Da quando 10 anni fa James Thomson dell’Università del Wisconsin riportò sulla rivista Science di aver prodotto cellule staminali embrionali umane (hCSE) a partire da embrioni umani, il dibattito su queste cellule ed in generale sulle manipolazioni embrionali continua ad essere incandescente. Alcune interessanti riflessioni sulle ragioni delle acerbe controversie riguardanti il possibile utilizzo di queste cellule.
Perché tanta eccitazione sulle hCSE?
Perché esse possono teoricamente dare
origine a tutti i tipi di cellule del nostro
organismo. Pertanto potrebbero essere
utilissime nel settore della medicina
rigenerativa, cioè in tutti quei casi in
cui un organo del paziente è stato
distrutto da una malattia. In pratica, si
tratta della possibilità di creare organi e
tessuti da usare per trapiantarli nei
pazienti il cui organo non è più in grado di funzionare. Anche se bisogna
dire chiaramente che tale prospettiva
non è vicinissima, il potenziale delle
hCSE è comunque assai promettente.
La segnalazione di Thomson avveniva
un anno e poco più dopo la “creazione”
della pecora Dolly da parte di Ian
Wilmut e dei suoi colleghi del Roslin
Institute di Edinburgh. Le possibilità
aperte da queste due scoperte erano tali da suscitare nell’opinione pubblica e
negli scienziati stessi meraviglia e
sconcerto, cui hanno fatto seguito
polemiche ad altissimo livello
scientifico, sociale e politico. In questo
breve scritto cercherò di passare in
rassegna le ragioni di queste acerbe
controversie.
Il primo problema
Il primo motivo per cui hCSE e
clonazione creano ansia nell’opinione
pubblica consiste nella paura che
vengano compiuti passi che sono al di
là di ciò che l’uomo può compiere.
Vorrei sottolineare che questa preoccupazione,
anche se portata avanti
sovente da personalità ed istituzioni
religiose, non si esaurisce in esse, ma
viene legittimamente supportata
anche da motivazioni che prescindono
dalla fede religiosa dell’individuo.
Questo è un dato di fatto che non può
essere smentito.
Si tratta infatti di una
lecita domanda che chiunque può
porre a se stesso quando inizia ad
esaminare il problema, specie se non è
un esperto del settore.
Vorrei spendere qualche parola sulla
liceità di questa obiezione che troppo
spesso viene respinta da parte degli
scienziati con richiami alla libertà
della ricerca e all’assoluto perseguimento
della conoscenza. In una
società complessa come la nostra, in
cui la libertà del singolo viene continuamente
limitata da leggi, decreti,
regolamenti, circolari, applicazioni,
linee guida e così via, non può non
sembrare assolutamente ingenua se
non presuntuosa la pretesa che
un’attività come la ricerca scientifica
(biologica e non), che viene finanziata
in maniera massiva con i soldi dei
cittadini (per lo meno di quelli che
pagano le tasse) e che ha ricadute
enormi sulla vita dei singoli individui,
non debba passare attraverso un
dibattito che coinvolge tutti coloro che hanno interesse a parteciparvi.
Così come non ha senso demonizzare
gli avversari ideologici, qualificandoli
come conservatori, arretrati o legati a
schemi superati, anche perché una
notevole percentuale di persone
“inquiete” è presente in tutte le nazioni
avanzate, inclusi gli Stati Uniti, la
Germania e la Francia per citare sono
alcuni. La Gran Bretagna stessa non fa
eccezione; al contrario la storia degli
ultimi 30 anni dimostra come questa
nazione abbia preso estremamente sul
serio questa obiezione, ed il fatto che
prima fra tutte le nazioni sviluppate
abbia emanato una serie di leggi su
queste problematiche testimonia
solamente il fatto che invece di
nascondere la testa sotto la sabbia, i
britannici l’hanno affrontata con
grande decisione.
Le conclusioni
raggiunte, anche se vengono considerate
tra le più avanzate, non hanno
mai negato che le inquietudini
dell’opinione pubblica fossero infondate
o illecite, al contrario ne hanno
analizzato fino in fondo le motivazioni
con un dibattito che dura da 30 anni
e che non deve considerarsi ancora
concluso.
D’altro canto è altrettanto assurdo
bollare come criminali coloro che
propongono nuove tecnologie che
aprono sia vantaggi che svantaggi. I
paragoni con coloro che hanno perseguito
armamenti nucleari o che hanno
appoggiato iniziative di “eugenetica”
in maniera immorale hanno un valore
generale ma non specifico. Intendo
dire che bisogna valutare nel concreto
se quanto proposto oggi ripeta gli stessi
errori che sono stati commessi in
passato, anche se a priori non si può
escludere che questo possa nuovamente
avvenire. In altre parole, bisogna
entrare nello specifico e veder cosa
succede senza postulare a priori che da
esse deriveranno solo cose negative o
immorali. La soluzione di questo problema può
avvenire analizzando come le società si
sono comportate in passato di fronte
all’introduzione di novità anche più
problematiche di quelle che si
presentano oggi.
Se si esaminano i vari
periodi in cui sono state introdotte
nuove tecnologie si può notare come
la maggior parte di esse siano state
tranquillamente assimilate, non senza
prima essere state convenientemente
digerite.
E’ altrettanto chiaro che tra
queste vi sono anche tecnologie che
qualche problema lo hanno sollevato e
continuano a sollevarlo. Ma la scelta
della società è, in linea generale,
quella di un’accettazione controllata.
Né vale, per respingere una nuova
tecnologia, la richiesta di una
“tolleranza zero”, nel senso che non si
può pretendere che una tecnologia
non debba assolutamente avere lati
negativi.
Gli esempi sono nella vita di
ogni giorno. In Italia si calcolano circa
5000 morti all’anno per incidenti
stradali, ma nessuno propone di abolire
automobili e autostrade, anzi persino
sui limiti di velocità le restrizioni sono
molto modeste, anche se il nesso tra
velocità ed incidenti stradali è più che
documentato.
In campo medico, ogni
procedura chirurgica e persino ogni
prescrizione farmacologica porta con
sé un minimo (o più) di pericolo, ma
malgrado questo nessuno (o quasi)
propone di eliminare medici e farmaci.
Al di là di questo, si deve anche
riconoscere che alcune delle tecnologie
biomediche vanno anche al di là della
semplice analisi costi-benefici, e si
riversano su quanto di più privato e
personale e peculiare vi è nella natura
e nella personalità umana. In questo
senso l’obiezione riguardante i limiti
da non superare può essere più seria.
Questo tuttavia non deve portare ad
un rifiuto aprioristico ma deve essere
materia di discussione, la più ampia
possibile. Bisogna tuttavia far presente che il termine “naturale” può trarre in
inganno e che non basta che una cosa
sia naturale per essere necessariamente
buona: come da tempo mostrato,
batteri patogeni, virus, funghi, terremoti
e tsunami sono tutti fenomeni
assolutamente naturali.
La storia
dell’uomo è anche, non solo, una lotta
contro la natura che lo nutre ma
anche lo minaccia continuamente.
Nel campo della vita, forse che un
parto cesareo è naturale? Forse che un
bambino di 23 settimane potrebbe
naturalmente sopravvivere? L’intervento
medico può agire sulla vita che si
forma e nasce, bisogna vedere come e
a che scopo, ma bisogna tener presente
che anche la vita non è a priori un
tabù per l’uomo.
Il secondo problema
Il secondo problema che preoccupa
l’opinione pubblica o almeno una
parte consistente di essa è il fatto che
la produzione di cellule staminali
comporta la dissoluzione di embrioni.
Al momento attuale le cellule
embrionali propriamente dette non
possono essere derivate senza distruggere
un embrione, anche se vari
tentativi per superare questi problemi
sono stati proposti, ma si sono rivelati
non applicabili. L’unica eccezione
potrebbe essere la produzione di cellule
embrionali mediante attivazione di
oociti non fecondati (partenogenesi).
E’ chiaro che per chi ritiene che
l’embrione condivida la dignità
umana, dovrà sempre esservi un rifiuto
al suo utilizzo per la produzione di
cellule staminali. Parimenti, per chi lo
ritiene solo un ammasso di cellule,
non vi saranno problemi ad utilizzarli
per produrre cellule embrionali o per
altre ragioni mediche o di ricerca.
Molta gente si rivolge alla scienza per
chiedere lumi. Quante volte ci siamo
sentiti dire: “Ma cosa ne dice la scienza?
L’embrione è vita umana? L’embrione è una persona?”.
Ora, è ovvio che la
scienza ci dice che l’embrione umano
è vita umana, così come è indubbiamente
viva ed umana una qualsiasi
cellula o tessuto che dall’uomo deriva.
Ma se sia una persona (ammesso che
la domanda possa stare in piedi) la
scienza, intesa in senso stretto, non
può dire nulla perché quello di
“persona”, come anche quello di
“dignità umana”, sono giudizi di valore
(o qualcosa di simile) che l’uomo ha
attribuito nel corso dei millenni ai
membri della sua specie e che peraltro
hanno avuto un percorso non sempre
riconosciuto, basti pensare alla schiavitù
della seconda parte del secondo
millennio.
Pertanto per chi pensa in
questi due modi estremi, che cioè
l’embrione è una persona tanto quanto
un uomo adulto o, al contrario, che
l’embrione è solo un ammasso di
cellule, il discorso è molto semplice ed
è difficile pensare che queste due
opinioni possano riconciliarsi.
Tuttavia, visto che una soluzione
globale è difficile da ottenere, la
discussione si può focalizzare su alcuni
punti specifici.
1.Utilizzo di embrioni congelati per
produrre nuove linee di hCSE. Gli
embrioni vengono spesso congelati
(in Italia questo non è più possibile
da quando è stata approvata la
nuova legge sulla fecondazione
assistita) durante le pratiche di
fecondazione assistita per poterli
usare per successive gravidanze.
Tuttavia, non sempre questo avviene
perché in molti casi le coppie
decidono di non utilizzarli, o perché
si accontentano di un figlio oppure
perché sono scoraggiate da fallimenti
precedenti. Gli embrioni congelati
sono destinati a perire, a meno che
qualcuno non li “adotti”, cosa che
avviene assai raramente.
Pertanto vi
sono nel mondo decine di migliaia
di embrioni congelati che in alcune nazioni possono venir semplicemente
eliminati. Da qui la proposta
di usare tali embrioni per produrre
cellule embrionali. Il ragionamento
che si fa è che sarebbero in ogni caso
destinati a morire.
2.Utilizzo di cellule embrionali già
prodotte. Le linee di cellule
embrionali hanno probabilmente
una vita se non infinita, tuttavia
senza dubbio molto lunga. Questo
significa che da un solo embrione
(blastocisti) si possono ottenere una
quantità di cellule enorme. Pertanto
una linea cellulare di hCSE può
essere distribuita da chi l’ha prodotta
a numerosi altri ricercatori. Mentre
alcuni sostengono che non sia etico
utilizzare queste cellule neanche se
già sono a disposizione, altri pensano
che il loro uso (ma non la derivazione)
possa essere lecito, in quanto sono
paragonabili ad un organo prelevato
da cadavere.
Il ragionamento è il
seguente: quando arriva un cadavere
per l’espianto di un organo, non ha
importanza se questo sia stato ucciso
o sia perito per un incidente: il
chirurgo non può rifiutarsi di usare
gli organi. Parimenti, dal momento
che tali cellule sono disponibili,
anche se ammettessimo che siano il
prodotto di un atto immorale (al
limite di un assassinio), noi
dovremmo comunque usarle perché
da esse possono derivare benefici
per pazienti o per l’umanità nel suo
complesso. Una possibile soluzione fornita
dall’avanzamento della scienza.
Non bisogna credere che gli scienziati
siano insensibili ai problemi etici,
alcuni lo sono senz’altro, come accade
in tutte le categorie, ma altri no.
Pertanto, se fosse possibile superare
empasse del genere di quello presentato
dalle hCSE, gli scienziati sarebbero i
primi a esserne contenti.
A questo si aggiunge un’altra considerazione:
l’avanzamento della scienza spesso
risolve problemi sociali. Nel caso delle
hCSE, tutto il problema nasce dal
fatto che esse derivano da un embrione,
ma se fosse possibile ottenerle in altro
modo, tutti, scienziati e filosofi,
avversari e sostenitori, ne sarebbero
ben contenti, perché a quel punto non
vi sarebbero più aspetti negativi, per lo
meno per quanto riguarda il loro
principale utilizzo che è quello della
medicina rigenerativa.
In effetti studi recenti suggeriscono
che questo potrebbe essere effettivamente
il caso. Vari gruppi hanno
ottenuto cellule che hanno tutte le
caratteristiche di hCSE partendo da
cellule di adulto e inserendo in esse dei
geni che funzionano nelle normali
hCSE e che, a quanto pare, sono stati
in grado di re-settare il genoma delle
cellule adulte rendendole immature,
come appunto lo sono le hCSE.
Mentre ci sono ancora numerosi
aspetti tecnici che devono essere
superati; è tuttavia importante notare
che la scienza ha per sua natura la
tendenza a risolvere i problemi che
l’uomo incontra sul suo cammino e
che un atteggiamento positivo verso
la scienza può solo giovare alle
generazioni future.