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Spazio riabilitazione

Premio Sapio per la Ricerca Italiana Edizione 2005



 
I primi risultati dell’attività di riabilitazione attuata presso il Centro Integrato per il Trattamento dei Disturbi dello Spettro Autistico dell’Unità Funzionale Salute Mentale Infanzia e Adolescenza di Massa e Carrara.

Breve cornice teorica sul concetto di Disturbi dello Spettro Autistico (basi eziopatogenetiche e loro implicazioni nel trattamento)

I Disturbi Pervasivi dello Sviluppo (DPS), attualmente meglio definiti come Disturbi dello Spettro Autistico (DSA), rappresentano uno dei quadri psicopatologici più invalidanti di tutta l’età evolutiva per le gravi conseguenze sullo sviluppo delle competenze cognitive, affettive e relazionali del bambino.

Tale raggruppamento psicopatologico, è costituito da sindromi caratterizzate da:
• anomalie qualitative delle interazioni sociali;
• anomalie qualitative delle modalità di comunicazione;
• repertorio limitato, stereotipato, ripetitivo di interessi e di attività.

Queste anormalità sono una caratteristica preminente del funzionamento dell’individuo in tutte le situazioni, seppur con grado diverso e con un esordio entro i primi 3 anni di vita (DSM-IV, 1994, ICD-10, 1993).

Le basi eziopatogenetiche ipotizzate sono varie e tutte collegate a precise modalità di intervento riabilitativo. Le cause vere e proprie sono da imputare all’interazione tra fattori geneticicostituzionali e fattori ambientali.

In alcuni casi le sindromi sono associate e/o secondarie ad una malattia d’interesse medico (spasmi infantili, sclerosi tuberosa, anomalie cromosomiche), ma la sindrome deve essere diagnosticata sulla base delle caratteristiche del comportamento, indipendentemente dalla presenza/assenza di una condizione associata. Poiché il ritardo mentale non è una caratteristica costantemente presente, è importante che, quando esso si manifesta, venga codificato separatamente (Charman, 2002). Le strutture/substrati neurobiologici interessati sono vari: in realtà si ipotizza “un’organizzazione neuronale diff usamente alterata”. Tali aspetti determinano un’alterazione di meccanismi di funzionamento mentale su cui interviene il piano riabilitativo.

Tra i meccanismi alterati ne ricordiamo solo alcuni:
• la teoria della mente, ossia quella capacità dell’individuo di “mettersi nei panni dell’altro, essendo consapevole dell’esistenza di altre persone pensanti (Frith, 1999);
• l’attenzione condivisa (Mundy, 1997);
• la percezione dei volti (Pelphre y, 2002);
• il funzionamento sensoriale (Gre e nspan, 1999), che coinvolge le abilità di integrazione tattile, uditiva, visiva e di programmazione motoria.

Più da recente si ipotizza che l’interazione delle varie cause (genetiche e ambientali) e l’alterazione di determ inati circuiti siano alla base, nel soggetto con DSA, di una difficoltà (ad esordio più o meno precoce) nell’“integrazione” di vari input sensoriali (vista, tatto, udito), o di quelli che sono alla base dello sviluppo di abilità di programmazione motoria, o ancora di quelli che predispongono l’individuo alla costruzione di relazioni con l’altro.

Riteniamo infatti che i bambini autistici, che vivono in un mondo ancorato alla sensorialità degli oggetti, senza un apparato mentale per elaborare i pensieri che li aiutino a interpretare la realtà, abbiano bisogno di una dimensione terapeutica che li avvii a quelle interazioni necessarie alla formazione di una conoscenza implicita e di una intersoggettività primaria senza la quale non possono approdare ad un’intersoggettività secondaria (Trevarthen, 2001). La gravità del quadro clinico dipende pertanto dalla diversa intensità del suddetto “smantellamento sensoriale” che tende ad essere l’elemento più caratteristico di questi disturbi a tutte le età.

Le strategie di intervento
La letteratura riguardante gli interventi riabilitativi sui Disturbi dello Spettro autistico (Repossi, 2003) riporta che i fattori determinanti l’azione terapeutica sono pertanto rappresentati da:
• intervento precoce, intensivo e integrato;
• le attività “materne” complementari, ossia la possibilità di creare un rapporto che vada oltre al cerchio relazionale ripetitivo che si è creato nella famiglia di un bambino con disturbo dello spettro autistico. Un cerchio caratterizzato da un lato dalla negazione difensiva da parte del genitore delle reali difficoltà del figlio, da una altro dall’adattamento totale delle routines familiari alle esigenze del figlio stesso;
• la funzione educativa, ossia la possibilità di aiutare il bambino a cre are delle relazioni e ad acquisire una o rganizzazione e un’identità stabili. Tali obiettivi possono essere raggiunti solo con l’intervento di programmazione e supervisione da parte di personale specializzato (neuropsichiatri e psicologi). Il trattamento dovrà pertanto essere finalizzato a instaurare nel bambino un senso di sé e dello stare con l’altro non tanto a cre a re una socializzazione fine a sé stessa;
• l’intervento - attraverso i figli - sui genitori. Il lavoro coi gruppi dei genitori è importante nella misura in cui lo specialista assumerà un atteggiamento di partecipazione e supporto, che conduca a capire le modalità messe in atto per far fro nte allo stress e al dolore subito. L’alleanza coi genitori può essere costruita sul presente, sulla spiegazione del comportamento attuale, su quello che è possibile fare per conoscere la situazione del soggetto in casa e fuori;
• la possibilità di poter integrare diversi interventi su diverse aree di funzionamento del bambino (da quella emotiva a quella psicomotoria, vedere sopra);
• la creazione di una ambiente ecologico in cui i bambini possano “apprendere dall’esperienza, fare proprie le sensazioni e i contenuti che caratterizzano l’esperienza e migliorare la loro capacità adattiva in altri ambienti diversi da quello di trattamento”. L’intervento psicoeducativo relazionale integrato, che costituisce il punto di partenza del progetto sperimentale per la creazione del “Centro integrato per il trattamento dell’autismo infantile”, prende spunto da un modello fornito da anni di lavoro con la patologia autistica. Proprio dalla complessità di tale fenomeno emerge la necessità di lavorrelazione reciproca senza provocare angoscia. L’intervento si propone di sviluppare e/o potenziare le predisposizioni stru tturali e funzionali che attivano le interazioni e la crescita mentale a tutte le età. A tal fine è necessario che si crei un lavoro multidisciplinare con obiettivi diversi, ma integrati a livello riabilitativo, scolastico e familiare; la diffusione a re su più fronti: educativo, riabilitativo e terapeutico. La caratteristica principale di questo modello di intervento è la fluidità dei percorsi che vengono proposti e l'adattamento della terapia all’individualità del soggetto autistico e al suo contesto familiare, scolastico, ambientale, con il fine di supportare lo sviluppo emotivo e relazionale. Una mente empatica sollecita, stimola, richiama il bambino ad un’interazione e attraverso una ridefinizione e risignificazione della sensorialità e del movimento può aiutarlo a costruirsi uno spazio mentale dove sé e non sé possono formarsi, confrontarsi, entrare in della conoscenza del disturbo deve favorire una più adeguata strategia di approccio dello stesso. Abbiamo così ritenuto che un modello di intervento di tipo educativo a valenza relazionale, condotto da educatori appositamente formati, secondo un’ottica relazionale, arricchita da approcci cognitivi e regole comportamentali, fosse quello più adatto per lo sviluppo dei nostri bambini. Il trattamento dei soggetti con DSA parte da un lavoro osservativo e diagnostico che permette di individuare le aree che funzionano e le competenze possedute dal soggetto.

I primi risultati dell’attività presso il Centro Integrato per il Trattamento dei Disturbi dello Spettro Autistico presso l’UFSMIA di Massa e Carrara (Gennaio - Luglio 2004)
All’interno della Zona Apuana sono stati registrati 67 bambini con diagnosi di Sindrome da alterazione globale dello sviluppo psicologico secondo i criteri suddetti e per i quali sono stati p rogrammati, nel tempo, percorsi riabilitativi basati su interventi di stimolazione globale che prevedono trattamento logopedico e/o psicomotorio a valenza relazionale e/o psicoeducativo, effettuati individualmente o in piccolo gruppo. A Gennaio 2004 la prevalenza sui pazienti in carico presso l’Unità Funzionale Salute Mentale Infanzia Adolescenza di bambini con diagnosi di DSA è di 19 su 10.000. Di tutti questi soggetti ne sono stati selezionati 9 sulla base di 2 criteri principali:
• una certa gravità del quadro clinico (maggiore rispetto ad altri) e per i quali potevano considerarsi conclusi i primi percorsi riabilitativi;
• mancato raggiungimento degli obiettivi fissati all’inizio di un primo intervento riabilitativo, considerato pertanto poco efficace;
• il numero minimo di personale impiegato nei nuovi piani riabilitativi all’interno del “progetto sperimentale”. I bambini sono stati distribuiti in 2 gruppi che siamo soliti chiamare "gruppo di piccoli" (gruppo P) e "gruppo dei grandi" (gruppo G). Tale suddivisione è dovuta alla necessità di differenziare 2 fasce di età (5-8 anni e 11-13) che dal punto di vista della maturazione org anica, in particolare neuroendocrina, e psicologica, forniscono 2 diverse finestre di intervento mirato all’integrazione di varie funzioni e alla riduzione dello “smantellamento sensoriale”.

Materiali e metodi Campioni
Il gruppo dei piccoli (gruppo P) è costituito da: 4 bambini, 3 maschi e 1 femmina, di età media alla I consultazione specialistica pari a 2 anni e 2 mesi. Dopo un periodo di inquadramento psicodiagnostico, funzionale ed eziopatogenetico tutti i bambini hanno ricevuto una diagnosi di “S.me da alterazione globale dello sviluppo psicologico ” in particolare di “disturbo autistico”. Di questi bambini: 4 hanno effettuato un trattamento psicomotorio per almeno 2 anni (inizialmente individuale, poi in piccolo gruppo), 1 ha effettuato un trattamento logopedico. In tutti i casi gli interventi erano focalizzati a potenziare le competenze comunicative e interattive, ma soprattutto l’interesse a stabilire una relazione con l’altro. Una volta raggiunti determinati obiettivi fissati per ciascun bambino si è presentata la necessità di un intervento maggiormente integrato.
Un solo bambino effettua un trattamento psicofarmacologico con un modulatore del tono dell’umore (valproato di sodio). L’età media di ingre sso al Centro è di 6 anni e 6 mesi. Anche i bambini di questo gruppo dopo un periodo di inquadramento psicodiagnostico, funzionale ed eziopatogenetico hanno ricevuto una diagnosi di “S.me da alterazione globale dello sviluppo psicologico”, in particolare di “disturbo autistico”. Di questi bambini: 1 ha effettuato e concluso un trattamento psicopedagogico a versante relazionale (su modalità simili a quelle utilizzate dal Centro) presso altra struttura, 2 hanno eseguito trattamento psicomotorio e un intervento individuale psicoeducativo. Tutti i ragazzi seguono un trattamento psicofarmacologico con neurolettico atipico (olanzapina o risperidone). L’età media di ingresso al Centro è di 11 anni e 8 mesi. Al momento dell’ingresso al Centro tutti i bambini sono sottoposti ad una rivalutazione psicodiagnostica iniziale attraverso un’intervista diagnostica ai genitori da parte della neuropsichiatra al fine di confermare in modo sistematico la diagnosi iniziale. I bambini sono stati poi rivalutati sul piano dello sviluppo cognitivo attraverso test psicometrici (scale Wechsler, Leiter International Perf o rmance Scale).
E’opportuno segnalare che ad una prima valutazione dello sviluppo cognitivo è stato applicato nella quasi totalità dei casi (sia nel gruppo dei piccoli che in quello dei grandi ) un test che esamina le competenze cognitive non verbali. Tale scelta è stata condizionata dalla scarsa disponibilità a certe consegne che i bambini con questo tipo di disturbo presentano e non tanto ad un problema specifico linguistico, seppure siano costantemente presenti un ritardo di sviluppo di quest’ultima competenza e/o di come venga utilizzata. In particolare nel gruppo P: 1 bambino presenta uno sviluppo cognitivo nella norma, 2 bambini un lieve ritardo, 1 bambino un ritardo medio. Nel gruppo G: 1 bambino valutato con test verbale presenta un ritardo lieve, 3 bambini un medio ritardo, 1 bambino infine è stato valutato attraverso indicatori cognitivi indiretti e presenta un ritardo grave.

Procedure
In questo primo anno di trattamento è stato deciso di pro c e d e re nella valutazione e follow-up a 6 e a 12 mesi dei bambini come segue:
• Osservazione semistrutturata del bambino e compilazione della Child Autism Rating Scale (Shopler, 1986) da parte della neuropsichiatra e della psicologa; è prevista rivalutazione ogni 6 mesi.
• Valutazione del Profilo Educativo Personalizzato (Shopler et al., 1980); è prevista una rivalutazione ogni 12 mesi.
• Compilazione da parte delle educatrici professionali della Scala di Valutazione Funzionale di Venuti et coll.(2003) e del Questionario sullo sviluppo del gioco (Beyer e Gammeltoft, 2000); è prevista rivalutazione ogni 6 mesi.

Descrizione degli strumenti
La Child Autism Rating Scale si basa sulla compilazione di 15 item che riguardano sintomi propri dei disturbi dello spettro autistico. Dopo un’osservazione semistrutturata del bambino (in presenza di un educatore o dei genitori) della durata di 30 minuti circa, viene dato un punteggio da 1 a 4 a seconda della gravità crescente del sintomo riscontrato. La Scheda osservativa per la valutazione delle funzioni di base nei soggetti autistici esplora 15 aree di funzionamento (più una che nel nostro caso non abbiamo utilizzato, in quanto esplora le tappe principali dello sviluppo posturo-motorio già indagate nel corso della raccolta anamnestica). L’educatrice al termine di un periodo di trattamento di circa 6 mesi attribuisce dei punteggi per i vari item di ciascuna area da 1 a 4 con gravità decrescente. Nelle nostre analisi per ogni area è stato ottenuto un valore medio dei punteggi per ogni item. Il questionario per l’osservazione del gioco esplora la presenza/assenza di competenze che possono emerg e re in un contesto di gioco individuale del bambino o con un adulto. Compilato dall’educatrice, consente di avere un punteggio totale sulla base delle presenza/assenza di un certo comportamento.

Risultati
Scheda osservativa per la valutazione delle funzioni di base nei soggetti autistici. Nel gruppo dei piccoli si evincono:
• Un costante miglioramento nelle aree della motricità generale, della imitazione, del mantenere un contatto nell’ambiente popolato, anche senza interagire, dell’autonomia personale.
• Un miglioramento che è iniziato dal secondo semestre di trattamento nelle aree della attenzione (interesse per attività e tenuta attentiva), della deambulazione (organizzazione e p rogrammazione del cammino), dell’associazione (integrazionecoordinazione di più attività nello stesso momento) della comunicazione e linguaggio, della regolazione.
• Un andamento più fluttuante (migliorativo e poi peggiorativo) nelle aree della percezione (integrazione delle diverse sensazioni), della intenzionalità, dell’istintualità. Ci sono infine delle aree che mantengono una certa compromissione e che sono le aree della sensorialità, della emotività, dell’interazione. Nel gruppo dei grandi si evincono:
• Un costante miglioramento nelle aree dell’intenzionalità, dell’imitazione, dell’interazione, della comunicazione e del linguaggio, nell’autonomia personale.
• Un andamento più fluttuante (migliorativo e poi peggiorativo) nelle aree della sensorialità, della percezione (integrazione delle diverse sensazioni), attenzione (interesse per attività e tenuta attentiva), della motricità generale, della deambulazione (organizzazione e programmazione del cammino), dell’associazione (integrazione-coordinazione di più attività nello stesso momento) del contatto, dell’istintualità, della regolazione.

Child Autism Rating Scale
Secondo alcuni riferimenti presenti in letteratura (Rogers, 1994) i 15 item che costituiscono la Scale possono essere suddivisi in 3 grandi aree, che rispecchiano i 3 aspetti di compromissione funzionale dei soggetti con DSA, e cioè l’area della compromissione sociale (item I: relazione con l’altro; II: imitazione; IV: uso del corpo; V: uso degli oggetti; VII: risposta visiva; XI: comunicazione verbale; XII: comunicazione non verbale; XIII: livello di attività; XIV: livello e uniformità delle pre s t azioni intellettive; XV: impressione generale); l’area delle anomalie emozionali (item III: risposta emozionale; VI: adattamento al cambiamento; X: paura e nervosismo); l’area della risposta sensoriale disturbata (item VII: risposta visiva; VIII: risposta uditiva, IX: risposta ad ed uso di gusto, olfatto e tatto; n.b.: l’item VII rientra sia nel primo che nel terzo raggruppamento). Per quel che riguarda la valutazione della gravità dei sintomi autistici è visibile un miglioramento generale in entrambi i gruppi . Nel gruppo dei piccoli l’area che mostra un miglioramento già nei primi 6 mesi di trattamento è quella della compromissione sociale. Anche nei secondi 6 mesi permane una tendenza al miglioramento, ma meno visibile. L’area delle anomalie emozionali, ossia della difficoltà a modulare gli stati emotivi e della loro adeguatezza al contesto, mostra un miglioramento, ma a partire dai secondi 6 mesi di trattamento. Solo l’area dei comportamenti ripetitivi mostra un andamento oscillante nel primo anno di trattamento. Nel gruppo dei grandi si ripete, sebbene con diff e renze più evidenti, l’andamento migliorativo nell’area della compromissione sociale, così come pure per l’area delle anomalie emozionali.

Questionario sullo sviluppo del gioco
Nel gruppo dei piccoli migliorano l’int e resse per il materiale ludico con cui il bambino esegue semplici sequenze funzionali e rappresentative accettando anche l’intervento dell’adulto con cui instaura momenti di reciprocità. L’imitazione e il gioco di “far finta” vero e proprio ancora non decollano. Nel gruppo dei grandi si evincono miglioramenti statisticamente significativi: il gioco libero migliora significativamente sul piano statistico, tende a dare spazio a un semplice gioco di “far finta”, quindi più evoluto, e viene accettato anche l’intervento dell’adulto con cui non solo il bambino realizza scambi rec iproci, ma anche sequenze di imitazione. L’imitazione, come già ricordato parlando delle funzioni di base, è una funzione che favorisce l’attività mentale e la crescita cognitiva.



Discussioni
Per quel che riguarda i risultati dello studio di follow-up (Fenske, 1985, Anderson, 1987) è necessario premettere che dati di letteratura su studi di “efficacia” di un certo tipo di trattamento confermano che per ottenere differenze statisticamente significative da un tempo a uno successivo, devono essere considerati intervalli ampi (da 12 a 18 mesi). Questo è dovuto al fatto che, soprattutto in età evolutiva, un miglioramento visibile è solo la conclusione di un processo interiore nella cui realizzazione intervengono fattori costituzionali congeniti, fattori legati alla gravità del disturbo, fattori ambientali e fattori inerenti al tipo di trattamento effettuato. L’evoluzione delle varie funzioni risente sia dell’età dei bambini, sia del tipo di disturbo, sia della durata e del tipo di trattamento. Esistono delle funzioni che risentono subito di un intervento intensivo, costante e finalizzato alla integrazione delle diverse funzioni del bambino. Sin dall’inizio del trattamento i bambini risultano più “presenti” nell’ambiente, osservano e imitano, anche se le iniziative relazionali sono rare; hanno anche una maggiore consapevolezza dello spazio diventando in grado di programmare e finalizzare il loro movimento. Una maggiore consapevolezza del cosiddetto Sé corpore o aiuta sicuramente lo sviluppo di una maggiore autonomia personale. Tale evoluzione crea la strada a miglioramenti che necessitano di un intervento prolungato nel tempo per realizzarsi. Un bambino più presente nell’ambiente è un bambino che diventerà più attento agli stimoli presentati, alle indicazioni fornite per la risoluzione di un compito. Un bambino che imita sarà in grado, su esempio dell’adulto, di coordinare meglio più funzioni (occhio-mano, udito e vista). Potrà conoscere meglio l’ambiente e regolare meglio le sue risposte agli stimoli da esso provenienti. Una delle caratteristiche dei disturbi dello spettro autistico è data anche dall’andamento fluttuante dello sviluppo. Una competenza che sembra acquisita, scompare dal funzionamento di un bambino per un po’ di tempo per poi ricomparire, forse in un momento di maggiore tranquillità e serenità del bambino stesso. Questo avviene in particolare per la capacità di integrare le diverse funzioni e per l’intenzionalità che sta dietro alla ricerca di interazione, al “voler stare con l’altro o a volere esercitare un effetto su un oggetto”. Purtroppo permane, anche se con qualche miglioramento, la compromissione in quelle funzioni che costituiscono il nucleo di questi disturbi, e cioè la capacità di mantenere una relazione significativa e l’interesse per stimoli sensoriali (per il rumore di certi oggetti, per certi stimoli visivi). Una precisazione: i bambini sono in grado di cre are delle relazioni significative all’interno del Centro, sia con gli operatori che coi bambini. Ricercano certi compagni, ne provocano e ne evitano altri, ma tali situazioni non sempre sono estese ad altri contesti. Questo è uno dei prossimi obiettivi. L’età di valutazione incide sulle funzioni che più risentono del trattamento. I bambini del gruppo dei grandi hanno già fatto un percorso riabilitativo individuale e questo fa sì che l’intenzionalità, l’interazione, la comunicazione presentino sin da subito un certo miglioramento. Questo ci fa sperare che anche per quel che riguarda il gruppo dei piccoli queste funzioni, che hanno un andamento più fluttuante o costantemente deficitario, abbiano un buon potenziale di sviluppo. Anche nel gruppo dei grandi come in quello dei piccoli, l’autonomia e l’imitazione risentono subito dell’intervento integrato (Campbell, 1996, Roers, 1996). Le funzioni che invece hanno un andamento fluttuante sono più numerose rispetto al gruppo dei piccoli e riguardano in generale la capacità di integrare i diversi canali sensoriali, di programmare l’attività motoria, di mantenere l’attenzione ai vari stimoli e di modulare gli stati affettivi. Una spiegazione può essere data dalla diversa epoca di sviluppo rappresentata da questi bambini, un epoca in cui avvengono i cambiamenti della pubertà e in cui il quadro clinico rispecchia le evoluzioni possibili, ipotizzate anche in letteratura, dei disturbi dello spettro autistico. Per quel che riguarda l’andamento dei sintomi valutati con la CARS nel gru ppo dei piccoli vengono confermati i dati ottenuti dalla Scheda di Venuti e coll. a proposito delle funzioni di regolazione e della emotività. L’andamento discontinuo dei comportamenti ripetitivi potrebbe essere dovuto al fatto che questi sono più sensibili ai vari stati emotivi del bambino, ai cambiamenti nella sua quotidianità (cambio/interruzione della scuola, fasi di crescita fisiologiche) e risaltano più di altri aspetti. Nel gruppo dei grandi l’area dei comportamenti ripetitivi mostra un costante miglioramento, a dimostrare che forse i bambini più grandi, vuoi per una maggiore capacità di interiorizzare certi cambiamenti, adattandovisi più facilmente, non hanno quelle reazioni comportamentali mostrate dai più piccoli. La differenza di questo dato rispetto alla Scheda di Venuti e coll. potrebbe essere dovuta al fatto che questa ultima valuta la frequenza con cui una funzione adeguata è presente (ricordiamo amo tanto più alto è il punteggio tanto più frequente è la funzione nella sua adeguatezza), mentre la CARS valuta la gravità di un sintomo (cioè un segno di per sé negativo). In sintesi sembra che le aree che prima risentono del trattamento siano quella dell’interazione e in seguito quella della sensorialità. In effetti una migliore integrazione tra i canali sensoriali, con la programmazione motoria e la modulazione emotiva, può realizzarsi solo quando il bambino accetta l’interazione, la socializzazione, la relazione con un operatore che diventa il suo contenitore e filtro delle varie esperienze.

Bibliografia
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A cura di:
Antonella Pitanti - Unità Funzionale Salute Mentale Infanzia e Adolescenza

Chiara Canali - U.O. di Neuropsichiatria Infantile
Alessia Cesari - Az.ASL1 di Massa Carrara

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