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Immagine: Titolo Sul risanamento del sito industriale Syndial di Porto Marghera

Dagli anni 50 e fino agli anni 70 lo Stabilimento di Porto Marghera ha sviluppato una serie di processi produttivi che hanno fatto dell’area uno dei più importanti insediamenti industriali d’Europa, nell’ambito della chimica e della petrolchimica. Lo sviluppo dello stabilimento, nato Montedison, si è però fermato negli anni 70 a causa della nota prima crisi del petrolio; da allora si è attivato un processo di razionalizzazione e ridimensionamento delle produzioni che ha imposto alle imprese presenti sul territorio una nuova strategia industriale.



In particolare è nel 1983 che si verifica la prima razionalizzazione dei business e dei relativi assets tra Eni e Montedison. A Porto Marghera questa intesa ha comportato il passaggio da Montedison a Eni degli impianti per la produzione di CVM e PVC.

Successivamente dal 1986 le attività di produzione del CVM e del PVC sono passate alla società EVC ora Ineos. Nel 1989 con la nascita di Enimont si realizza l’unione tra le attività chimiche di Eni e una rilevante parte delle attività del settore chimico di Montedison, con una presenza molto forte nei prodotti della chimica di base e una significativa presenza in altri segmenti della chimica, in particolare negli intermedi, nei poliuretani, nei fertilizzanti e nelle fibre. Gli anni successivi alla nascita di EniMont (poi EniChem) sono stati anni difficili a causa del perdurare di una sfavorevole fase ciclica dell'economia mondiale e della crisi dell'industria chimica europea, che risentiva fortemente sia dello squilibrio tra domanda e offerta determinatasi dopo l'entrata in esercizio di nuove capacità produttive realizzate alla fine degli anni 80, sia delle crescenti importazioni di prodotti provenienti dall'Est Europa e dal Far East.

Sono queste le motivazioni che hanno spinto EniChem a varare nel luglio del 1993 un robusto piano di emergenza/ risanamento, che ha influito significativamente sulla evoluzione degli assetti industriali di Porto Marghera portando in tempi successivi alla chiusura degli impianti di produzione di fertilizzanti, acetici e caprolattame e alla cessione a terzi dei derivati dell’acido cianidrico, delle fibre e dei poliuretani.

Oggi lo stabilimento multisocietario di Porto Marghera rappresenta ancora un punto di riferimento non solo per le aziende della zona, ma anche per tutta la chimica del Nord Italia. Nel sito, oltre agli impianti ex EniChem che sono attualmente gestiti da Syndial (cloro) e da Polimeri Europa (cracking e aromatici), sono presenti numerose altre società. Le principali sono: Ineos, Montefibre, Arkema, Solvay Solexis, Edison e Sapio.

Il complesso occupa una posizione geograficamente strategica. Affacciato sul mare, è al centro di una zona ad altissima densità commerciale, a livello sia nazionale che internazionale.

Inoltre lo stabilimento è dotato di una rete di tubazioni, che permette al suo interno un fitto interscambio di materie prime, prodotti e utilities (vapore, acque, gas tecnici).

La rete di pipeline collega Porto Marghera con gli stabilimenti di Ferrara (95 Km), Mantova (125 Km) e Ravenna (169 Km) ai quali fornisce le materie prime principali (etilene, propilene, benzene, cumene, etilbenzene): una scelta efficace in termini non solo economici, ma anche e soprattutto ambientali, che consente un forte contenimento del traffico marittimo e stradale.

graficaPer valorizzare e rafforzare la competitività di questa filiera produttiva sono stati avviati e poi realizzati interventi di ammodernamento finalizzati al recupero di efficienza del cracking e al consolidamento della capacità produttiva, a bilancio con i fabbisogni degli impianti a valle. Nel 1998 le parti sociali hanno convenuto di attivare, fra gli altri, interventi atti al recupero ambientale dell’area in prospettiva di nuovi sviluppi industriali.

L'accordo di Programma per la chimica di Porto Marghera trova, infatti, la propria motivazione fondamentale nella necessità di rendere l'insediamento industriale compatibile con il contesto territoriale veneziano, attraverso la realizzazione di una complessa serie di iniziative tecnologiche, su impianti e servizi, finalizzate a ridurre l'impatto ambientale delle produzioni ad assicurare un elevato livello di prevenzione dal rischio di incidenti rilevanti, a bonificare le aree industriali ritrovate compromesse dalle attività pregresse.
Syndial, tra i sottoscrittori dell’Accordo, si è impegnata a adeguare le infrastrutture e gli impianti per consentire la realizzazione di tale processo, raggiungendo gli obiettivi prefissati ed eseguendo gli interventi previsti. L’impatto ambientale, rilevato da emissioni, scarichi e generazione di rifiuti, è oggi ampiamente ridotto al di sotto del valore ipotizzato all’atto dell’Accordo.

Tutte le modifiche degli impianti e le opere di bonifica sono state eseguite con una spesa complessiva di circa 450 milioni di Euro, pari al 90% dell’impegno previsto. Nell’ambito dei programmi dell’Accordo vi era particolare attenzione al recupero dell’area Nord dello stabilimento, per la sua vicinanza alle infrastrutture cittadine, per la assenza di impianti attivi e per la grande superficie. La disponibilità dell’area passava però attraverso la demolizione delle vecchie strutture industriali (impianti, macchinari, capannoni) e la bonifica di terreni e falda. L’attività di demolizione degli impianti chimici ha richiesto una specifica tecnologia in grado di controllare costantemente gli impatti ambientali dell’attività; in particolare è rilevante durante queste operazioni la possibilità di rilasci di sostanze pericolose oltre alla grande quantità di rifiuti prodotti.

Il processo ha richiesto pertanto in forma preliminare e durante le operazioni, il monitoraggio ambientale dell’aria, degli effluenti, il controllo dei rifiuti, con un impegno rilevante di laboratorio d’analisi. Costantemente si è verificata la presenza di polveri con strumenti di monitoraggio dell’aria, e questo per garantire le condizioni di sicurezza del personale operante e individuare eventuali situazioni di criticità. Le attività avviate nel 1999 hanno consentito di liberare ad oggi circa 32 ettari dei 45 dell’area Nord. Le demolizioni sono l’aspetto più spettacolare del cambiamento, quello che più coinvolge le emozioni di chi lavora e ha lavorato al Petrolchimico. Lo stabilimento cambia aspetto: dall’oggi al domani si aprono spazi e vedute inimmaginabili.

Per quanto riguarda gli interventi di risanamento di suoli e falde vi è da rilevare che questi si sono sviluppati con una certa continuità già dal 1992. I primi interventi riguardavano la messa in sicurezza permanente di vecchie aree utilizzate in passato come deposito di rifiuti. Successivamente all’Accordo di Programma e all’arrivo della normativa specifica sulla disciplina di bonifica di suoli e falde (1999) si è proceduto alla caratterizzazione del sito. Questa è stata eseguita attraverso varie campagne di indagine, di cui la prima a scopo conoscitivo e le successive sempre più mirate sia in termini di punti di investigazione, in prossimità di aree critiche, sia in termini di qualità, ricerca più specifica di sostanze contaminanti. In totale si sono effettuati circa 700 carotaggi, 250 piezometri e 5.500 analisi di terreni e acque.

Di pari passo con lo sviluppo di conoscenze sono procedute varie attività, cosiddette interventi di messa in sicurezza di emergenza, costituite da opere di rapida esecuzione che hanno permesso di confinare la contaminazione e di monitorarne costantemente la evoluzione. E’ necessario notare che la qualità dei suoli e delle acque di falda del sito industriale è fortemente compromessa a causa del fatto che, in passato, la zona su cui ora sorge il sito era laguna. Negli anni trenta, attraverso la pratica del riempimento delle zone lagunari con residui industriali, si sono realizzate aree su cui costruire gli impianti.

Tutti questi residui delle lavorazioni industriali del primo novecento, lavati dalla pioggia, hanno poi rilasciato nelle acque e nei suoli le varie sostanze inquinanti che oggi si ritrovano con le analisi chimiche di caratterizzazione. Un felice connubio di interessi ambientali e infrastrutturali si è realizzato sull’intervento, previsto dal Magistrato alle Acque di Venezia, di conterminazione lagunare dei canali industriali.

Quest’opera, progettata per garantire la navigabilità dei canali, è stata parzialmente modificata per separare idraulicamente le acque del sito da quelle della laguna, isolando così il sito stesso ed evitando scambi di contaminazione. Oggi l’opera è in esecuzione ed è realizzata per il 60%. Tra gli altri interventi eseguiti da Syndial nel sito industriale si citano in particolare le varie opere di prelievo delle acque di falda, i monitoraggi ambientali eseguiti sulle aree contaminate e lo sviluppo di tutta la progettazione preliminare e definitiva degli interventi di bonifica con misure di sicurezza di suoli e falde.

Syndial ha realizzato dal 2000 ad oggi attività di studi, interventi di investigazione e opere di bonifica per circa 45 milioni di Euro. Nel marzo del 2007 si sono ottenuti i decreti ministeriali di autorizzazione ai progetti presentati e nella prossima estate sarà dato corso ai primi interventi di risanamento su alcune porzioni di terreno per poi sviluppare, per circa un decennio, la bonifica finale del sito, restituendo così le aree alla loro destinazione d’uso. Il preventivo di costo per il risanamento di suoli e falde del sito Syndial è ad oggi stimato pari a circa 150 milioni di Euro. La storia dello stabilimento e i rilievi effettuati hanno evidenziato la necessità di implementare soluzioni uniche nel loro genere sia per l’estensione delle aree interessate sia per la tipologia degli inquinanti riscontrati. Lo stabilimento di Porto Marghera ha contestualmente cercato di rafforzare il legame con il territorio e la comunità, non solo collaborando a livello istituzionale con enti e organismi locali, ma anche promuovendo iniziative di carattere sociale e scientifico.

In particolare merita di essere sottolineato il ruolo importante che la Syndial ha svolto (e tuttora svolge) nell'ambito del Progetto di Parco Scientifico e Tecnologico di Venezia fin dalla sua fondazione (1993), mettendo a disposizione il proprio knowhow e il proprio patrimonio di infrastrutture industriali e immobiliari. Alla base di tale progetto c'è lo scopo di favorire un processo di reindustrializzazione, basato sullo sviluppo di nuove attività produttive e centri di ricerca ad alta tecnologia; in altri termini rilanciare uno sviluppo industriale compatibile con il territorio veneziano e con le richieste di innovazione del mondo produttivo.