LA PERSONA AL CENTRO

art5Un programma di cooperazione sanitaria italo-venezuelana nel campo dell’onco-ematologia.
Intervista a Enrica Giavatto, Direttrice ATMO, Associazione per il trapianto di midollo osseo

Ogni anno nel mondo vengono diagnosticati quasi 200.000 casi di tumore infantile, i quali rappresentano la prima causa di morte nei bambini di età compresa fra i 5 e i 14 anni. Nei paesi in via di sviluppo, la mortalità causata dal cancro infantile raggiunge circa il 60% dei casi, a differenza dei paesi più industrializzati in cui questa percentuale si attesta tra il 20 e il 25%.

In paesi come il Venezuela, le cause di questo alto tasso di mortalità si ritrovano nella scarsa informazione circa queste patologie, nella diagnosi tardiva, nell’assenza di nuove ed efficaci tecniche di laboratorio che permettano di classificare il paziente in maniera opportuna, in base al rischio, secondo le linee guida internazionali.


Come nasce l’Associazione? Perché la scelta di occuparvi in modo particolare dei bambini venezuelani?
La nostra storia affonda le sue radici a Maracaibo, nel 1997, quando la leucemia entrò a far parte per la prima volta nella vita della nostra Presidente, Mercedes Elena Álvarez, colpendo sua nipote Michelle, all’epoca di soli 3 anni. Le cure chemioterapiche non furono sufficienti per sconfiggere la malattia e la condizione clinica di Michelle purtroppo si aggravò ulteriormente. Per lei l'unica speranza di sopravvivenza era quella di sottoporsi al trapianto di midollo osseo, ma all’epoca in Venezuela non era possibile effettuare quel tipo di trattamento.

Michelle e Mercedes non avevano comunque alcuna intenzione di arrendersi. Così fecero i bagagli e arrivarono in Italia, più precisamente in Toscana. Grazie all’aiuto di tante mani amiche Michelle si sottopose al trapianto di midollo osseo presso l’Ospedale Santa Chiara di Pisa e guarì da quel terribile male. Tornata in Venezuela, la nostra Presidente non dimenticò tutti i bambini conosciuti nelle corsie dell’Hospital Universitario di Maracaibo che purtroppo non avevano avuto la stessa fortuna di Michelle. Così decise che il suo obiettivo da quel momento in poi sarebbe stato quello di dar vita a un programma di cooperazione sanitaria internazionale che permettesse a tanti bambini venezuelani di curarsi e di sottoporsi al trapianto di midollo osseo in Italia.

Nacque così nel 1999 la FTMO, Fundación para el Trasplante de Médula Ósea, che da quel momento in poi avrebbe rappresentato un punto di riferimento per tutti i pazienti venezuelani colpiti dalle leucemie, da altre patologie onco-ematologiche ed ematologiche.

Sette anni dopo, il 15 novembre 2006, nasce ATMO Onlus, la gemella italiana della FTMO, con lo scopo di accogliere e offrire un supporto a 360 gradi ai piccoli pazienti venezuelani in cura in Italia e ai loro accompagnatori; un impegno rafforzato nel 2010 anche dai due Stati grazie alla firma di un protocollo d’intenti siglato dai due Ministri degli Esteri dei rispettivi paesi.


Come si concretizza il vostro programma?
Il programma si basa interamente sui nostri valori fondanti: l’orientamento al paziente e la solidarietà. Le prime tre fasi del programma si realizzano in Venezuela, dove il caso di ogni singolo paziente, prima segnalato alla FTMO, viene esaminato da un Comitato Scientifico composto da medici specializzati in malattie oncologiche ed ematologiche. Qualora il paziente sia eleggibile a un trapianto al di fuori del paese, in seguito all’approvazione del Ministero della Salute venezuelano, la FTMO e ATMO Onlus si attivano per supportare il paziente e i suoi accompagnatori nel disbrigo delle pratiche legali per l’arrivo in Europa, sostenendo il costo del volo dal Venezuela all’Italia. Inoltre, ATMO Onlus trova e garantisce un alloggio in Italia per il paziente e i suoi accompagnatori, avvia le pratiche per la richiesta dei permessi di soggiorno e prende i necessari accordi con una delle tredici strutture ospedaliere che collaborano al nostro programma: tra queste l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, l’AOU Sant’Orsola-Malpighi di Bologna e l’Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino.

Una volta giunti in Italia, il paziente e la sua famiglia vengono accolti dai nostri operatori dell'area logistica e socio-sanitaria, che da quel momento in poi seguiranno il paziente in tutto il percorso di cura, offrendo il necessario sostegno durante le visite in ospedale, i ricoveri e nella gestione delle relazioni con i medici che seguono il caso. I costi dell'ospitalità, del vitto e delle prestazioni sanitarie, incluso il trapianto, sono totalmente gratuiti per i pazienti, coperti interamente dal nostro programma e sostenuti dallo Stato Venezuelano grazie al supporto di PDVSA (Petróleos de Venezuela S.A.), la principale azienda del paese. Terminato il percorso di cura, che può durare anche anni, il paziente e i suoi familiari possono tornare a casa, dove saranno costantemente seguiti dalla FTMO e dagli ospedali venezuelani con cui collaboriamo. Inoltre, nei primi anni successivi al trapianto, i nostri pazienti tornano periodicamente a farci visita, per proseguire il loro percorso di follow-up e monitorare la loro condizione di salute presso l’ospedale che li ha avuti in cura.


Come è strutturata la rete di accoglienza in Italia?
La rete che abbiamo costruito in questi dodici anni di attività rappresenta anche la grande forza del nostro programma. Oltre alle strutture ospedaliere, per offrire un sostegno a 360 gradi ai nostri pazienti possiamo contare su una rete di cittadini, istituzioni e associazioni che ogni giorno si impegnano a garantire accoglienza e ospitalità ai nostri amici venezuelani. Il benessere o la salute di una persona non si possono assicurare solo attraverso le cure mediche. Per questa ragione cerchiamo di creare attorno al paziente un clima di accoglienza, solidarietà e condivisione, facilitando i momenti d’incontro e di svago con gli altri pazienti (venezuelani e non) ospitati nella stessa città o regione. Affrontare una malattia come la leucemia, per un bambino e per la sua famiglia, è sempre un momento molto complesso e delicato. Non dimentichiamo inoltre che le famiglie quando arrivano in Italia non parlano la nostra lingua e adattarsi a una realtà così lontana può essere molto difficile, soprattutto all’inizio.

Per questo è importante creare una rete di sostegno attorno a loro, affinché i pazienti possano condividere un percorso che offra un sostegno non solo di tipo medico, ma anche sociale e psicologico. Questo è un impegno a cui teniamo particolarmente, come testimonia la presenza di una psicologa all’interno del nostro team. Non dimentichiamo anche il ruolo fondamentale di tante case di accoglienza e associazioni che ospitano i nostri pazienti e che si impegnano ogni giorno per farli sentire a casa propria e regalare loro un sorriso nel tempo libero. Nella sola città di Torino possiamo contare sulla preziosa collaborazione di sei associazioni, senza contare il sostegno di tante altre realtà che collaborano con noi a livello nazionale, come Make-AWish Italia che ha esaudito i desideri di molti dei nostri pazienti.


Quanti sono ad oggi i pazienti assistiti e i trapianti realizzati?
Dal 2006 il programma ha permesso di realizzare 392 trapianti di midollo osseo e di assistere in Italia 487 pazienti, di cui 45 si trovano ora nel nostro paese. A riceverli è soprattutto l'Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino, che ad oggi ha assistito 100 pazienti e realizzato più di 100 trapianti a favore dei bambini venezuelani arrivati grazie al programma di ATMO Onlus. I dati ci confortano ed incoraggiano molto, dato che dei 100 pazienti assistiti, il 65% non ha presentato una ricaduta dopo il trattamento e molti di loro hanno potuto fare ritorno in Venezuela e riprendere una vita normale.

Oltre all’aiuto in Italia, la nostra associazione si impegna a sostenere anche i pazienti che stanno affrontando questo tipo di malattie in Venezuela pur non avendo la necessità di ricorrere al trapianto, ma hanno bisogno di farmaci per completare in maniera appropriata il percorso chemioterapico. Questo tipo di aiuto è molto importante, proprio perché un numero sempre maggiore di pazienti che non ha potuto curarsi adeguatamente in precedenza ha la necessità di ricorrere al trapianto. Per limitare questo rischio ed evitare che ciò accada sempre più frequentemente, abbiamo avviato una collaborazione con la Fundación Hospital de Especialidades Pediátricas di Maracaibo per sostenere e garantire le cure chemioterapiche di base a sette bambini dell’ospedale per l’intero anno.


Come vi muovete sul fronte della promozione e della sensibilizzazione?
La diffusione del sapere medico-scientifico e la sensibilizzazione sui temi legati al cancro infantile e al trapianto di midollo osseo sono stati sin da subito una priorità per la nostra associazione. Per questo motivo abbiamo sempre promosso e facilitato l’interscambio scientifico tra i medici venezuelani e quelli italiani con cui collaboriamo attraverso l’organizzazione di eventi e convegni di carattere tecnico e periodi di formazione in loco sui temi delle cure dedicate ai pazienti oncoematologici, per far sì che le competenze vengano condivise e si crei tra équipe mediche così distanti in termini geografici una relazione di scambio e di collaborazione sempre più proficua, a beneficio dei medici stessi e, in particolar modo, dei pazienti venezuelani.

Quest’anno, tra le varie campagne di sensibilizzazione che abbiamo organizzato e gli eventi informativi a cui abbiamo partecipato, è stato lanciato il progetto Ci.Si.A.Mo. – Cittadini Sino Al Midollo, che si rivolge in particolar modo al mondo della scuola e a quello dello sport, i due grandi poli di aggregazione dei più giovani. Il progetto è un vero e proprio percorso di promozione della cittadinanza attiva, il cui obiettivo è quello di sensibilizzare i più giovani, la generazione del futuro, sul tema dei diritti umani, in particolare di quello alla salute, e di incentivarli alla donazione del midollo osseo, prendendo così parte in maniera attiva alle sfide della nostra società in tema di salute.


Ricorda qualche esperienza particolarmente significativa, qualche storia che l’ha emozionata e colpita in modo speciale?
Le storie che abbiamo vissuto in questi anni meriterebbero tutte di essere raccontate; storie di lotta, fede, speranza, ma anche di dignità e resilienza uniche.

Ho scelto quella di Marcos perché la considero un grande esempio di riscatto, da parte di un ragazzo dotato di una forza e di una sensibilità straordinarie.

Marcos è arrivato in Italia nel 2011 all’età di 15 anni, a causa di un’aplasia midollare ed è stato trapiantato all’Ospedale Materno Infantile Burlo Garofolo di Trieste grazie a un donatore non familiare iscritto al registro dei donatori, un gesto di amore che gli ha salvato la vita. Mi piace pensare che anche questo possa essere stato determinante nelle sue scelte future, perché quello di salvare vite è in effetti diventato l’obiettivo anche di Marcos.

Infatti una volta tornato in Venezuela, Marcos si è diplomato e successivamente si è iscritto alla Facoltà di Medicina dell'Universidad Central di Caracas per diventare medico.

Il motivo di questa sua scelta è tutto in una frase che mi ha detto proprio pochi giorni fa: “non c’è soddisfazione più grande per me nel vedere un paziente sorridere e nel sapere che ho fatto qualcosa per alleviare il suo dolore.

Questo era un sogno che avevo sin da bambino, e non è stato facile arrivare sin qui; ci sono voluti tanti anni di sacrificio e dedizione, soprattutto all’inizio quando ero ancora in fase di recupero, ma ora il mio sogno si sta realizzando e spero un giorno di specializzarmi in chirurgia oncologica o toracica”.



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