Fortemente influenzato dalla cultura dell’immateriale
che presiede alla nuova società
della conoscenza e che tende a sostituire
alla produzione di beni tradizionali quella
dei servizi ad alta specializzazione, questo
processo si pone all’origine della cosiddetta
meta-città, realtà duttile e complessa capace
di collegare, grazie alle nuove tecnologie,
elementi fisicamente distanti interpretando
il territorio come continuum ubiquitariamente
antropizzato.
Le strategie che ne
determinano lo sviluppo vedono ormai,
come fattore imprescindibile, la sostenibilità,
resa possibile solo dalla concertazione
degli interventi tra i vari attori, pubblici e
privati, chiamati a bilanciare conservazione
e innovazione, salvaguardia ambientale ed
esigenze tecnologico-infrastrutturali.
Si tratta di un radicale mutamento che ha investito anche il concetto di paesaggio
e di paesaggio urbano. Secondo
un’accezione fatta propria dal nuovo
Codice per i Beni Culturali, al paesaggio
appare, infatti, sempre più associato
un giudizio di valore di carattere
etico, che esprime la consapevolezza
di come tutto ciò che è stato prodotto,
costruito e modificato dall’uomo sia
testimonianza di storia e di cultura.
In un contesto, però, in cui il progresso
e l’adeguamento logistico e infrastrutturale
richiedono l’appropriazione
di ulteriori vasti brandelli di territorio,
l’esigenza di un innalzamento
complessivo della qualità della vita
pone tra le sue strategie prioritarie le
attività di riconversione e riqualificazione,
capaci di raccogliere la sfida
lanciata nel 2000 dalla Convenzione
Europea di Firenze: la creazione, cioè,
di nuovi paesaggi in aree compromesse
e degradate, che consentano di traslare
dal concetto troppo restrittivo di
tutela a quello di una vera e propria
pianificazione paesaggistica capace di
risanare lacune e ferite.
In questo contesto, la Regione del
Veneto ha accolto - per prima in Italia
- le indicazioni del nuovo Codice per
i Beni Culturali e il Paesaggio, proponendo
la redazione di uno strumento
pianificatorio, con valenza paesaggistica,
che rilegge l’attuale città-regione
grazie al coinvolgimento dei Ministeri
per i Beni e le Attività Culturali e per
l’Ambiente e la Tutela del Territorio e
del Mare.
In questo nuovo quadro generale la
riqualificazione di Porto Marghera
appare uno degli interventi di più
vasto e impegnativo respiro.
Il Piano Strategico elaborato dal
Comune nel 2004 interpreta, infatti,
Venezia come città vocata ad una
dimensione internazionale, in cui la
cultura, il turismo, la formazione, la
ricerca, l’innovazione e la produzione
di servizi devono rendere possibile trasformare
in vantaggi caratteristiche
ambientali e logistiche di assoluta specificità.
In questo contesto, Porto Marghera
diventa il logico polmone di espansione,
oltre che la “porta” verso
quell’Europa dell’Est e dei Balcani con
cui il Veneto ormai da anni intrattiene
continui e proficui rapporti di sinergia,
che si prevede conosceranno ulteriore
incremento dall’istituzione
dell’Euroregione.
Appare, perciò, a questo punto improcrastinabile
la risoluzione dei problemi
che storicamente hanno determinato
il degrado dell’area e riguardano
in primo luogo la chimica, l’idrogeno
e l’inquinamento, secondo una rigorosa
linea di rispetto dell’ambiente e
delle normative internazionali.
La Regione ha a questo scopo attivato,
nel 1997, una speciale Direzione
Progetto Venezia, allo scopo di avviare
un progetto radicale di bonifica in collaborazione
con l’Agenzia regionale
per la prevenzione e protezione
ambientale del Veneto (ARPAV) e in
accordo con Comune, Provincia, Parti
Sociali e Ministeri.
Dopo questa prima fase di risanamento,
la cui fine è prevista per il 2015,
Venezia e il Veneto si troveranno a
disporre di un vastissimo potenziale
urbano, alla cui posizione nevralgica
concorrerà la realizzazione di grandi
opere infrastrutturali come il passante
di Mestre e l’alta velocità.
La salvaguardia di alcune importanti
testimonianze di archeologia industriale
potrà, dunque, andare di pari
passo con una nuova visione d’insieme,
centrata sull’offerta logistica dei
servizi, dell’innovazione, della ricerca
e della cultura, sviluppata in una logica
di rete con le analoghe realtà
dell’Italia settentrionale e dell’Unione
Europea.
In analogia con lo sviluppo delle maggiori
città del mondo, che hanno
conosciuto nuovo slancio dalle politiche
di concertazione pubblico-privato
e da un dinamismo economico a cui
hanno concorso anche l’architettura
di qualità e le nuove frontiere della
scienza e della tecnologia, la visione
che si prospetta è quella di una
dimensione urbana plurale, solidale e
sostenibile; essa sarà caratterizzata da
un mix funzionale in grado di rendere
Porto Marghera non solo nuovo polo
attrattore di risorse economiche, culturali
e umane, ma anche città di residenti
stanziali caratterizzata da un’alta
qualità della vita grazie alla realizzazione
di una moderna edilizia residenziale
e di opportuni spazi pubblici
e polmoni verdi attrezzati.