Gli studi dimostrano un incremento della
disabilità direttamente proporzionale all’avanzare dell’età.
Molti anziani non sono più capaci di spostarsi da un luogo
all’altro, uscire da casa per passeggiare o fare shopping,
andare a teatro o in banca, frequentare parenti e amici
e non sono pochi quelli che non riescono più a muoversi
senza aiuto, a lavarsi e vestirsi da soli.
La inattività fisica determina delle alterazioni a carico
dell’apparato cardiocircolatorio, respiratorio, muscolare
e scheletrico, e la stessa inattività può essere negli
anni responsabile del manifestarsi di altre patologie;
per questo numerosi studi dimostrano che una buona attività
fisica riduce il rischio di disabilità nell’anziano.
Papa Giovanni Paolo II il 3 dicembre del 2000 affermava:
“anzitutto il diritto che ha ogni uomo e ogni donna disabile,
in qualunque Paese del mondo, ad una vita dignitosa. Non
si tratta solo di soddisfare determinati bisogni, ma più
ancora di vedere riconosciuto il proprio desiderio di
accoglienza e di autonomia. E’ necessario che l’integrazione
diventi mentalità e cultura, e al tempo stesso che i legislatori
e i governanti non facciano mancare a questa causa il
loro coerente sostegno”.
Nel mese di aprile 2002 è stata presentata la Classificazione
Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e Salute
(ICF) basata sulla integrazione di due modelli finora
opposti, medico e sociale, e l’approccio utilizzato diventa
il tipo “biopsicosociale”. L’obiettivo centrale della
nuova impostazione culturale e scientifica dettata dalla
ICF è quello del funzionamento della persona. Quindi prima
di tutto si nega in radice la distinzione tra disabile
e sano, ma si affronta la problematica della Salute come
assieme di funzionamenti, ottimali o meno, della persona,
per tutte le persone intendendole da questo punto di osservazione
come sane.
L’ICF è una classificazione delle caratteristiche della
salute delle persone all’interno del contesto delle loro
situazioni di vita individuali e degli impatti ambientali.
E’ l’interazione fra caratteristiche di salute e i fattori
contestuali a produrre la disabilità. Il 2003 viene dichiarato
dall’Unione Europea come l’Anno del Disabile, atto ad
organizzare, promuovere e spingere quante più iniziative
possibili a favore di quella classe spesso “emarginata”
dalla società odierna, ma altrettanto importante. Nel
2002 viene redatta la “dichiarazione di Madrid”.
La dichiarazione asserisce che:
• la disabilità appartiene alla dimensione dei diritti
umani;
• le persone disabili vogliono pari opportunità e non
beneficenza;
• discriminazione ed esclusione sociale sono il risultato
delle barriere erette dalla società;
• le persone disabili costituiscono una cittadinanza invisibile;
• le persone disabili costituiscono un gruppo differenziato;
• l’inclusione sociale è il risultato non solo della non
discriminazione, ma anche delle azioni positive. La dichiarazione
invita fortemente i Paesi dell’Unione a rivedere le proprie
legislazioni ed a favorire una reale integrazione dei
cittadini disabili in tutti i settori della vita privata,
sociale ed economica. Sembrava, viste le brillanti premesse,
che il 2003 avrebbe segnato la svolta epocale e che, finalmente,
i disabili non sarebbero più stati considerati come degli
assistiti, ma come soggetti titolari di diritti e doveri
e che come tali avrebbero trovato nella nostra società
le condizioni adeguate per esercitare tali diritti e compiere
tali doveri.
La discriminazione nei confronti dei disabili richiede
infatti un’azione vasta e capillare, perché sono varie
le circostanze della vita quotidiana che spesso non permettono
a milioni di europei una piena integrazione sociale: dall’occupazione
alla scuola, dai trasporti alla cultura. Il nostro obiettivo
è di sensibilizzare e favorire un maggior impegno per
l’integrazione del disabile a tutti i livelli, in base
ad una condivisione dei grandi obiettivi di fondo.
Così si esprimeva Romano Prodi nel 2002; la situazione,
però non si è evoluta esattamente nella direzione indicata
ma evidenti progressi si sono realizzati.
La situazione
La grande novità è rappresentata dalla presa di coscienza
che prima del “contenitore” (il servizio, la risposta,
l’intervento) si debba porre al centro e al cuore del
sistema la difesa della persona con la propria dignità
e il suo diritto a rimanere nella propria comunità, a
contatto con le proprie reti familiari e sociali. La “persona
al centro” significa che non solo è oggetto del sistema
di prestazioni e risposte, ma anche soggetto che collabora,
partecipa, sceglie il processo di inclusione sociale,
anche laddove la gravità della compromissione del quadro
clinico o comportamentale fosse di notevole entità.
Quindi è necessario inserire la persona in un contesto
che renda facilmente fruibili gli ambiti quotidiani in
cui si articola il suo essere: abitazione, servizi, scuola,
lavoro e riabilitazione. Per quanto riguarda l’aspetto
riabilitativo le Linee Guida (Decreto Ministro Sanità,
7 maggio 1998) intendono quali “attività” sanitarie di
riabilitazione gli interventi valutativi, diagnostici
e terapeutici e le altre procedure finalizzate a portare
il soggetto affetto da menomazioni a contenere o a minimizzare
la sua disabilità ed il soggetto disabile a muoversi,
camminare, parlare, vestirsi, mangiare, comunicare e relazionarsi
efficacemente nel proprio ambiente familiare, lavorativo,
scolastico e sociale. Allo scopo di rispondere ad esigenze
così precise è stato elaborato il Progetto Individuale
– previsto e descritto all’art. 12 della L. 328/00 – che
è parte integrante dei livelli essenziali di assistenza
che lo Stato deve garantire su tutto il territorio nazionale.
La normativa nazionale vigente consente di potere rideterminare
il valore e la portata del Progetto Individuale, definendolo,
più utilmente, Progetto Globale di Presa in Carico della
Persona con Disabilità.
Questo progetto viene successivamente integrato dal DPCM
14.02.2001, da cui si evince che:
• lo Stato ha chiaramente indicato il diritto della persona
con disabilità (e di chi lo rappresenta) di potere disporre
di uno strumento che riunisca in un unico ambito progettuale
le indicazioni diagnostiche e i piani di intervento riferiti
sia agli aspetti sanitari che sociali;
• non essendoci alcuna limitazione riferita alle diverse
fasi della vita, se ne deduce che tale strumento deve
essere considerato dinamico, impostato e gestito in modo
da seguire l’evoluzione dei bisogni e delle risposte per
l’intero arco della vita della persona;
• la valutazione del bisogno, al fine della definizione
della tipologia e natura delle prestazioni, deve essere
condotta mediante condizioni organizzative e professionali
all’insegna della multidisciplinarità, ricercando, altresì,
il coinvolgimento della persona e del proprio contesto
(familiare e sociale).
In assenza di definizioni statali il Progetto Globale
di Presa in Carico può essere definito, procedurato e
codificato a livello Regionale. Le idee, le prospettive
fanno ben sperare, ma purtroppo, ancora oggi, il processo
di integrazione e facile fruibilità dei servizi sembra
lontano da divenire una realtà quotidiana.
La disabilità
Gli studi dimostrano un incremento della disabilità direttamente
proporzionale all’avanzare dell’età. Spostarsi da un luogo
all’altro, uscire da casa per passeggiare o fare shopping,
andare a teatro o in banca, frequentare parenti e amici,
sono lussi che non tutti possono permettersi. Purtroppo
molti anziani non ne sono più capaci e non sono pochi
quelli che non riescono più a muoversi senza aiuto, a
lavarsi e vestirsi da soli.
Il concetto di disabilità racchiude realtà diverse e difficilmente
codificabili (da persone autonome, con difficoltà minima
a persone che necessitano di assistenza per qualsiasi
passaggio posturale).
In ambito geriatrico sono stati individuati tre principali
aree dello stato funzionale: le attività basilari della
vita quotidiana (mangiare, alzarsi dal letto, andare in
bagno, curare la propria igiene, pieno controllo di minzione
e defecazione, camminare attraverso una piccola stanza,
vestirsi) (Activities of daily living, ADL - Katz S. et
al, 1963); le attività strumentali (utilizzare il telefono,
i mezzi di trasporto, assumere i farmaci, gestire il proprio
denaro, lavare, fare le pulizie di casa, cucinare) (In
strumentale activities of daily living, IADL - Lawton
M.P., Brody E.M., 1969) e quelle avanzate (le attività
sportive, i viaggi, le attività sociali e lavorative)
(Advanced activities of daily living o AADL - Reuben D.B.
et al., 1990).
Dal momento che le attività basilari sono apprese per
prime nel corso dello sviluppo e sono essenziali nella
vita di tutti i giorni la loro compromissione rappresenta
la forma più grave di disabilità. D’altra parte nella
società contemporanea anche la perdita della capacità
di compiere le IADL ha delle importanti ripercussioni
negative, dal momento che limita la possibilità dell’anziano
di vivere da solo, rendendo necessaria la disponibilità
di un’assistenza o il trasferimento in una residenza per
anziani.
La perdita della autosufficienza può verificarsi con due
modalità. Nel caso della disabilità catastrofica una persona
del tutto autosufficiente (o comunque in discrete condizioni)
può trovarsi “di colpo” ad essere dipendente in tutto
o quasi. Un esempio classico è quello dell’ictus cerebrale
che trasforma d’improvviso una persona normale in una
persona dipendente. La seconda modalità è la disabilità
progressiva, inavvertitamente (senza quasi accorgersene)
si scendono i gradini della scala, perdendo così lentamente
la capacità di svolgere le attività che caratterizzano
le nostre giornate, sia quelle, inizialmente, non fondamentali
e poi anche quelle che ci consentono una vita dignitosa.
La propria autonomia è un bene prezioso che va conservato;
per contrastare la perdita dell’autosufficienza è necessario
sforzarsi in ogni modo di fare da soli, senza vergognarsi
e studiando strategie che ci consentano di raggiungere
l’obiettivo, seppure con modalità diverse da quelle più
comunemente usate. La persona con difficoltà non è disabile
fino a che sfrutta diverse abilità, lo diventa nel momento
in cui non è in grado di gestire le proprie attività.
A questo proposito non è un caso che qualche anno fa la
“Comunità Europea” istituì il progetto “Diverse abilità”
consistente nello stanziamento di fondi per l’inserimento
dei disabili nel mondo del lavoro. Nel caso di disabilità
motoria, fortunatamente, è possibile servirsi di molte
opportunità fornite dalla tecnologia: dalle più semplici,
quali bastoni speciali, tripodi, deambulatori, a quelle
più sofisticate come sedie a rotelle elettriche, protesi
particolari ecc.
Quindi, mai demordere; soprattutto non avvilirsi ed abituarsi
a vivere con le proprie difficoltà e ricordare che ci
sono persone che malgrado gravi handicap, hanno continuato
a svolgere vita attiva. Fondamentale è il ruolo della
valutazione. Al momento ci si avvale di 2 metodi: uno
basato sull’utilizzo di questionari che rilevano le informazioni
fornite dall’anziano stesso o da una persona a lui vicina,
il secondo consiste nell’osservare l’individuo mentre
effettua prove standardizzate, in particolare per le attività
basilari della vita quotidiana, come mangiare, vestirsi,
salire e scendere le scale, ecc…
La disabilità si raggiunge attraverso un processo lento
le cui tappe importanti spesso vengono sottovalutate.
Un’interessante ipotesi per spiegare l’aumento del rischio
di disabilità nell’anziano è quella formulata alcuni anni
fa da due studiosi, Buchner e Wagner, secondo i quali
è la comparsa di fragilità, intesa come compromissione
contemporanea della funzione di più organi ed apparati,
ad essere responsabile dell’instaurarsi della disabilità
(Buchner D.M.,Wagner E.H., 1992).
Si può affermare che le cause dell’instaurarsi della fragilità
siano: invecchiamento, malattie e stile di vita scorretto.
Il binomio fragilità-disabilità è responsabile di scadente
qualità della vita e conseguente scarsa motivazione; lo
stato funzionale viene compromesso e la dipendenza da
altre persone scatena l’instaurarsi di una serie di reazioni
a catena che portano spesso ad un quadro di depressione
importante. Le patologie che più frequentemente causano
compromissione dello stato funzionale sono: l’ar trosi,
la cardiopatia ischemica, l’ictus, il diabete, la frattura
di femore, la broncopneumopatia cronica ostruttiva, la
demenza, le malattie che riducono la vista e la depressione.
Caratteristica di queste situazioni è la scarsissima attività
fisica realizzata dal soggetto, che spesso trascorre lunghe
ore seduto.
La inattività fisica determina delle alterazioni a carico
dell’apparato cardiocircolatorio, respiratorio, muscolare
e scheletrico, e la stessa inattività può essere negli
anni responsabile del manifestarsi di altre patologie
quali, ad esempio osteoporosi ed ipertensione. Alla luce
di quanto finora esposto non sorprende che numerosi studi
abbiano dimostrato che una buona attività fisica riduca
il rischio di disabilità nell’anziano.
Gli esercizi che si sono rivelati opportuni e necessari
sono stati quelli proposti controresistenza allo scopo
di incrementare la massa e forza muscolare. Allo scopo
di ridurre il rischio “cadute” particolarmente efficaci
si sono rivelate anche le strategie per il controllo ed
il miglioramento dell’equilibrio. E’ importante che il paziente
venga informato che i vantaggi
dell’attività fisica svaniscono rapidamente
ed è quindi importante
che venga praticata in maniera
costante e regolare.
Il sistema dei servizi
La popolazione invecchia e questo fenomeno è particolarmente
rilevante nei paesi industrializzati.
Questa realtà implica la necessità di organizzare un sistema
di servizi socio-assistenziali per gli anziani comprendente:
• assistenza domiciliare e assistenza domiciliare integrata;
• centro diurno sociosanitario;
• servizio di telesoccorso o telecontrollo;
• sostegni economici familiari (complementare al servizio
domiciliare e al centro diurno);
• residenze sanitarie assistenziali e case di riposo.
Le RSA La Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA) è un
presidio sanitario extraospedaliero volto all’accoglimento,
alle cure ed al recupero funzionale e sociale dei soggetti
non autosufficienti non curabili a domicilio. E’ inoltre
funzionalmente collegata ai presidi ospedalieri delle
AA.SS.LL. e, per quanto necessario, dove è possibile,
si avvale delle consulenze specialistiche, dei servizi
diagnostici, nonché della farmacia ospedaliera per i farmaci,
il materiale, i presidi sanitari e di medicazione.
L’anziano va nella RSA perché è solo o vive una situazione
socioambientale e sociale particolare e il suo medico
di famiglia rimarrà sempre il primo interlocutore. Il
principale requisito di qualità è che il servizio offerto
sia pensato sulla base delle caratteristiche di ogni singolo
ospite, ad esempio il comfort strutturale come le stanze
che devono avere spazi adeguati ed ambienti idonei alle
consuetudini di vita odierne, con valorizzazione degli
spazi di vita dei singoli ospiti, ma anche dei rapporti
interpersonali sia degli ospiti , sia degli operatori
e familiari, così da creare un vero luogo di vita per
quelle persone che trascorrono una parte della loro vita
assieme.
La qualità della vita degli ospiti viene migliorata anche
tramite l’inserimento di figure professionali sempre più
aggiornate: accanto alla figura riabilitativa si approfondisce
quella dell’animazione con l’appoggio di operatori esperti
in musicoterapia, arteterapia, danza terapia, teatroterapia.
Tipologia dei soggetti assistibili: la RSA ospita gli
ultrasessantacinquenni provenienti da strutture ospedaliere,
dal domicilio, da residenze protette e/o strutture sociali
di accoglienza collettiva, che necessitano di assistenza
continuativa, affetti da polipatologia diagnosticata e
documentata.
La RSA fornisce prestazioni sanitarie consistenti in:
• controllo medico generico e specialistico
• assistenza infermieristica
• terapia fisica e fisiokinesiterapia
• terapia occupazionale.
Le patologie che consentono l’avvio alla RSA riguardano
in particolare:
• anziani affetti da esiti non stabilizzati di patologie
neurologiche, internistiche, muscolari e osteo-articolari
• turbe psico-organiche gravi dell’età senile
• patologie cronico-invalidanti
• patologie terminali. L’ammissione del paziente in RSA
è subordinata alla valutazione dell’Unità di Valutazione
Geriatrica territoriale, che provvederà a comunicare direttamente
all’utente e ai familiari, e ai responsabili di reparto,
l’accettazione del caso.
Conclusioni Parole, discorsi, progetti di legge, studi, dimostrazioni,
rivendicazioni, lotte per l’abbattimento delle barriere
(il più delle volte mentali piuttosto che architettoniche)
e finalmente dopo tanto penare il 2003 “Anno europeo del
disabile”; quante aspettative e speranze riposte in questo
evento. In Francia hanno pensato ad un sistema di finanziamento
della disabilità chiedendo un contributo a tutti i cittadini,
mentre in Italia si è pensato bene di rimandare il problema
sull’argomento della disabilità al 2005!!
Oggi nel 2004, la situazione non appare cambiata, la disinformazione
è sempre presente, i vari decreti sembrano essere rimasti
lettera morta, gli iter burocratici lunghissimi e le difficoltà
sempre in agguato. Ma tutti i buoni propositi? Ciò che
sembra fiorire sono le attività da parte dei volontari,
ma può un esercito animato solo da tanto amore e dedizione,
sopperire a carenze istituzionali? Forse con il senno
di poi, si potrebbe dire “2003 Odissea del disabile”.
Se è vero, come ci è stato sempre insegnato, che le difficoltà
temprano e rendono più forti, l’esercito di coloro che
sfruttano “diverse abilità” è destinato ad una continua
vittoria. Purtroppo la situazione non è così rosea e lineare
come è stata descritta.
Vivere oggi in questa società per chi ha difficoltà derivanti
da patologie è veramente una lotta: ci si deve battere
contro l’ignoranza, la mancanza totale di senso civico,
la assenza di infrastrutture, la latitanza delle figure
istituzionalmente preposte, i lunghi ed estenuanti iter
burocratici, l’umiliazione di dover costantemente documentare
la propria disabilità e la delusione di veder spesso disattese
le proprie legittime richieste.
Questa è la vera disabilità catastrofica: dover lottare
ogni giorno, quanto e più dei colleghi “normalmente abili”,
per ottenere il diritto ad una vita dignitosa nel rispetto
della persona.