In una situazione complessa e determinante per lo sviluppo
globale, uno scenario di crescita controllata è l'unica strada
possibile.
Essa necessita, tuttavia, di un impegno comune
tra le varie nazioni e tra tutte le forze sociali all'interno di
ciascun paese. Sul fronte italiano è auspicabile un nuovo
impulso alla ricerca e, parallelamente, l'adozione di nuovi
modelli di produzione e di consumo energetico.
Iltasso di crescita del fabbisogno
mondiale di energia primaria è
aumentato sensibilmente negli
ultimi anni, anche in conseguenza
dello sviluppo industriale di India e
Cina. Ad oggi, la richiesta di energia
viene soddisfatta, per la maggior parte,
da fonti di origine fossile: carbone,
petrolio e gas naturale. E' questa la
causa diretta dell'aumento delle emissioni
di sostanze che inquinano e che
alterano il clima. Immaginate di far
fronte all'aumento continuo della
domanda di energia ai tassi di crescita
attuali e con le tecnologie in uso…
sarebbero troppe le implicazioni
ambientali, economiche e geopolitiche
per pensare che uno scenario di questo
tipo sia ancora sostenibile.
Per passare da una crescita incontrollata
del fabbisogno energetico a un'alternativa
che veda calare progressivamente
il tasso di aumento della domanda
sono necessarie misure che migliorino
l'efficienza di conversione delle tecnologie
attuali e che sviluppino nuove
tecniche di produzione da fonti rinnovabili.
Per far questo è fondamentale
dare impulso alla ricerca, sia in ambito
accademico che industriale e, allo stesso
modo, promuovere l'efficienza e la
razionalizzazione sul fronte dei consumi.
Il Politecnico di Milano e la sua
Fondazione, particolarmente attenti
alle questioni energetiche e ambientali,
hanno recentemente avviato diverse
iniziative, prima fra tutte il
Dipartimento di Energia, che unisce le competenze di: Energetica,
Ingegneria Nucleare, Chimica ed
Elettrotecnica. Di fronte alla complessità
del problema energetico, il
Politecnico di Milano ha deciso di
adottare un approccio multidisciplinare,
chiamato a valorizzare e integrare
competenze che non possono e non
devono rimanere disgiunte. La nuova
struttura, attiva dal febbraio scorso, si
propone di assumere un ruolo autorevole
e indipendente (honest broker)
nei dibattiti pubblici su temi a elevato
contenuto tecnologico (clean coal
technologies, rinascimento nucleare,
rigassificatori, termovalorizzazione dei
rifiuti, ruolo delle fonti rinnovabili e
dei biocombustibili, ecc.). In quest'ottica,
le sue attività si articolano in tre
macrosettori:
• produzione, trasmissione e distribuzione
dell'energia elettrica;
• tecnologie energetiche per i trasporti;
• ingegneria termica e uso razionale
dell'energia,
rivolgendosi tra l'altro alle fonti rinnovabili
e ai biocombustibili, al nucleare
di nuova generazione, alle tecnologie
di sequestro dell'anidride carbonica, ai
sistemi di poli-generazione e desalazione,
alla generazione distribuita e alle
reti elettriche “intelligenti”, alla mobilità
sostenibile e ai differenti aspetti
legati allo sviluppo sia terziario e residenziale
che industriale e agricolo, con
l'obiettivo di coniugare massimo
risparmio e massima efficienza. In
aggiunta a quelli già esistenti, verranno
attivati laboratori di modellistica e
simulazione statica e dinamica, ottimazione
e controllo, sicurezza, oltre a
strutture sperimentali disciplinari e
multidisciplinari.
Non mancherà, infine, il confronto
costante con le più importanti realtà
nazionali e internazionali, con istituzioni,
enti, reti e centri universitari e di
ricerca attivi sugli stessi temi. Sono già
in corso collaborazioni scientifiche con
importanti università e centri di studio
internazionali, non solo europei ma
anche americani (è in atto da anni una
stretta collaborazione con la Princeton
University). Numerosi e significativi i
contratti di ricerca con i maggiori operatori
industriali, italiani e internazionali,
del settore energetico, termotecnico,
elettrico e motoristico.
Il Dipartimento di Energia - che ospita
in tutto 84 docenti e ricercatori strutturati,
100 ricercatori (assegnisti, borsisti
e dottorandi) e 26 laboratori - avrà sede
presso il campus di Bovisa. Storica area
industriale milanese, la Bovisa è oggi la
sede dei laboratori del Politecnico di
Milano e della Triennale, il museo d'arte.
E' qui che, in un'ottica di riqualificazione
urbana, avrà sede il polo scientifico
della città. Il Science Park, che
vede impegnato in prima linea il
Comune di Milano, metterà a disposizione
delle imprese il sistema universitario
e viceversa per sviluppare centri di
ricerca congiunti.
I Joint Research
Center vedranno la partecipazione dei
principali attori industriali in tema di
produzione energetica e saranno
affiancati da un incubatore d'impresa
creato ad hoc per le start up del settore
energetico. Sono questi tentativi
importanti di creare delle reti solide per
lo sviluppo del territorio, di unire soggetti
che, a diversi livelli, operino in
accordo e secondo logiche e strategie
condivise, sviluppando e sperimentando
soluzioni tecnologiche all'avanguardia.
In poche parole, la ricerca si propone
di funzionare come il motore di
uno sviluppo ragionato e razionale del
settore energetico.
La Fondazione Politecnico, creata con
l'intento di avvicinare le realtà produttive
e del terziario al mondo accademico,
ha attivato nel 2004 il Forum
RESCOM - Reliability of the Electric
Energy Supply in a Competitive
Market. Il Forum prende vita dalla collaborazione
tra il Politecnico e le principali
università e industrie di settore:
ABB; Siemens; Autorità per l'Energia
elettrica e il gas; GSE-Gestore Servizi
Elettrici; AU Acquirente Unico; Terna;
Anie; Assolombarda; Assoelettrica;
AIGET; A2A; CESI; CESI Ricerca;
Enelpower; Sorgenia; Foster Wheeler;
General Electric; Electrabel Suez; Booz
Allen Hamilton; Enea; Politecnico di
Milano; Politecnico di Bari; Università
di Pavia; Università di Genova. In quest'ambito
sono state analizzate le tematiche
cardine per migliorare l'affidabilità
della fornitura di energia elettrica.
Punto di partenza: la generazione. Un
tempo fortemente indirizzati al petrolio,
oggi siamo dipendenti dal gas naturale
in maniera preoccupante; il che porta a riconsiderare il carbone, insieme
all'utilizzo di fonti alternative,
come la soluzione più realistica.
L'analisi svolta mette in evidenza quattro
inconfutabili anomalie del settore
elettrico italiano, che fanno del nostro
paese un caso unico nel quadro internazionale:
• prima anomalia: siamo il più grande
importatore al mondo di energia elettrica,
sia in termini relativi (15% del
fabbisogno nazionale) sia in termini
assoluti, dato ancor più significativo
se si considera che i consumi italiani
rappresentano circa il 2% di quelli
mondiali;
• seconda anomalia: siamo l'unico
paese al mondo che non produce la
maggior parte dell'energia elettrica di
cui ha bisogno utilizzando le due
tipologie di centrali che consentono,
grazie ai costi limitati del combustibile,
di contenere i costi operativi: le
centrali a carbone e le centrali elettronucleari.
L'Italia rappresenta
un'eccezione vistosa: la produzione
nucleare è assente e quella da carbone
oscilla intorno al 15%;
• terza anomalia: siamo l'unico paese
al mondo che genera la maggioranza
dell'energia elettrica utilizzando fonti
energetiche che hanno un costo
strettamente ancorato all'andamento
del mercato petrolifero. Circa il 65%
della produzione elettrica italiana,
rispetto a una media europea del
25%, dipende da idrocarburi liquidi e
gassosi;
• quarta anomalia: siamo l'unico paese
al mondo in cui metà della produzione
elettrica viene effettuata con un
combustibile (il gas naturale), il cui
approvvigionamento è in massima
parte via tubo da paesi esteri.
Come evolvere verso una situazione
che porti il sistema elettrico italiano a
sanare le proprie anomalie?
La soluzione
del problema richiede di aumentare
la quota di energia elettrica prodotta a
basso costo operativo e può, in linea di
principio, ammettere tre tipologie di
interventi:
• aumentare la quota di elettricità prodotta
con fonti rinnovabili;
Sono certamente cresciute tutte le
tipologie di produzione elettrica da
fonti rinnovabili, alcune, in particolare
eolico e biomassa, in misura considerevole.
Non vi è dubbio che questo
trend sia destinato a proseguire
nei prossimi anni, anche perché il
nostro paese ha precisi impegni internazionali
in tal senso. Tuttavia, il
ritmo di crescita complessiva dell'elettricità
da fonti rinnovabili è stato
negli scorsi anni dell'ordine 1.4
TWh/anno (vale a dire, meno dello
0,5% del fabbisogno elettrico nazionale),
per cui appare difficile ipotizzare
nel medio termine contributi che
modifichino significativamente il
quadro attuale. Non va inoltre
dimenticato che le rinnovabili godono
da anni di un regime normativo e
tariffario fortemente incentivante
(hanno priorità di dispacciamento e
beneficiano dei certificati verdi). Non
è quindi questa la via per diminuire,
nel breve-medio termine, il costo
medio di generazione italiano. In
altri termini, lo sviluppo delle fonti
rinnovabili potrà portare benefici
(necessariamente limitati) alla soluzione
delle ultime due anomalie del
settore elettrico italiano (dipendenza
da combustibili legati all'andamento
del mercato petrolifero e da gas di
importazione via tubo) ma non potrà
che peggiorare le prime due: forti
importazioni di elettricità ed elevato
costo dell'energia.
• dotare il paese di una quota significativa
di centrali elettronucleari;
• aumentare la quota di elettricità prodotta
dal carbone.
Si è poi presa in considerazione la trasmissione
dell'energia e, in particolare,
le difficoltà che segnano lo sviluppo
della rete elettrica, tra le quali l'opposizione
dell'opinione pubblica alla realizzazione
di nuove infrastrutture e alla
comprensione della loro reale “utilità”.
Si è infine arrivati a considerare le regole
di mercato, chiamate a garantire la
concorrenza fra i vari attori e, contemporaneamente,
la sicurezza dell'esercizio.
In tale contesto assumono un
ruolo primario i sistemi di supervisione
e di controllo delle reti, che devono
essere sviluppati secondo una struttura
superpartes e sovranazionale, così da
garantire quello scambio di informazioni
imprescindibile per la sicurezza
dei sistemi elettrici. I risultati ottenuti
dal Forum rappresentano il superamento
di un primo gradino nella costituzione di una piattaforma di confronto
tra le parti al servizio della crescita
del sistema paese.
In collaborazione con Aem, oggi A2A,
la Fondazione è stata poi uno degli
ideatori e dei sostenitori di Energy
Lab, centro di eccellenza per l'energia,
l'ambiente e il territorio costituito dalla
Regione Lombardia, dalle Università
milanesi (Bicocca, Bocconi, Cattolica,
Politecnico di Milano, Statale di
Milano), dalla Fondazione Aem e dalla
Fondazione Edison. Attivo dal settembre
2007, Energy Lab sostiene: la ricerca;
lo sviluppo e l'innovazione nel settore
dell'energia e dell'ambiente; la
divulgazione a cittadini, istituzioni,
enti privati, organi di informazione e
opinione pubblica di una migliore
conoscenza delle tematiche e delle problematiche
in materia energetica ed
ambientale. L'aspetto divulgativo riveste
un ruolo particolarmente significativo
per accrescere cultura, consapevolezza
e competitività non solo del territorio
lombardo, ma di tutta Italia.
Le attività del Politecnico di Milano e
l'operato della sua Fondazione dimostrano,
nei fatti, come l'università
possa fare molto, ma certamente non
da sola e non senza incentivi di tipo
economico. Nell'ambito dei finanziamenti
alla ricerca, le tematiche energetiche
ed ambientali sono ormai riconosciute
come fondamentali in tutti i
bandi di tipo europeo e nazionale. Il
settimo programma quadro (FP7) alloca
alle tematiche energetiche - rispetto
alle quali i sistemi ad energia rinnovabile
giocano un ruolo di primo piano -
il 10% circa del budget totale destinato
ai progetti di cooperazione e che
ammonta a circa 32 miliardi di Euro
nel periodo 2007-2013. L'Unione
Europea si è poi dotata di un programma
specifico per finanziare azioni di
promozione nell'utilizzo delle rinnovabili
e per un uso intelligente dell'energia:
“Intelligent Energy – Europe”. Il
budget per il 2007 è di 52 milioni di
Euro. Anche nel caso di Industria 2015,
che stabilisce le linee strategiche per lo
sviluppo e la competitività del sistema
produttivo italiano, energia e ambiente
sono al centro dell'attenzione. Dopo il
bando per l'efficienza energetica, altri
180 milioni di euro sono stati allocati sul bando per la mobilità sostenibile.
Per quanto sia basilare investire in
ricerca e sviluppo è contemporaneamente
necessario attrezzarsi con una
serie di meccanismi che incentivino
l'utilizzo di sistemi ad energia rinnovabile.
Non solo efficienza in termini produttivi,
dunque, ma anche di consumo
e di utenza. Attualmente in Italia è previsto
un sistema di incentivazione alla
produzione di energia rinnovabile e di
efficienza energetica che si basa su
meccanismi di mercato, quali il sistema
dei certificati verdi, bianchi e dei titoli
di efficienza energetica. I certificati
verdi, titoli che attestano la produzione
di energia da fonti rinnovabili, sono
stati introdotti nel 2002 a superamento
del vecchio criterio di incentivazione
tariffaria noto come Cip6. Il meccanismo
si basa su una logica Cap & Trade,
ovvero la domanda dei certificati è
definita per legge, ma il prezzo, e quindi
l'allocazione degli incentivi alle
fonti rinnovabili, è indicato dal libero
mercato. La domanda è certa perchè
costituita dall'obbligo per produttori e
importatori di immettere annualmente
in rete una quota di energia prodotta
da fonti rinnovabili, pari al 3,05% di
quanto prodotto e/o importato da
fonti convenzionali. L'offerta, invece, è
rappresentata dai certificati verdi emessi
a favore degli operatori che hanno
ottenuto la qualificazione di Impianti
Alimentati a Fonti Rinnovabili (IAFR).
Nel 2007 sono stati incentivati oltre 5,5
TWh di energia da fonti rinnovabili.
Il
meccanismo dei certificati verdi ha
avuto molto successo e ha stimolato la
nascita di micro e mini impianti a fonti
rinnovabili su tutto il territorio nazionale
con un ritmo di crescita di oltre il
30% annuo. Il valore in aumento dei
Certificati Verdi ha creato un clima di
fiducia presso gli istituti di credito che
hanno assecondato la diffusione di
impianti di piccola e media taglia. Il
valore univoco dei certificati verdi, calcolato
sull'energia effettivamente prodotta,
non tiene conto, tuttavia, della
diversità delle fonti energetiche e dei
costi tecnologici associati allo sfruttamento
delle diverse fonti. Per questo,
in alcuni casi, come per il fotovoltaico,
essi non costituiscono uno strumento
di incentivazione adeguato. Nel 2007
l'eccesso di offerta ha creato per la prima volta tensioni di prezzo evidenziando
il delicato equilibrio dei sistemi
di incentivazione strettamente basati
su dinamiche di mercato.
Il meccanismo dei certificati bianchi costituisce un sistema di incentivazione
molto innovativo, non solo rispetto
alle precedenti iniziative nazionali, ma
anche in confronto agli strumenti che
stanno adottando gli altri stati membri
dell'Unione Europea. Anche questo
meccanismo è basato su di una logica
Cap & Trade. La domanda è costituita
dall'obbligo imposto ai maggiori distributori
di energia elettrica e gas che possono
avviare direttamente progetti di
efficienza o acquisire sul mercato dei
Titoli di Efficienza Energetica (certificati
bianchi) che attestano il conseguimento
di un risparmio energetico.
L'offerta è costituita dai titoli prodotti
dalle oltre 600 aziende che dal 2005 si
sono accreditate come Energy Service
Company (ESco) per poter operare
volontariamente sul mercato dei certificati
bianchi. Il meccanismo dei certificati
bianchi, sulla scorta del successo
ottenuto dai certificati verdi, ha stimolato
la nascita di più di 600 Energy
Service Companies (ESco) in meno di 2
anni. Tuttavia non si può dire che si sia
creato un vero e proprio mercato dell'efficienza
energetica. Infatti, la volatilità
e lo scarso valore dei certificati
bianchi non hanno stimolato l'avvio di
progetti strutturati, né la diffusione di
soluzioni tecnologiche avanzate.
Piuttosto, il valore irrisorio dell'incentivo
ha spinto gli operatori verso gli
interventi più semplici e a basso costo
(lampade a fluorescenza). Oggi sono al
vaglio delle soluzioni correttive per
dare nuovo impulso e indirizzo al meccanismo
di incentivazione.
In ultimo, nel settembre 2005, prendendo
a prestito dall'esperienza positiva
di Germania e Spagna, è iniziata
anche in Italia l'esperienza del conto
energia per il settore fotovoltaico.
Questa modalità di incentivazione
remunera l'energia prodotta con una
tariffa predeterminata e garantita per
un periodo di 20 anni. Il conto energia
è stato accolto con estremo entusiasmo
dal mercato e da tutti gli operatori del
settore, perché definisce con chiarezza
gli obiettivi di medio e lungo periodo, creando un quadro di certezza e di stabilità.
La certezza del valore dell'incentivo
ha stimolato la crescita di prodotti
finanziari specifici e innovativi. Il meccanismo
risulta quindi più flessibile di
quello dei certificati verdi e permette di
indirizzare le politiche energetiche in
modo puntuale. Per esempio, le tariffe
incentivanti variano in funzione dei
particolari obiettivi che si intende perseguire
(taglia degli impianti, autoconsumo,
sostituzione eternit, edifici pubblici,
etc.). Una politica di incentivazione
come questa, strutturata e di lungo
periodo, mostra già i primi effetti sul
settore industriale di riferimento, che
sta guardando con estrema attenzione
alla produzione di celle, pannelli,
inverter e accessori.
Conclusioni
In una situazione complessa e determinante
per lo sviluppo globale, uno scenario
di crescita controllata è l'unica
strada possibile. Essa necessita, tuttavia,
di un impegno comune tra le varie
nazioni e tra tutte le forze sociali all'interno
di ciascun paese. Sul fronte italiano
è auspicabile un nuovo impulso alla
ricerca e, parallelamente, l'adozione di
nuovi modelli di produzione e di consumo
energetico.
Un apporto fondamentale
può venire dalle multiutility
che, per radicamento territoriale e
competenze tecniche, possono fungere efficacemente da cerniera tra mondo della ricerca, industria, amministrazioni
e cittadini, sfruttando al meglio le
caratteristiche naturali, ottimizzando
le scelte sul tipo di fonti rinnovabili da
valorizzare e rendendo efficace il delicato
equilibrio tra produzione di energia
e gestione dell'ambiente.
La tendenza
del mercato a promuoverne l'accorpamento
fa sì che queste società
siano in grado di mantenere il loro
legame con le specificità territoriali e,
allo stesso tempo, giocare un ruolo
importantissimo nella promozione di
nuove tecnologie e di nuovi modelli
energetici.