Sono in fase di sperimentazione varie matrici a base di fibroina della seta,
per applicazioni che vanno dalla rigenerazione della cartilagine, a quella
dell’osso, del legamento, del miocardio, dei vasi ematici.
Materiali sintetici o naturali vengono
oggi comunemente impiegati in diversi
dispositivi protesici, per sostituire
o riparare tessuti danneggiati del
corpo umano, o in sistemi di assistenza,
per aiutare organi danneggiati allo
svolgimento delle necessarie funzioni
vitali, o ancora in medicina rigenerativa,
per promuovere e guidare meccanismi
riparativi cellulari. Per alcune
di queste funzioni i materiali sono
impiantati (esempio: protesi ortopediche
e vascolari, valvole cardiache),
per altre costituiscono componenti
di apparecchiature extra-corporee
(esempio: rene artificiale, fegato artificiale),
per altre ancora sono elementi
di strutture atte a dialogare in
diversa maniera con elementi diversi
del sistema biologico (cellule, sangue,
etc.) L’interazione di tessuti e sistemi
biologici con i materiali che compongono
la protesi o il dispositivo, comunemente
chiamato biomateriale, è un
aspetto di fondamentale importanza
nel settore delle tecnologie biomediche.
L’ambiente biologico, infatti, è chimicamente,
fisicamente e meccanicamente
attivo, e all’interfaccia tra un
biomateriale e il sistema biologico
avvengono numerosi processi biochimici
altamente dinamici, fondamentalmente
legati alla capacità dell’organismo
vivente di rispondere a stimoli
esterni, quali ad esempio un danno
tessutale o la presenza di un corpo
estraneo. L’interazione diventa ancor
più complessa quando materiali progettati
come substrati per l’ingegneria
dei tessuti sono addizionati in vitro
con cellule, sia differenziate che staminali.
L’ingegneria dei tessuti e la medicina
rigenerativa si sviluppano a partire da
una duplice consapevolezza: i tessuti
biologici possiedono meccanismi e
strutture che, in determinate condizioni,
sono in grado di riparare o
ripristinare organi e funzioni (meccanismi
di guarigione). I materiali inoltre
possono influenzare le funzioni
cellulari sia a livello metabolico che di
espressione genica, assumendo a volte
il ruolo di matrice extracellulare temporanea
(ingegneria dei tessuti).
Il dialogo incrociato materiale/sistemi
biologici è realizzato grazie anche alla
capacità delle cellule di interagire con
lo spazio circostante e di rispondere
a precisi stimoli di tipo chimico (es.
molecole segnale) e fisico-meccanico
(tra cui la stessa forza di gravità) attivando
meccanismi quali ad esempio
la proliferazione, attivazione, differenziazione,
migrazione, apoptosi o
morte programmata (meccanismo
fisiologico messo a punto dalla natura
per eliminare strutture cellulari quando
in sovrabbondanza).
La natura del dialogo dipende fondamentalmente
dalle caratteristiche
chimico-fisiche-morfologiche specifiche
di ciascun materiale, in particolare
della sua superficie, e dalla natura
dei sistemi biologici direttamente a
contatto.
L’interazione delle cellule con la matrice
extracellulare (ECM) e con le
cellule adiacenti sono critiche per la
morfogenesi tessutale durante lo sviluppo
e per l’omeostasi e rimodellamento
lungo il corso della vita di un
individuo. La matrice extracellulare
svolge un ruolo critico come matrice
sulla quale ed entro la quale i tessuti
possono organizzarsi; la ECM contiene
un enorme ammontare di informazioni
che regolano la forma cellulare,
l’organizzazione del citoscheletro
(una sistema “muscolare” e di comunicazione
interno alla cellula), la
mobilità cellulare e la loro polarità,
l’espressione genica (meccanismo con
il quale la cellula produce specifiche
molecole), proliferazione e sopravvivenza.
La ECM è un argomento a
cui prestare particolare attenzione e
soprattutto dovrebbe essere utilizzata
come modello a cui riferirsi nel momento
in cui si progetta uno scaffold
(una sorta di ECM temporanea) per
l’ingegneria dei tessuti, a partire dalla
scelta del materiale fino alla struttura
macroscopica finale.
A partire da queste considerazioni,
grande attenzione viene oggi rivolta ai
polimeri di origine naturale, in quanto
la natura fornisce una vasta gamma
di materiali, sintetizzati e strutturati
per svolgere diverse funzioni, e perfezionati
lungo milioni di anni di evoluzione
e selezione.
Questi materiali, principalmente
compositi, sono una fonte di ispirazione
per la scienza dei materiali, e
particolarmente per materiali di uso
biomedico. I polimeri naturali infatti
si possono definire multifunzionali
(possono interagire con più sistemi simultaneamente),
miniaturizzati (hanno
sempre dimensioni molto ridotte),
in grado di rispondere a seconda della
chimica-fisica dell’ambiente, contribuendo
a rendere altamente dinamico
il sistema vivente.
I materiali di origine biologica spesso
rivelano una combinazione di proprietà
non riproducibili attraverso
processi artificiali.
I biopolimeri principalmente utilizzati
nel settore biomedico appartengono
alla famiglia delle proteine, ad
es. collagene (estratto da maiale, coda
di ratto, ma oggi anche da organismi
marini quali la medusa), fibrina (proteina
che partecipa alla coagulazione
del sangue) e dei polisaccaridi, ad
esempio alginato (estratto dalle alghe),
chitina (estratta dall’esoscheletro
di molti crostacei ed insetti), amido
(estratto da molti vegetali), acido
ialuronico (estratto ad esempio dalla
cresta di gallo, pinne di pescecane).
Nell’ambito dei biopolimeri proteici,
da circa 16 anni il nostro gruppo
è attivo nello studio e progettazione
di matrici per applicazioni nel settore
dell’ingegneria dei tessuti, utilizzando
in modo particolare una delle due
proteine che costituiscono il filo di
seta.
Figura 1. Dal filo di seta alla rigenerazione dei tessuti. Filo di seta: A- fibroina; B-sericina; idrogelo iniettabile di fibroina; cellule
(osteoblasti isolati dall’osso) aderenti all’idrogelo di fibroina.
La seta viene prodotta come lunghi
filamenti da più di 113.000 specie di
insetti dell’ordine dei Lepidotteri e
da circa 30.000 conosciute specie di ragni. Inoltre, numerose altre specie
di insetti sono in grado di produrre
questo biopolimero naturale. Le fibroine
prodotte dalle varie specie di
insetti (Classe dei Lepidotteri), fondamentalmente
per la produzione
di una struttura di protezione chiamata
bozzolo e di Artropodi (Classe
degli Aracnidi), principalmente per
la costruzione di reti utilizzate per la
cattura della preda ma in alcuni casi
per avvolgere e proteggere le uova,
differiscono per composizione amminoacidica,
forma e dimensione della
bava serica e per peculiari caratteristiche
fisico-meccaniche. Ad esempio, le
sete prodotte dal ragno (ogni specie
ne produce almeno 10 tipi differenti
in ghiandole specializzate e sotto controllo
ormonale) presentano un valore
d’allungamento a rottura e resistenza
alla compressione più elevati se
comparati con fibre sintetiche quali il
Kevlar o fibre UHDPE (poly-etilene
ad ultra alta densità).
Le tre principali varietà di seta sono
quelle prodotte dai Lepidotteri
Bombyx mori, dal genere Antherea
(conosciuta anche come Tussah o
seta selvatica) e Phillosamia. La seta
maggiormente caratterizzata è quella
prodotta da Bombyx mori, meglio
conosciuto come baco domestico, il
cui filamento continuo (circa 1500
metri, unico esempio in natura) tratto
dal bozzolo, è utilizzato in campo
tessile da più di 4000 anni.
Da alcuni anni la fibroina rigenerata
(vale a dire dissolta e ricostruita) suscita
un notevole interesse anche in
campo biomedico, come substrato
per l’attivazione cellulare, come supporto
per enzimi, ecc. Il filamento
serico è formato da due differenti
proteine, la fibroina e la sericina. Un
doppio filamento di fibroina è avvolto
da uno strato esterno di sericina,
una proteina gommosa solubile in
acqua.
La sequenza amminoacidica
principale della fibroina prodotta dal
baco domestico è costituita dall’esapeptide
glicina-alanina-glicina-alanina-
glicina-serina che unitamente alla
tirosina costituisce circa il 95% degli
amino acidi (aa) presenti, costituendo
una struttura molto più semplice
se confrontata con altre due proteine
utilizzate in campo biomedico, quali
il collagene e la cheratina. La struttura
sopra-molecolare della fibroina risulta
essere composta di due parti distinte,
una catena detta pesante (350kD) ed
una leggera (25kD) stabilizzate da un
ponte di-solfuro e unite attraverso interazioni
di tipo idrofobico con una
terza catena proteica legata ad uno
zucchero (glicoproteina) chiamata
P25. All’interno della ghiandola serica,
la fibroina è molto concentrata,
idrosolubile, molto simile ai cristalli
liquidi, che viene trasformata durante
la fase di vera e propria estrusione
operata dal baco durante la costruzione
del bozzolo, in una conformazione
altamente orientata e ordinata detta
a fogli pieghettati beta, rendendo la
fibra altamente cristallina e conferendole
peculiari proprietà meccaniche e
di lucentezza.
Ma perché la seta?
La risposta nasce dall’osservazione
del significato biologico del bozzolo,
una struttura che l’insetto costruisce
attorno a sé per difendere la delicata
fase della metamorfosi dai raggi UV,
da batteri, muffe, umidità, ecc., e per
cui le fibre prodotte non hanno solo
polimeri strutturali (fibroina) ma anche
altre molecole con diverse attività
(ad es. antibatterici, beta-carotenoidi
come anti-ossidanti). La presenza di
beta-carotenoidi nella parte superficiale
della fibra, ne determina la
colorazione. Infatti, i bozzoli prodotti
dalle razze pure, non sono mai
bianchi ma si possono trovare colorazioni
cha vanno dal rosa, al verde, al
giallo.
Oggi l’industria tessile utilizza
seta proveniente da bozzoli prodotti
da razze ibride, realizzate per avere
la massima produzione di filo e con
migliori proprietà, ma nel far questo
le razze ottenute non producono più
molecole di difesa, la seta è bianca e il
baco è incapace di vivere in condizioni
non controllate.
La seta prodotta dal baco da seta domestico,
Bombyx mori, è utilizzata
da secoli come materiale da sutura in
chirurgia per le sue ottime proprietà
meccaniche, e in quanto filo continuo
“pronto all’uso”. Per alcune applicazioni,
inoltre, veniva utilizzato
non il filo del bozzolo, ma le ghiandole
serigene stirate ed allungate. Il filo
da sutura di seta è stato poi progressivamente
abbandonato per le reazioni
infiammatorie e di ipersensibilità che
si riscontravano nei tessuti. Successivamente
è stato dimostrato che tali reazioni negative derivavano dalla
presenza della proteina gommosa di
rivestimento, la sericina.
La fibroina, una volta purificata dalla
sericina tramite un processo chiamato
sgommatura (antico termine che indica
la rimozione della proteina gommosa
sericina. Questo trattamento è
utilizzato nel settore tessile e la fibra
serica assume la sua particolare lucentezza
solo dopo la sgommatura) può
essere processata secondo diverse metodiche
che inizialmente prevedono
una preliminare dissoluzione, e che
consentono la preparazione di membrane,
fibre, idrogeli, reti, polveri e
spugne.
Materiali differenti non solo dal punto
di vista morfologico, ma con gradi
di ordine molecolare, grado cristallino
e peso molecolari variati e controllati,
utilizzabili a seconda del tessuto
che si vuole rigenerare. Attraverso
metodiche di processo differenti messe
a punto presso i nostri laboratori,
si possono modulare non soltanto le
caratteristiche morfologiche macroscopiche
(ottenendo spugne a porosità
controllata, tessuti-non tessuti con
fibre di diametro da nano a micrometrico,
ecc.), ma anche la bioattività del
sistema, cioè la capacità del materiale
di dialogare in modo appropriato con
i sistemi biologici. Questo si ottiene
“sfruttando” la natura delle proteine
per cui la loro funzione dipende dalla
conformazione assunta, e attraverso
la chimica-fisica del processo si inducono
cambi conformazionali.
Come esempio di quanto appena descritto,
si consideri che la fibra naturale
di fibroina, il cuore della fibra serica,
ha proprietà coagulanti.
Appena
la fibra viene a contatto con il sangue
induce la formazione di un trombo,
vale a dire induce l’attivazione della
coagulazione ematica. Se attraverso
opportuno trattamento la fibra è dissolta
e la proteina denaturata, cioè
perde totalmente il suo ordine cristallino,
una nuova fibra viene poi prodotta
ma con diversa conformazione,
perde la capacità di innescare la coagulazione
del sangue divenendo un
materiale anti-trombogenico potenzialmente
utilizzabile per dispositivi
a contatto con il sangue (ad esempio
protesi vascolari).
Seguendo questi principi, e definendo
diversi protocolli di processo,
sono state disegnate e prodotte varie
matrici a base di fibroina della seta,
oggi in fase di sperimentazione sia in
vitro che in vivo su modello animale,
per applicazioni che vanno dalla rigenerazione
della cartilagine, a quella
dell’osso, del legamento, del miocardio,
dei vasi ematici.
Vorrei terminare questa breve passeggiata
lungo la storia della seta e del
baco domestico, che da insetto infestante
i gelsi, è divenuto da millenni
il produttore del filo utilizzato per
produrre i più preziosi tessuti ed oggi
coinvolto in un nuovo settore di applicazione
quale la medicina rigenerativa,
con una frase di Leonardo da
Vinci: “Quando la natura termina di
produrre le sue proprie specie, l’uomo
inizia ad utilizzare i prodotti della
natura per creare un’infinità di nuovi
materiali.”
Ringraziamenti:
Vorrei innanzitutto ringraziare il prof. Claudio
Migliaresi, Direttore del DIMTI e del Centro
di Ricerca BioTech di Trento, per aver
sostenuto l’attività di ricerca riguardo l’utilizzo
della seta nel settore biomedico, contribuendo
in modo significativo al suo sviluppo.
Tutte le persone che hanno collaborato
negli anni, studenti, ricercatori, tecnici e la
dott.ssa Giovanna Salice, della Cooperativa
Sociolario, Cassina Rizzardi, Como.