In particolare è nel 1983 che si verifica la
prima razionalizzazione dei business e dei
relativi assets tra Eni e Montedison. A Porto
Marghera questa intesa ha comportato il passaggio
da Montedison a Eni degli impianti
per la produzione di CVM e PVC.
Successivamente dal 1986 le attività di produzione
del CVM e del PVC sono passate alla
società EVC ora Ineos. Nel 1989 con la nascita
di Enimont si realizza l’unione tra le attività
chimiche di Eni e una rilevante parte delle
attività del settore chimico di Montedison,
con una presenza molto forte nei prodotti
della chimica di base e una significativa presenza
in altri segmenti della chimica, in particolare
negli intermedi, nei poliuretani, nei
fertilizzanti e nelle fibre.
Gli anni successivi alla nascita di EniMont
(poi EniChem) sono stati anni difficili a causa
del perdurare di una sfavorevole fase ciclica
dell'economia mondiale e della crisi dell'industria
chimica europea, che risentiva fortemente
sia dello squilibrio tra domanda e
offerta determinatasi dopo l'entrata in esercizio
di nuove capacità produttive realizzate
alla fine degli anni 80, sia delle crescenti
importazioni di prodotti provenienti dall'Est
Europa e dal Far East.
Sono queste le motivazioni
che hanno spinto EniChem a varare nel
luglio del 1993 un robusto piano di emergenza/
risanamento, che ha influito significativamente
sulla evoluzione degli assetti industriali
di Porto Marghera portando in tempi successivi
alla chiusura degli impianti di produzione
di fertilizzanti, acetici e caprolattame e alla cessione a terzi dei derivati dell’acido
cianidrico, delle fibre e dei poliuretani.
Oggi lo stabilimento multisocietario di
Porto Marghera rappresenta ancora un
punto di riferimento non solo per le
aziende della zona, ma anche per tutta
la chimica del Nord Italia.
Nel sito, oltre agli impianti ex
EniChem che sono attualmente gestiti
da Syndial (cloro) e da Polimeri Europa
(cracking e aromatici), sono presenti
numerose altre società. Le principali
sono: Ineos, Montefibre, Arkema,
Solvay Solexis, Edison e Sapio.
Il complesso occupa una posizione geograficamente
strategica. Affacciato sul
mare, è al centro di una zona ad altissima
densità commerciale, a livello sia nazionale
che internazionale.
Inoltre lo stabilimento
è dotato di una rete di tubazioni,
che permette al suo interno un fitto
interscambio di materie prime, prodotti e
utilities (vapore, acque, gas tecnici).
La rete di pipeline collega Porto
Marghera con gli stabilimenti di
Ferrara (95 Km), Mantova (125 Km) e
Ravenna (169 Km) ai quali fornisce le
materie prime principali (etilene, propilene,
benzene, cumene, etilbenzene):
una scelta efficace in termini non solo
economici, ma anche e soprattutto
ambientali, che consente un forte contenimento
del traffico marittimo e stradale.
Per valorizzare e rafforzare la competitività
di questa filiera produttiva sono
stati avviati e poi realizzati interventi di
ammodernamento finalizzati al recupero
di efficienza del cracking e al consolidamento
della capacità produttiva,
a bilancio con i fabbisogni degli
impianti a valle.
Nel 1998 le parti sociali hanno convenuto
di attivare, fra gli altri, interventi
atti al recupero ambientale dell’area in
prospettiva di nuovi sviluppi industriali.
L'accordo di Programma per la chimica
di Porto Marghera trova, infatti,
la propria motivazione fondamentale
nella necessità di rendere l'insediamento
industriale compatibile con il contesto
territoriale veneziano, attraverso la
realizzazione di una complessa serie di
iniziative tecnologiche, su impianti e
servizi, finalizzate a ridurre l'impatto
ambientale delle produzioni ad assicurare
un elevato livello di prevenzione
dal rischio di incidenti rilevanti, a
bonificare le aree industriali ritrovate
compromesse dalle attività pregresse.
Syndial, tra i sottoscrittori dell’Accordo,
si è impegnata a adeguare le infrastrutture
e gli impianti per consentire
la realizzazione di tale processo, raggiungendo
gli obiettivi prefissati ed
eseguendo gli interventi previsti.
L’impatto ambientale, rilevato da emissioni,
scarichi e generazione di rifiuti, è
oggi ampiamente ridotto al di sotto del
valore ipotizzato all’atto dell’Accordo.
Tutte le modifiche degli impianti e le
opere di bonifica sono state eseguite
con una spesa complessiva di circa 450
milioni di Euro, pari al 90% dell’impegno
previsto.
Nell’ambito dei programmi dell’Accordo
vi era particolare attenzione al recupero
dell’area Nord dello stabilimento,
per la sua vicinanza alle infrastrutture
cittadine, per la assenza di impianti
attivi e per la grande superficie. La disponibilità
dell’area passava però attraverso
la demolizione delle vecchie
strutture industriali (impianti, macchinari,
capannoni) e la bonifica di terreni
e falda.
L’attività di demolizione degli
impianti chimici ha richiesto una specifica
tecnologia in grado di controllare
costantemente gli impatti ambientali
dell’attività; in particolare è rilevante
durante queste operazioni la possibilità
di rilasci di sostanze pericolose oltre
alla grande quantità di rifiuti prodotti.
Il processo ha richiesto pertanto in
forma preliminare e durante le operazioni,
il monitoraggio ambientale dell’aria,
degli effluenti, il controllo dei
rifiuti, con un impegno rilevante di
laboratorio d’analisi. Costantemente si
è verificata la presenza di polveri con
strumenti di monitoraggio dell’aria, e
questo per garantire le condizioni di
sicurezza del personale operante e individuare
eventuali situazioni di criticità.
Le attività avviate nel 1999 hanno consentito
di liberare ad oggi circa 32 ettari
dei 45 dell’area Nord.
Le demolizioni sono l’aspetto più spettacolare
del cambiamento, quello che più
coinvolge le emozioni di chi lavora e ha
lavorato al Petrolchimico. Lo stabilimento
cambia aspetto: dall’oggi al domani si
aprono spazi e vedute inimmaginabili.
Per quanto riguarda gli interventi di
risanamento di suoli e falde vi è da
rilevare che questi si sono sviluppati
con una certa continuità già dal 1992. I
primi interventi riguardavano la messa
in sicurezza permanente di vecchie
aree utilizzate in passato come deposito
di rifiuti.
Successivamente all’Accordo di Programma
e all’arrivo della normativa
specifica sulla disciplina di bonifica di
suoli e falde (1999) si è proceduto alla
caratterizzazione del sito.
Questa è stata eseguita attraverso varie
campagne di indagine, di cui la prima
a scopo conoscitivo e le successive sempre
più mirate sia in termini di punti di
investigazione, in prossimità di aree
critiche, sia in termini di qualità, ricerca
più specifica di sostanze contaminanti.
In totale si sono effettuati
circa 700 carotaggi, 250 piezometri e
5.500 analisi di terreni e acque.
Di pari passo con lo sviluppo di conoscenze
sono procedute varie attività,
cosiddette interventi di messa in sicurezza
di emergenza, costituite da opere
di rapida esecuzione che hanno permesso
di confinare la contaminazione
e di monitorarne costantemente la evoluzione.
E’ necessario notare che la qualità dei
suoli e delle acque di falda del sito
industriale è fortemente compromessa
a causa del fatto che, in passato, la
zona su cui ora sorge il sito era laguna.
Negli anni trenta, attraverso la pratica
del riempimento delle zone lagunari
con residui industriali, si sono realizzate
aree su cui costruire gli impianti.
Tutti questi residui delle lavorazioni
industriali del primo novecento, lavati
dalla pioggia, hanno poi rilasciato
nelle acque e nei suoli le varie sostanze
inquinanti che oggi si ritrovano
con le analisi chimiche di caratterizzazione.
Un felice connubio di interessi ambientali
e infrastrutturali si è realizzato sull’intervento,
previsto dal Magistrato
alle Acque di Venezia, di conterminazione
lagunare dei canali industriali.
Quest’opera, progettata per garantire la
navigabilità dei canali, è stata parzialmente
modificata per separare idraulicamente
le acque del sito da quelle
della laguna, isolando così il sito stesso
ed evitando scambi di contaminazione.
Oggi l’opera è in esecuzione ed è
realizzata per il 60%.
Tra gli altri interventi eseguiti da
Syndial nel sito industriale si citano in
particolare le varie opere di prelievo
delle acque di falda, i monitoraggi
ambientali eseguiti sulle aree contaminate
e lo sviluppo di tutta la progettazione
preliminare e definitiva degli
interventi di bonifica con misure di
sicurezza di suoli e falde.
Syndial ha realizzato dal 2000 ad oggi
attività di studi, interventi di investigazione
e opere di bonifica per circa 45
milioni di Euro.
Nel marzo del 2007 si sono ottenuti i
decreti ministeriali di autorizzazione ai
progetti presentati e nella prossima
estate sarà dato corso ai primi interventi
di risanamento su alcune porzioni di
terreno per poi sviluppare, per circa un
decennio, la bonifica finale del sito, restituendo
così le aree alla loro destinazione
d’uso. Il preventivo di costo per il
risanamento di suoli e falde del sito
Syndial è ad oggi stimato pari a circa
150 milioni di Euro.
La storia dello stabilimento e i rilievi
effettuati hanno evidenziato la necessità
di implementare soluzioni uniche
nel loro genere sia per l’estensione
delle aree interessate sia per la tipologia
degli inquinanti riscontrati.
Lo stabilimento di Porto Marghera ha
contestualmente cercato di rafforzare il
legame con il territorio e la comunità,
non solo collaborando a livello istituzionale
con enti e organismi locali, ma
anche promuovendo iniziative di
carattere sociale e scientifico.
In particolare merita di essere sottolineato
il ruolo importante che la
Syndial ha svolto (e tuttora svolge)
nell'ambito del Progetto di Parco
Scientifico e Tecnologico di Venezia
fin dalla sua fondazione (1993), mettendo
a disposizione il proprio knowhow
e il proprio patrimonio di infrastrutture
industriali e immobiliari.
Alla base di tale progetto c'è lo scopo di
favorire un processo di reindustrializzazione,
basato sullo sviluppo di nuove
attività produttive e centri di ricerca ad
alta tecnologia; in altri termini rilanciare
uno sviluppo industriale compatibile
con il territorio veneziano e con le richieste
di innovazione del mondo produttivo.