la condizione umana
di tutti.
Teatro e handicap
L’esperienza
sociale di più lunga durata prevede, per la prima
volta quest’anno, l’avvio di un processo
autoformativo relativo alla drammaturgia, al linguaggio
del corpo, alla voce e alla scenografia. Dal percorso
di autoformazione e indagine, in collaborazione con
gli artisti invitati, saranno avviati cinque percorsi
di laboratorio e ricerca teatrale rivolti a giovani
portatori di handicap. Contestualmente, le esperienze
attivate dovranno porsi come occasioni di formazione
per operatori sociali. Il progetto prevede il coinvolgimento
di danzatori (Virgilio Sieni, Elisa Barucchieri); artisti
visivi e scenografi; artisti del Teatro Kismet OperA.
Particolare attenzione, in collaborazione con il Dipartimento
di Scienze Pedagogiche e Didattiche dell’Università
di Bari, sarà rivolta allo sviluppo di sistemi
di valutazione che potranno determinare i presupposti
per il trasferimento e il confronto tra esperienze analoghe.
La compagnia
Il Teatro Kismet nasce nel 1981 intorno a un progetto
formativo condotto da Carlo Formigoni. Nel 1989, il
desiderio di dare maggiore stabilità al rapporto
con il territorio e di promuovere più intensamente
le attività teatrali e culturali, spinge la compagnia
a trovare il luogo adatto per fondare un Opificio per
le Arti in una area industriale alla periferia di Bari.
Nasce così il Teatro Kismet OperA. Lo spazio
viene inaugurato con Quick Quick Slow, spettacolo dedicato
alla lotta alla mafia, e con un ciclo di seminari e
incontri che portano a Bari personaggi del calibro di
Nando Dalla Chiesa e Leoluca Orlando.
L’attività rivolta ai ragazzi si radica
nel territorio con il progetto Vecchie e Nuove Paure,
che dà vita al celebre Cappuccetto Rosso, per
la regia di Carlo Formigoni, vincitore del Premio Eti/Stregagatto
1991. Cappuccetto rimane in repertorio per dieci anni
abbattendo, per la qualità degli interpreti e
della scrittura poetica, il confine tra le programmazioni
per ragazzi e quelle per adulti. Nelle lunghe tournèe,
la compagnia incontra il regista Alain Maratrat, tra
i maggiori rappresentanti della scuola di Peter Brook,
con cui produce Liliom (1991), dal testo di Ferenc Molnar,
e il regista Martin Duncan, autore del Pinocchio coprodotto
dal Nottingham Play-House. Dello stesso periodo è
l’incontro con Teresa Ludovico, che porta nell’Opificio
una sua specifica ricerca intorno al rapporto con il
mito e gli archetipi femminili del patrimonio classico
fino ad arrivare all’allestimento di Ecuba e i
suoi figli (2000), presentato al Festival di Santarcangelo.
L’Opificio, riconosciuto come Teatro Stabile d’Innovazione,
configura sempre più la sua attività attraverso
differenti percorsi produttivi e si fa luogo di incontro
di artisti italiani e stranieri, delineando così
non solo un percorso di ricerca ma anche un’idea
di offerta culturale unica in tutto il Sud. Nel 1994
nasce la collaborazione artistica con Marco Martinelli,
che dà vita all’affresco aristofanesco
di All’Inferno e Uccelli (1996) e plautino del
Miles (1998), dedicati a un pubblico di giovani e di
adulti e tesi a un recupero poetico della lingua-dialetto.
Con Laurent Dupont e con la collaborazione del Theatre
Athenor di St. Nazaire in Francia, nasce Piccoli Misteri
(2000), uno spettacolo con Rossana Farinati dedicato
alla primissima infanzia, vincitore del premio Eti/Stregagatto
2001.
Nel 2001 il debutto di Bella e Bestia, riscrittura della
celebre fiaba affidata a Teresa Ludovico, coprodotto
dal Teatro Comunale Rossini, dall’Istituto Italiano
di Cultura di Tokio, dal Setagaya Public Theatre e da
Gunma International Association. Lo spettacolo nel 2002
è stato proposto nei più importanti teatri,
dal Teatro Piccini di Bari, al Metastasio di Prato,
al Masini di Faenza fino al Lyric Hammersmith di Londra,
a Zurigo, a Norimberga e a numerose città della
Francia. Ha vinto il premio Eti/Stregagatto 2002, attribuito
da una giuria internazionale di critici teatrali, con
la seguente motivazione: per l’abilità
drammaturgica nel fondere elementi tematici provenienti
dall’universo fiabesco trattando con leggerezza
e poesia i temi della diversità, dell’eros,
della conflittualità familiare; per la completezza
della scrittura scenica che intreccia in una sintesi
felice registri diversi come la danza, il circo, il
teatro comico e drammatico, l’espressione corporea
e la vocalità, una bella scenografia e una dimensione
sonora particolarmente accurata ed efficace.
Lo spettacolo, che rappresenta una sintesi e un momentaneo
punto d’arrivo di un’attività ultraventennale
del gruppo, riesce così a entrare in forte sintonia
con qualsiasi tipo di pubblico e a fornire una lettura
del tutto originale e approfondita della fiaba.
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