DA PICCOLE MOLECOLE A SUPRAMOLECOLE

art9Quando piccole molecole divengono parte di strutture più complesse, aventi uniche e potenzialmente superiori proprietà e funzionalità, si aprono svariate prospettive di grande pregio tecnologico.
Di Luka Đorđević - Università degli Studi di Trieste Dip. di Scienze Chimiche e Farmaceutiche

Quando piccole molecole divengono parte di strutture più complesse, aventi uniche e potenzialmente superiori proprietà e funzionalità, si aprono svariate prospettive di grande pregio tecnologico.

È questo, ad esempio, il caso della chimica del legame intermolecolare, o supramolecolare, una affascinante branca della chimica dall’inarrestabile sviluppo, che fin dagli anni ’80 ha avuto un grosso impatto su diverse altre discipline, rivoluzionando il concetto di chimica tradizionale.

Una chimica “lego”, dove le informazioni desiderate sono memorizzate a livello molecolare per essere riprese, trasferite e sviluppate in architetture funzionali basate sul lavoro cooperativo delle singole unità, che ha già risposto o promette di rispondere a grandi sfide, dalla preparazione di molecole analoghe a quelle del mondo biologico alla fotosintesi organica, e che ha dato luce a moderne nanotecnologie.

Lo stesso concetto del partire da piccoli “building blocks” per la formazione di sistemi più complessi è di fatto anche alla base dell’approccio “bottom-up” per la sintesi di nanomateriali, in cui l’impiego di concetti base della chimica organica può contribuire alla loro preparazione con proprietà controllate, che è ancora oggi una delle maggiori sfide del nano-mondo.


Il punto di partenza: la curiosità
Il fulcro della mia ricerca si basa sul trasferimento di proprietà e funzioni dalla scala molecolare a quella supramolecolare o nanometrica dei materiali. È la curiosità di vedere come le piccole molecole si comportino quando sono “all’opera” in sistemi finemente ingegnerizzati che ha guidato e guida tuttora la mia ricerca. Questa ricerca è stata inevitabilmente ispirata dal mio percorso di formazione, che ha toccato dalla chimica organica e supramolecolare, lavorando con il Prof. Davide Bonifazi all’Università di Cardiff, ai nanomateriali, con il Prof. Maurizio Prato all’Università di Trieste, e che oggi, come componente del gruppo di ricerca del Prof. Samuel Stupp alla Northwestern University, vede la chimica supramolecolare e la scienza dei materiali interfacciarsi per materiali organici autoassemblati. Mi sono a lungo occupato della preparazione di cromofori e dello studio del loro autoassemblaggio al fine di “imitare” (attraverso interazioni di coordinazione con metalli o legami a idrogeno) l'organizzazione dei complessi sistemi antenna.

È questo soprattutto il caso delle porfirine, una classe di composti importante dal punto di vista biologico e dalla chimica affascinante, che ha da sempre attirato la mia attenzione da chimico organico. Il sistema porfirinico costituisce l’unità fondamentale di due dei più eleganti esempi di sistemi supramolecolari in natura: l’emoglobina e la clorofilla. È quindi partendo dalla lezione che la natura ci ha insegnato e attraverso gli strumenti e le conoscenze derivanti dalla chimica supramolecolare, che ho sviluppato dei sistemi abilmente organizzati, in cui la porfirina fosse capace di assorbire luce e trasferire elettroni a molecole o materiali elettron-accettori.


Architetture complesse
Come molti altri colleghi, ho anche io subito il fascino della chiralità, che ha guidato ed è stata il fulcro di due dei progetti a cui sono più legato, ovvero uno dei miei primi lavori, nonché il mio ultimo progetto di ricerca. Questa proprietà geometrica è posseduta da molecole così come da oggetti macroscopici, ed è molto comune in natura (proteine, acidi nucleici e (poli)saccaridi, che sono anche in grado di interagire in modo stereospecifico in vari eventi biologici), ma materiali chirali sono tanto scientificamente attraenti quanto difficili da ottenere.

Il comune denominatore dei miei due studi è il trasferimento della chiralità dalla scala molecolare al livello dei materiali, e quindi a sistemi più complessi con caratteristiche uniche, in cui implementare varie proprietà che ne aumentano il potenziale applicativo. Uno dei miei primi lavori è stato incentrato sui polimeri supramolecolari chirali. La storia dei polimeri supramolecolari risale al 1990, anno in cui Jean-Marie Lehn pubblicò una ricerca di polimeri formati dalla connessione supramolecolare di piccole molecole e li definì per primo come tali. Da allora, in molti cominciarono a lavorare su questo argomento, contribuendo al controllo della loro formazione e delle loro risultanti proprietà, fino a renderli protagonisti di quella che oggi è una storia di straordinario progresso scientifico e che pochi anni fa li ha visti diventare la base di innovativi approcci per impianti cardiaci.

Lo sviluppo di questi materiali nanostrutturati è stato chiaramente imprescindibile dagli studi volti alla comprensione degli elementi chiave che governano l’autoassemblaggio e l’autoorganizzazione di molecole organiche funzionali in più complesse architetture. Il controllo di queste architetture, in termini di struttura/morfologia e proprietà, è molto più semplice e immediato a livello molecolare che supramolecolare, dove nanostrutture organiche generate da processi di riconoscimento in soluzione sono il risultato di una complessa combinazione di diverse variabili. Nel nostro studio ci siamo concentrati su uno degli aspetti che è stato fino ad ora meno investigato in questo contesto, ovvero l’effetto che esercita il solvente sulla autoorganizzazione di morfologie organiche. La comprensione del ruolo che ha il solvente nella nanostrutturazione di materiali organici, quando questi vengono trasferiti dalla soluzione alla superficie, è fondamentale non solo per una appropriata costruzione di dispositivi, ma anche al fine di esercitare un controllo sul trasferimento della chiralità molecolare a una scala supramolecolare.

In questo studio, tale trasferimento è stato ottenuto mediante l’opportuno design di un sistema eterocomplementare basato su tripli legami a idrogeno, utilizzando una piccola molecola otticamente attiva (1,1'-bi-2-naftolo) come “building block” e unità chirale, insieme a un cromoforo lineare achirale (oligofeniletilene) come partner per l’instaurazione dei legami a idrogeno. In relazione alle proprietà solvofobiche della soluzione, è possibile ottenere morfologie diverse: sferiche, astiformi, fibrose o elicoidali, e quest'ultime sono state le sole a mostrare chiralità. Pertanto, abbiamo dimostrato come a partire dagli stessi “building blocks” sia possibile modulare la morfologia delle nanostrutture, così come la trasmissione di chiralità attraverso il solvente (il grado di associazione del riconoscimento dei legami ad idrogeno, la pressione di vapore del solvente, il carattere solvofobico/solvofilico degli addotti supramolecolari sotto condizioni importanti).


Materiali molto attraenti
art9_bPiù recentemente, attraverso un opportuno design dei precursori, e sfruttandone la loro reattività chimica in condizioni idrotermiche, parte della mia ricerca è stata indirizzata alla innovativa preparazione di nanoparticelle di carbonio (carbon nanodots, CNDs) con proprietà specifiche e modulabili, in termini di dopaggio, proprietà ottiche o redox, per la preparazione di materiali ibridi con carattere antiossidante o di interesse energetico.

I CNDs sono degli emergenti nanomateriali biocompatibili che godono di proprietà molto attraenti per svariate applicazioni.

Quando, nel 2015, ho iniziato a lavorare su questo argomento, risultava difficile preparare questi materiali in modo “controllato”, con le proprietà desiderate, e in realtà lo è tuttora: è in questo contesto che si inserisce la mia ricerca, proponendo delle metodologie sintetiche volte alla preparazione di CNDs “su misura” per specifiche applicazioni, e offrendo quindi nuove prospettive per sfruttare a pieno il loro potenziale.

Più recentemente, ho studiato il trasferimento di chiralità dalla scala molecolare a quella nanometrica dei CNDs. Le prime nanoparticelle chirali inorganiche sono state riportate circa due decenni fa, utilizzando dei ligandi chirali (glutadione) per nanocluster di oro.

Da allora, questa metodologia basata sulla funzionalizzazione post-sintetica di nanostrutture con molecole otticamente attive è stata estesa ad altri sistemi, come quantum dots inorganici o nanoparticelle magnetiche, rimanendo il principale approccio per la preparazione di nanostrutture chirali e il cui progresso ha dato avvio a inimmaginabili applicazioni in svariati campi.


Nanoparticelle con enormi potenzialità
In questo lavoro viene riportata la preparazione “bottom-up” di nanoparticelle di carbonio chirali in un solo “step” sintetico, evitando procedure post-sintetiche. Oltre ad essere chirali, queste nanoparticelle godono di altri interessanti proprietà, come la solubilità in acqua, biocompatibilità e luminescenza, che ne fanno dei candidati altamente promettenti nel vasto scenario delle nanoparticelle, anche perché sono stati impiegati esclusivamente precursori commerciali a basso costo per la loro produzione. In particolare, un amminoacido (arginina) contribuisce alla formazione del core della nanoparticella, e una diammina chirale (R,R)- o (S,S)-1,2-cicloesandiammina) capace di trattenere la chiralità ad alte temperature in acqua, gioca invece un ruolo essenziale per la formazione e le caratteristiche della superficie della nanostruttura, rendendola chirale.

I CNDs si sono dimostrati capaci di trasferire la loro chiralità ad altri sistemi, come complessi supramolecolari che sono stati in grado di istaurare con cromofori (porfirine), estendendo quindi il loro potenziale in sistemi funzionali più complessi. Infine, consapevoli che il potenziale di questa metodologia sintetica non possa prescindere dalla sua versatilità, è stato dimostrato come l’utilizzo di diversi precursori deputati alla formazione del core della nanoparticella, mantenendo lo stesso precursore chirale per la sua superficie, risulti nella formazione di nanostrutture chirali con diverse/modulabili proprietà optoelettroniche.

Pertanto, al di là della preparazione delle prime nanoparticelle chirali attraverso una innovativa, economica e veloce metodologia basata su un solo step sintetico e una semplice procedura di purificazione, questo studio getta le basi per la preparazione di una intera libreria di materiali con proprietà diverse.



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