Breve cornice teorica sul concetto
di Disturbi dello Spettro Autistico
(basi eziopatogenetiche e loro
implicazioni nel trattamento)
I Disturbi Pervasivi dello Sviluppo
(DPS), attualmente meglio definiti
come Disturbi dello Spettro Autistico
(DSA), rappresentano uno dei quadri
psicopatologici più invalidanti di tutta
l’età evolutiva per le gravi conseguenze
sullo sviluppo delle competenze cognitive,
affettive e relazionali del bambino.
Tale raggruppamento psicopatologico,
è costituito da sindromi caratterizzate
da:
• anomalie qualitative delle interazioni
sociali;
• anomalie qualitative delle modalità
di comunicazione;
• repertorio limitato, stereotipato,
ripetitivo di interessi e di attività.
Queste anormalità sono una caratteristica
preminente del funzionamento
dell’individuo in tutte le situazioni,
seppur con grado diverso e con un
esordio entro i primi 3 anni di vita
(DSM-IV, 1994, ICD-10, 1993).
Le basi eziopatogenetiche ipotizzate
sono varie e tutte collegate a precise
modalità di intervento riabilitativo.
Le cause vere e proprie sono da imputare
all’interazione tra fattori geneticicostituzionali
e fattori ambientali.
In
alcuni casi le sindromi sono associate
e/o secondarie ad una malattia d’interesse
medico (spasmi infantili, sclerosi tuberosa, anomalie cromosomiche),
ma la sindrome deve essere diagnosticata
sulla base delle caratteristiche del
comportamento, indipendentemente
dalla presenza/assenza di una condizione
associata. Poiché il ritardo mentale
non è una caratteristica costantemente
presente, è importante che, quando
esso si manifesta, venga codificato
separatamente (Charman, 2002).
Le strutture/substrati neurobiologici
interessati sono vari: in realtà si ipotizza
“un’organizzazione neuronale diff usamente
alterata”.
Tali aspetti determinano un’alterazione
di meccanismi di funzionamento mentale
su cui interviene il piano riabilitativo.
Tra i meccanismi alterati ne ricordiamo
solo alcuni:
• la teoria della mente, ossia quella
capacità dell’individuo di “mettersi nei panni dell’altro, essendo consapevole
dell’esistenza di altre persone
pensanti (Frith, 1999);
• l’attenzione condivisa (Mundy,
1997);
• la percezione dei volti (Pelphre y,
2002);
• il funzionamento sensoriale (Gre e nspan,
1999), che coinvolge le abilità
di integrazione tattile, uditiva, visiva
e di programmazione motoria.
Più da recente si ipotizza che l’interazione
delle varie cause (genetiche e
ambientali) e l’alterazione di determ inati
circuiti siano alla base, nel soggetto
con DSA, di una difficoltà (ad esordio
più o meno precoce) nell’“integrazione”
di vari input sensoriali (vista,
tatto, udito), o di quelli che sono alla
base dello sviluppo di abilità di programmazione
motoria, o ancora di
quelli che predispongono l’individuo
alla costruzione di relazioni con l’altro.
Riteniamo infatti che i bambini autistici,
che vivono in un mondo ancorato
alla sensorialità degli oggetti, senza un
apparato mentale per elaborare i pensieri
che li aiutino a interpretare la realtà,
abbiano bisogno di una dimensione
terapeutica che li avvii a quelle interazioni
necessarie alla formazione di una
conoscenza implicita e di una intersoggettività
primaria senza la quale non
possono approdare ad un’intersoggettività
secondaria (Trevarthen, 2001).
La gravità del quadro clinico dipende
pertanto dalla diversa intensità del suddetto
“smantellamento sensoriale” che
tende ad essere l’elemento più caratteristico
di questi disturbi a tutte le età.
Le strategie di intervento
La letteratura riguardante gli interventi
riabilitativi sui Disturbi dello Spettro
autistico (Repossi, 2003) riporta che i
fattori determinanti l’azione terapeutica
sono pertanto rappresentati da:
• intervento precoce, intensivo e
integrato;
• le attività “materne” complementari,
ossia la possibilità di creare un
rapporto che vada oltre al cerchio
relazionale ripetitivo che si è creato
nella famiglia di un bambino con
disturbo dello spettro autistico. Un
cerchio caratterizzato da un lato
dalla negazione difensiva da parte
del genitore delle reali difficoltà del figlio, da una altro dall’adattamento
totale delle routines familiari alle
esigenze del figlio stesso;
• la funzione educativa, ossia la possibilità
di aiutare il bambino a cre are
delle relazioni e ad acquisire una
o rganizzazione e un’identità stabili.
Tali obiettivi possono essere raggiunti
solo con l’intervento di programmazione
e supervisione da
parte di personale specializzato
(neuropsichiatri e psicologi). Il trattamento
dovrà pertanto essere finalizzato
a instaurare nel bambino un
senso di sé e dello stare con l’altro
non tanto a cre a re una socializzazione
fine a sé stessa;
• l’intervento - attraverso i figli - sui
genitori. Il lavoro coi gruppi dei
genitori è importante nella misura
in cui lo specialista assumerà un
atteggiamento di partecipazione e supporto, che conduca a capire le
modalità messe in atto per far fro nte
allo stress e al dolore subito.
L’alleanza coi genitori può essere
costruita sul presente, sulla spiegazione
del comportamento attuale,
su quello che è possibile fare per
conoscere la situazione del soggetto
in casa e fuori;
• la possibilità di poter integrare
diversi interventi su diverse aree di
funzionamento del bambino (da
quella emotiva a quella psicomotoria,
vedere sopra);
• la creazione di una ambiente ecologico
in cui i bambini possano
“apprendere dall’esperienza, fare
proprie le sensazioni e i contenuti
che caratterizzano l’esperienza e
migliorare la loro capacità adattiva
in altri ambienti diversi da quello di
trattamento”.
L’intervento psicoeducativo relazionale
integrato, che costituisce il punto di
partenza del progetto sperimentale per
la creazione del “Centro integrato per il
trattamento dell’autismo infantile”,
prende spunto da un modello fornito
da anni di lavoro con la patologia autistica.
Proprio dalla complessità di tale
fenomeno emerge la necessità di lavorrelazione reciproca senza provocare
angoscia.
L’intervento si propone di sviluppare
e/o potenziare le predisposizioni stru tturali
e funzionali che attivano le interazioni
e la crescita mentale a tutte le
età. A tal fine è necessario che si crei un
lavoro multidisciplinare con obiettivi
diversi, ma integrati a livello riabilitativo,
scolastico e familiare; la diffusione
a re su più fronti: educativo, riabilitativo
e terapeutico. La caratteristica principale
di questo modello di intervento
è la fluidità dei percorsi che vengono
proposti e l'adattamento della terapia
all’individualità del soggetto autistico e al suo contesto familiare, scolastico,
ambientale, con il fine di supportare lo
sviluppo emotivo e relazionale.
Una mente empatica sollecita, stimola,
richiama il bambino ad un’interazione
e attraverso una ridefinizione e risignificazione
della sensorialità e del movimento
può aiutarlo a costruirsi uno
spazio mentale dove sé e non sé possono
formarsi, confrontarsi, entrare in della conoscenza del disturbo deve
favorire una più adeguata strategia di
approccio dello stesso.
Abbiamo così ritenuto che un modello
di intervento di tipo educativo a valenza
relazionale, condotto da educatori
appositamente formati, secondo un’ottica
relazionale, arricchita da approcci
cognitivi e regole comportamentali,
fosse quello più adatto per lo sviluppo
dei nostri bambini.
Il trattamento dei soggetti con DSA
parte da un lavoro osservativo e diagnostico
che permette di individuare le
aree che funzionano e le competenze
possedute dal soggetto.
I primi risultati dell’attività presso
il Centro Integrato per il
Trattamento dei Disturbi dello
Spettro Autistico presso l’UFSMIA
di Massa e Carrara (Gennaio -
Luglio 2004)
All’interno della Zona Apuana sono
stati registrati 67 bambini con diagnosi
di Sindrome da alterazione globale
dello sviluppo psicologico secondo i
criteri suddetti e per i quali sono stati
p rogrammati, nel tempo, percorsi
riabilitativi basati su interventi di stimolazione
globale che prevedono trattamento
logopedico e/o psicomotorio
a valenza relazionale e/o psicoeducativo,
effettuati individualmente o in piccolo
gruppo. A Gennaio 2004 la prevalenza
sui pazienti in carico presso
l’Unità Funzionale Salute Mentale
Infanzia Adolescenza di bambini con
diagnosi di DSA è di 19 su 10.000. Di
tutti questi soggetti ne sono stati selezionati
9 sulla base di 2 criteri principali:
• una certa gravità del quadro clinico
(maggiore rispetto ad altri) e per i
quali potevano considerarsi conclusi
i primi percorsi riabilitativi;
• mancato raggiungimento degli
obiettivi fissati all’inizio di un
primo intervento riabilitativo, considerato
pertanto poco efficace;
• il numero minimo di personale
impiegato nei nuovi piani riabilitativi
all’interno del “progetto sperimentale”.
I bambini sono stati distribuiti in 2
gruppi che siamo soliti chiamare "gruppo
di piccoli" (gruppo P) e "gruppo dei
grandi" (gruppo G). Tale suddivisione è dovuta alla necessità di differenziare 2
fasce di età (5-8 anni e 11-13) che dal
punto di vista della maturazione org anica,
in particolare neuroendocrina, e
psicologica, forniscono 2 diverse finestre di intervento mirato all’integrazione
di varie funzioni e alla riduzione
dello “smantellamento sensoriale”.
Materiali e metodi
Campioni
Il gruppo dei piccoli (gruppo P) è costituito
da:
4 bambini, 3 maschi e 1 femmina, di
età media alla I consultazione specialistica
pari a 2 anni e 2 mesi. Dopo un
periodo di inquadramento psicodiagnostico,
funzionale ed eziopatogenetico
tutti i bambini hanno ricevuto una
diagnosi di “S.me da alterazione globale
dello sviluppo psicologico ” in particolare di “disturbo autistico”.
Di questi bambini: 4 hanno effettuato
un trattamento psicomotorio per almeno
2 anni (inizialmente individuale,
poi in piccolo gruppo), 1 ha effettuato
un trattamento logopedico. In tutti i
casi gli interventi erano focalizzati a
potenziare le competenze comunicative
e interattive, ma soprattutto l’interesse
a stabilire una relazione con l’altro.
Una volta raggiunti determinati
obiettivi fissati per ciascun bambino si
è presentata la necessità di un intervento
maggiormente integrato.
Un solo bambino effettua un trattamento
psicofarmacologico con un
modulatore del tono dell’umore (valproato
di sodio). L’età media di ingre sso
al Centro è di 6 anni e 6 mesi. Anche
i bambini di questo gruppo dopo un
periodo di inquadramento psicodiagnostico,
funzionale ed eziopatogenetico
hanno ricevuto una diagnosi di
“S.me da alterazione globale dello sviluppo
psicologico”, in particolare di
“disturbo autistico”.
Di questi bambini: 1 ha effettuato e
concluso un trattamento psicopedagogico
a versante relazionale (su modalità simili a quelle utilizzate dal Centro)
presso altra struttura, 2 hanno eseguito
trattamento psicomotorio e un intervento
individuale psicoeducativo. Tutti
i ragazzi seguono un trattamento psicofarmacologico
con neurolettico atipico
(olanzapina o risperidone). L’età
media di ingresso al Centro è di 11
anni e 8 mesi.
Al momento dell’ingresso al Centro
tutti i bambini sono sottoposti ad una
rivalutazione psicodiagnostica iniziale
attraverso un’intervista diagnostica ai
genitori da parte della neuropsichiatra
al fine di confermare in modo sistematico
la diagnosi iniziale. I bambini sono
stati poi rivalutati sul piano dello sviluppo
cognitivo attraverso test psicometrici
(scale Wechsler, Leiter
International Perf o rmance Scale).
E’opportuno segnalare che ad una prima
valutazione dello sviluppo cognitivo è
stato applicato nella quasi totalità dei
casi (sia nel gruppo dei piccoli che in
quello dei grandi ) un test che esamina
le competenze cognitive non verbali.
Tale scelta è stata condizionata dalla
scarsa disponibilità a certe consegne
che i bambini con questo tipo di disturbo
presentano e non tanto ad un
problema specifico linguistico, seppure
siano costantemente presenti un ritardo
di sviluppo di quest’ultima competenza
e/o di come venga utilizzata. In
particolare nel gruppo P: 1 bambino
presenta uno sviluppo cognitivo nella
norma, 2 bambini un lieve ritardo, 1
bambino un ritardo medio. Nel gruppo
G: 1 bambino valutato con test verbale
presenta un ritardo lieve, 3 bambini un
medio ritardo, 1 bambino infine è stato
valutato attraverso indicatori cognitivi
indiretti e presenta un ritardo grave.
Procedure
In questo primo anno di trattamento è
stato deciso di pro c e d e re nella valutazione
e follow-up a 6 e a 12 mesi dei
bambini come segue:
• Osservazione semistrutturata del
bambino e compilazione della
Child Autism Rating Scale (Shopler,
1986) da parte della neuropsichiatra
e della psicologa; è prevista rivalutazione
ogni 6 mesi.
• Valutazione del Profilo Educativo
Personalizzato (Shopler et al., 1980);
è prevista una rivalutazione ogni 12
mesi.
• Compilazione da parte delle educatrici
professionali della Scala di
Valutazione Funzionale di Venuti et
coll.(2003) e del Questionario sullo
sviluppo del gioco (Beyer e
Gammeltoft, 2000); è prevista rivalutazione
ogni 6 mesi.
Descrizione degli strumenti
La Child Autism Rating Scale si basa
sulla compilazione di 15 item che
riguardano sintomi propri dei disturbi
dello spettro autistico. Dopo un’osservazione
semistrutturata del bambino
(in presenza di un educatore o dei genitori)
della durata di 30 minuti circa,
viene dato un punteggio da 1 a 4 a
seconda della gravità crescente del sintomo
riscontrato.
La Scheda osservativa per la valutazione
delle funzioni di base nei soggetti
autistici esplora 15 aree di funzionamento
(più una che nel nostro caso
non abbiamo utilizzato, in quanto
esplora le tappe principali dello sviluppo
posturo-motorio già indagate nel
corso della raccolta anamnestica).
L’educatrice al termine di un periodo di
trattamento di circa 6 mesi attribuisce
dei punteggi per i vari item di ciascuna
area da 1 a 4 con gravità decrescente.
Nelle nostre analisi per ogni area è
stato ottenuto un valore medio dei
punteggi per ogni item.
Il questionario per l’osservazione del
gioco esplora la presenza/assenza di
competenze che possono emerg e re in
un contesto di gioco individuale del
bambino o con un adulto. Compilato
dall’educatrice, consente di avere un
punteggio totale sulla base delle presenza/assenza di un certo comportamento.
Risultati
Scheda osservativa per la
valutazione delle funzioni di
base nei soggetti autistici.
Nel gruppo dei piccoli si evincono:
• Un costante miglioramento nelle
aree della motricità generale, della
imitazione, del mantenere un contatto
nell’ambiente popolato, anche
senza interagire, dell’autonomia
personale.
• Un miglioramento che è iniziato dal
secondo semestre di trattamento
nelle aree della attenzione (interesse
per attività e tenuta attentiva), della
deambulazione (organizzazione e
p rogrammazione del cammino),
dell’associazione (integrazionecoordinazione
di più attività nello
stesso momento) della comunicazione
e linguaggio, della regolazione.
• Un andamento più fluttuante
(migliorativo e poi peggiorativo)
nelle aree della percezione (integrazione
delle diverse sensazioni), della
intenzionalità, dell’istintualità.
Ci sono infine delle aree che mantengono
una certa compromissione e che
sono le aree della sensorialità, della
emotività, dell’interazione.
Nel gruppo dei grandi si evincono:
• Un costante miglioramento nelle
aree dell’intenzionalità, dell’imitazione, dell’interazione, della comunicazione
e del linguaggio, nell’autonomia
personale.
• Un andamento più fluttuante
(migliorativo e poi peggiorativo)
nelle aree della sensorialità, della
percezione (integrazione delle diverse
sensazioni), attenzione (interesse
per attività e tenuta attentiva), della
motricità generale, della deambulazione
(organizzazione e programmazione
del cammino), dell’associazione
(integrazione-coordinazione
di più attività nello stesso
momento) del contatto, dell’istintualità,
della regolazione.
Child Autism Rating Scale
Secondo alcuni riferimenti presenti in
letteratura (Rogers, 1994) i 15 item che
costituiscono la Scale possono essere
suddivisi in 3 grandi aree, che rispecchiano
i 3 aspetti di compromissione
funzionale dei soggetti con DSA, e cioè
l’area della compromissione sociale
(item I: relazione con l’altro; II: imitazione;
IV: uso del corpo; V: uso degli
oggetti; VII: risposta visiva; XI: comunicazione
verbale; XII: comunicazione
non verbale; XIII: livello di attività;
XIV: livello e uniformità delle pre s t azioni
intellettive; XV: impressione
generale); l’area delle anomalie emozionali
(item III: risposta emozionale;
VI: adattamento al cambiamento; X:
paura e nervosismo); l’area della risposta
sensoriale disturbata (item VII:
risposta visiva; VIII: risposta uditiva,
IX: risposta ad ed uso di gusto, olfatto e
tatto; n.b.: l’item VII rientra sia nel
primo che nel terzo raggruppamento).
Per quel che riguarda la valutazione
della gravità dei sintomi autistici è visibile
un miglioramento generale in
entrambi i gruppi .
Nel gruppo dei piccoli l’area che
mostra un miglioramento già nei primi
6 mesi di trattamento è quella della
compromissione sociale. Anche nei
secondi 6 mesi permane una tendenza
al miglioramento, ma meno visibile.
L’area delle anomalie emozionali, ossia
della difficoltà a modulare gli stati
emotivi e della loro adeguatezza al contesto,
mostra un miglioramento, ma a
partire dai secondi 6 mesi di trattamento.
Solo l’area dei comportamenti ripetitivi
mostra un andamento oscillante nel primo anno di trattamento.
Nel gruppo dei grandi si ripete, sebbene
con diff e renze più evidenti, l’andamento
migliorativo nell’area della
compromissione sociale, così come
pure per l’area delle anomalie emozionali.
Questionario sullo sviluppo del
gioco
Nel gruppo dei piccoli migliorano l’int
e resse per il materiale ludico con cui il
bambino esegue semplici sequenze
funzionali e rappresentative accettando
anche l’intervento dell’adulto con
cui instaura momenti di reciprocità.
L’imitazione e il gioco di “far finta”
vero e proprio ancora non decollano.
Nel gruppo dei grandi si evincono
miglioramenti statisticamente significativi:
il gioco libero migliora significativamente
sul piano statistico, tende a dare spazio a un semplice gioco di “far
finta”, quindi più evoluto, e viene
accettato anche l’intervento dell’adulto
con cui non solo il bambino realizza
scambi rec iproci, ma anche sequenze
di imitazione. L’imitazione, come già
ricordato parlando delle funzioni di
base, è una funzione che favorisce l’attività
mentale e la crescita cognitiva.
Discussioni
Per quel che riguarda i risultati dello
studio di follow-up (Fenske, 1985,
Anderson, 1987) è necessario premettere
che dati di letteratura su studi di
“efficacia” di un certo tipo di trattamento
confermano che per ottenere
differenze statisticamente significative
da un tempo a uno successivo, devono
essere considerati intervalli ampi (da
12 a 18 mesi). Questo è dovuto al fatto
che, soprattutto in età evolutiva, un
miglioramento visibile è solo la conclusione
di un processo interiore nella cui
realizzazione intervengono fattori
costituzionali congeniti, fattori legati
alla gravità del disturbo, fattori
ambientali e fattori inerenti al tipo di
trattamento effettuato.
L’evoluzione delle varie funzioni risente
sia dell’età dei bambini, sia del tipo
di disturbo, sia della durata e del tipo di
trattamento. Esistono delle funzioni
che risentono subito di un intervento
intensivo, costante e finalizzato alla
integrazione delle diverse funzioni del bambino. Sin dall’inizio del trattamento
i bambini risultano più “presenti”
nell’ambiente, osservano e imitano,
anche se le iniziative relazionali sono
rare; hanno anche una maggiore consapevolezza
dello spazio diventando in
grado di programmare e finalizzare il
loro movimento. Una maggiore consapevolezza
del cosiddetto Sé corpore o
aiuta sicuramente lo sviluppo di una
maggiore autonomia personale.
Tale evoluzione crea la strada a miglioramenti
che necessitano di un intervento
prolungato nel tempo per realizzarsi.
Un bambino più presente nell’ambiente
è un bambino che diventerà
più attento agli stimoli presentati,
alle indicazioni fornite per la risoluzione
di un compito. Un bambino che
imita sarà in grado, su esempio dell’adulto,
di coordinare meglio più funzioni
(occhio-mano, udito e vista). Potrà conoscere meglio l’ambiente e regolare
meglio le sue risposte agli stimoli da
esso provenienti. Una delle caratteristiche
dei disturbi dello spettro autistico è
data anche dall’andamento fluttuante
dello sviluppo. Una competenza che
sembra acquisita, scompare dal funzionamento
di un bambino per un po’ di
tempo per poi ricomparire, forse in un
momento di maggiore tranquillità e
serenità del bambino stesso. Questo
avviene in particolare per la capacità di
integrare le diverse funzioni e per l’intenzionalità
che sta dietro alla ricerca
di interazione, al “voler stare con l’altro
o a volere esercitare un effetto su un
oggetto”.
Purtroppo permane, anche se con qualche
miglioramento, la compromissione
in quelle funzioni che costituiscono
il nucleo di questi disturbi, e cioè la
capacità di mantenere una relazione significativa e l’interesse per stimoli
sensoriali (per il rumore di certi oggetti,
per certi stimoli visivi). Una precisazione:
i bambini sono in grado di cre are
delle relazioni significative all’interno
del Centro, sia con gli operatori che
coi bambini. Ricercano certi compagni,
ne provocano e ne evitano altri, ma tali
situazioni non sempre sono estese ad
altri contesti. Questo è uno dei prossimi
obiettivi.
L’età di valutazione incide sulle funzioni
che più risentono del trattamento. I
bambini del gruppo dei grandi hanno
già fatto un percorso riabilitativo individuale
e questo fa sì che l’intenzionalità,
l’interazione, la comunicazione
presentino sin da subito un certo
miglioramento. Questo ci fa sperare
che anche per quel che riguarda il
gruppo dei piccoli queste funzioni, che
hanno un andamento più fluttuante o
costantemente deficitario, abbiano un
buon potenziale di sviluppo. Anche nel
gruppo dei grandi come in quello dei
piccoli, l’autonomia e l’imitazione risentono subito dell’intervento integrato
(Campbell, 1996, Roers, 1996).
Le funzioni che invece hanno un andamento
fluttuante sono più numerose
rispetto al gruppo dei piccoli e riguardano
in generale la capacità di integrare i
diversi canali sensoriali, di programmare
l’attività motoria, di mantenere l’attenzione
ai vari stimoli e di modulare
gli stati affettivi. Una spiegazione può
essere data dalla diversa epoca di sviluppo
rappresentata da questi bambini,
un epoca in cui avvengono i cambiamenti
della pubertà e in cui il quadro
clinico rispecchia le evoluzioni possibili,
ipotizzate anche in letteratura, dei
disturbi dello spettro autistico.
Per quel che riguarda l’andamento dei
sintomi valutati con la CARS nel gru ppo
dei piccoli vengono confermati i
dati ottenuti dalla Scheda di Venuti e
coll. a proposito delle funzioni di regolazione
e della emotività. L’andamento
discontinuo dei comportamenti ripetitivi
potrebbe essere dovuto al fatto che
questi sono più sensibili ai vari stati emotivi del bambino, ai cambiamenti
nella sua quotidianità (cambio/interruzione
della scuola, fasi di crescita fisiologiche)
e risaltano più di altri aspetti.
Nel gruppo dei grandi l’area dei comportamenti
ripetitivi mostra un costante
miglioramento, a dimostrare che
forse i bambini più grandi, vuoi per
una maggiore capacità di interiorizzare
certi cambiamenti, adattandovisi più
facilmente, non hanno quelle reazioni
comportamentali mostrate dai più piccoli.
La differenza di questo dato rispetto
alla Scheda di Venuti e coll. potrebbe
essere dovuta al fatto che questa
ultima valuta la frequenza con cui una
funzione adeguata è presente (ricordiamo amo
tanto più alto è il punteggio tanto
più frequente è la funzione nella sua
adeguatezza), mentre la CARS valuta la
gravità di un sintomo (cioè un segno di
per sé negativo).
In sintesi sembra che le aree che prima
risentono del trattamento siano quella
dell’interazione e in seguito quella
della sensorialità. In effetti una migliore
integrazione tra i canali sensoriali,
con la programmazione motoria e la
modulazione emotiva, può realizzarsi
solo quando il bambino accetta l’interazione,
la socializzazione, la relazione
con un operatore che diventa il suo
contenitore e filtro delle varie esperienze.
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|
A
cura di: |
Antonella Pitanti - Unità Funzionale Salute Mentale Infanzia e Adolescenza
Chiara Canali - U.O. di Neuropsichiatria Infantile
Alessia Cesari - Az.ASL1 di Massa Carrara |
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