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Idroelettrico: problemi difficili da risolvere

L’applicazione generalizzata del “minimo deflusso vitale” in tutta Italia comporterà una sensibile riduzione della produzione idroelettrica. A partire dal 2009, ciò causerà una minore produzione idroelettrica del 10% l’anno, con ulteriori flessioni negli anni successivi. Il che non sarà senza conseguenze, perché l’Unione Europea chiede che nel 2020 le fonti rinnovabili coprano il 20% di tutta la produzione di energia. Un obiettivo che per l’Italia è molto difficile da raggiungere, in ogni caso.





L’energia elettrica prodotta con la forza dell’acqua è una fonte di primaria importanza per il bilancio energetico nazionale. Lo è da un punto di vista economico, essendo ancora – e di gran lunga – la principale risorsa nazionale. Ma lo è anche dal punto di vista ambientale, poiché la fonte idroelettrica non ha emissioni inquinanti di alcun tipo, e quindi riveste un ruolo fondamentale nell’ambito della lotta per il controllo del riscaldamento globale.
È pertanto importante che questa fonte venga sviluppata al massimo delle potenzialità, poiché ogni kilowattora idroelettrico perso o non valorizzato si traduce automaticamente in maggiori importazioni dall’estero di elettricità o di fonti di energia primaria. Cioè in maggiori emissioni nell’ambiente e in maggiori oneri per le tasche di tutti i cittadini, in un momento in cui il costo delle fonti che importiamo ha raggiunto i massimi storici.

Occorre perciò salvaguardare questa preziosa risorsa. Innanzi tutto è bene sottolineare che l’idroelettrico utilizza l’acqua, ma – diversamente da altri settori produttivi - non la consuma. Si limita a sfruttare i salti di livello: cioè si prende l’acqua ad una certa quota e si rilascia la stessa identica quantità di acqua a quote più basse. Con dislivello che può essere di qualche centinaio di metri per gli impianti a bacino di montagna, o di pochi metri per gli impianti ad acqua fluente, come ad esempio quelli situati lungo il Po.
Dal punto di vista dei consumi della risorsa idrica, quindi, l’idroelettrico non pone alcun problema. Anzi, consente di razionalizzarne l’uso, perché i bacini e gli invasi idroelettrici trattengono l’acqua che scende nei momenti di maggiore disponibilità – che altrimenti verrebbe persa, defluendo in mare – e consentono di rilasciarla anche mesi dopo, nei momenti di necessità.

graficaTutto bene dunque? Non proprio. I problemi sono sorti negli anni più recenti, soprattutto quando è piovuto di meno, e in particolare nel periodo estivo, quando è massima l’esigenza di acqua per altri settori produttivi, soprattutto per l’agricoltura. Le criticità sono quindi legate all’andamento idrico dell’anno: ad esempio – per citare solo gli ultimi anni - nel 1999, 2000, 2001 e 2004 non ci sono stati problemi; nel 2003, 2005 e in parte l’anno scorso si sono invece registrati periodi di crisi, anche rilevanti.

Purtroppo su questo punto non c’è nulla che noi di Enel possiamo fare: non possiamo infatti ridurre i “consumi” di acqua, per il semplice motivo che acqua non ne consumiamo. Tutta quella che utilizziamo la rilasciamo a valle degli impianti. Gli agricoltori possono invece ridurre i consumi di acqua, ad esempio passando dall’irrigazione a pioggia all’irrigazione a goccia, che a parità di beneficio sul prodotto ne utilizza molto meno. In verità si tratta di uno sforzo di razionalizzazione che il settore agricolo sta effettuando già da molti anni. Va però incrementato.

Oggi l’idroelettrico è la principale fonte di energia rinnovabile nel mondo. In Italia, dove copre circa il 90% di tutta la produzione da fonti rinnovabili – è ormai impensabile costruire nuovi grandi impianti. Inoltre c’è la crescente esigenza di salvaguardare gli aspetti ambientali, con le problematiche legate al cosiddetto “minimo deflusso vitale”, che sono state rese più vincolanti dai recenti decreti legislativi 
n. 152/1999 e n. 152/2006.
Le nuove norme impongono di rilasciare sempre un determinato quantitativo di acque per mantenere, appunto, un minimo deflusso vitale alla salvaguardia ecologica anche di quei brevi tratti di fiume a valle degli sbarramenti. In alcune Regioni – come la Lombardia, il Veneto e il Trentino – questa prassi è già in atto, ma l’applicazione generalizzata del minimo deflusso vitale in tutta Italia comporterà una sensibile riduzione della produzione idroelettrica.

Le nuove norme entreranno in vigore a fine 2008. Stimiamo che, a partire dal 2009, ciò causerà una minore produzione idroelettrica del 10% l’anno, con ulteriori flessioni negli anni successivi in relazione al previsto inasprimento delle norme. Il che non sarà senza conseguenze, perché l’Unione Europea chiede che nel 2020 le fonti rinnovabili coprano il 20% di tutta la produzione di energia. Un obiettivo che per l’Italia è molto difficile da raggiungere in ogni caso. Ma così la situazione peggiora, perché il 10% della produzione idroelettrica non è poca cosa. Si tratta di un valore che, nel 2005, è stato pari a quasi il doppio della produzione di tutti gli impianti eolici e fotovoltaici installati in Italia. Sostituire la nostra minore produzione con le altre fonti rinnovabili – eolico, fotovoltaico – non sarà facile, in aggiunta allo sforzo di sviluppo che tali fonti dovranno fare per raggiungere gli obiettivi europei.