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diabete e patologie cardiovascolari nella popolazione anziana.

Lo studio ILSA
La Sindrome Metabolica (SM) si caratterizza per la presenza di molteplici fattori di rischio per le patologie cardiovascolari. Nonostante sia molto frequente e chiaramente associata a morbilità e mortalità nella popolazione adulta, poche informazioni sono attualmente disponibili per quanto riguarda la popolazione anziana.

Abbiamo misurato la prevalenza di SM considerando i dati dello studio ILSA (Italian Longitudinal Study on Aging), uno studio di popolazione basato su un campione di 5632 soggetti con età compresa tra i 65 e gli 84 anni (1992). Stratificando le analisi per sesso e malattia diabetica, abbiamo quindi valutato l’associazione della SM con ictus, cardiopatia ischemica (CHD) e diabete all’inizio dello studio, e con la mortalità cardiovascolare dopo 4 anni.

La prevalenza di SM è risultata pari a 25,9% nei maschi non diabetici e 55,2% nelle donne non diabetiche; tra i soggetti con diabete, invece, le corrispondenti percentuali sono 64,9% e 87,1%. Al baseline abbiamo osservato un’associazione significativa, sia per i maschi che per le femmine, con ictus e con diabete. Solo per i maschi, inoltre, si è evidenziata un’associazione significativa con CHD.

Durante i 4 anni di follow-up, abbiamo osservato tra gli uomini con SM non diabetici un rischio di mortalità cardiovascolare (CV) superiore del 12% rispetto ai soggetti senza SM, mentre per le donne non si sono evidenziate differenze significative. In conclusione, possiamo affermare che la SM è molto comune tra gli anziani italiani e risulta essere associata a ictus e diabete per entrambi i sessi, e solo nei maschi a CHD. Tra gli uomini, inoltre, risulta riconducibile a un significativo incremento nel rischio di mortalità cardiovascolare.


Introduzione ::..

A partire dalla prima descrizione della Sindrome Metabolica (SM), numerosi studi hanno dimostrato come questa condizione sia fortemente presente nella popolazione adulta, con una grande variabilità legata a razza e genere, e come sia un importante fattore di rischio per gli eventi cardiovascolari, relativamente indipendente dal rischio riconducibile a ciascun singolo fattore che definisce la stessa SM.

Pochi dati sono tuttavia disponibili per quanto riguarda la SM nella popolazione anziana.

Sulla base dei criteri NCEP ATP III, la prevalenza di SM in soggetti non istituzionalizzati con 70 anni o più, rilevata attraverso i dati dello studio NHANES III, risulta pari al 42%.

Dati provenienti dagli studi “San Antonio Heart” e “Framingham Offspring” confermano i risultati evidenzianti dalla coorte NHANES III, e mostrano tassi più alti tra le donne Americane-Messicane rispetto agli uomini. Più recentemente, Scuteri e altri, in base ai dati dello studio “Cardiovascular Health Study” hanno riportato una prevalenza nei soggetti ultra-sessantacinquenni, senza patologie cardiovascolari, pari al 32% per gli uomini e 37% per le donne.

Gli studi “Korea National Health” e “Nutrition Examination Survey”, condotti nel 1998 su un campione rappresentativo di 6147 adulti, hanno evidenziato un incremento nella prevalenza di SM con l’avanzare dell’età. Per gli uomini, l’incremento nella prevalenza legato all’età raggiunge un plateau dopo i 55 anni, mentre per le donne la prevalenza aumenta linearmente con l’età e raggiunge il 50% tra le ultra-sessantacinquenni.

Utilizzando dati provenienti da un ampio studio di popolazione condotto in Italia, abbiamo valutato la prevalenza di SM in soggetti con età compresa tra i 65 e gli 84 anni, e la relativa associazione con le patologie cardiovascolari.


Metodi Popolazione ::..

Le analisi sono state sviluppate utilizzando dati provenienti dallo studio ILSA (Italian Longitudinal Study on Aging), un’indagine epidemiologica condotta in Italia e già ampiamente descritta.
Sulla base delle liste anagrafiche di otto comuni del Nord, del Centro e del Sud Italia è stato individuato un campione casuale di 5632 soggetti di età 65-84 anni, stratificato per sesso ed età.

Il protocollo dello studio e i relativi obiettivi sono stati presentati a ciascun soggetto prima che questi firmasse un consenso informato; il protocollo è stato preventivamente approvato dai Comitati Etici dei centri partecipanti. L’indagine al baseline (1992) includeva un’intervista standardizzata sulle abitudini di vita riconducibili allo stato di salute, sulla storia medica, oltre che esami di laboratorio su un campione di sangue raccolto dopo una notte di digiuno, una valutazione medica e alcuni test diagnostici.

I soggetti risultati positivi per alcune patologie selezionate (patologie cardiovascolari, diabete, ictus, demenza, Parkinsonismi), sono stati ulteriormente valutati durante una fase di conferma clinica delle diagnosi.


Analisi sui campioni di sangue ::..


Il colesterolo totale, il colesterolo HDL, i trigliceridi e il glucosio sono stati misurati utilizzando metodi enzimatici standard; l’insulinemia è stata misurata attraverso radio-immuno-assay; il fibrinogeno e l’emoglobina con elettroforesi; il conteggio delle cellule è stato fatto con un contatore automatico. Il colesterolo LDL è stato calcolato attraverso l’equazione di Friedewald.


Misurazioni antropometriche ::..

Tali misurazioni sono state effettuate durante la valutazione clinica da personale opportunamente addestrato. L’Indice di Massa Corporea (IMC) è stato calcolato rapportando il peso (kg) al quadrato dell’altezza (m2). Le circonferenze sono state misurate utilizzando un nastro flessibile, con il soggetto in piedi. La circonferenza addominale, in particolare, è stata misurata alla fine dell’espirazione, utilizzando il nastro a livello dell’ombelico.


Definizione di Sindrome Metabolica ::..


Sulla base dei criteri ATP-III, la diagnosi di SM è stata basata sulla presenza di tre o più delle seguenti condizioni: obesità addominale (circonferenza della vita >102 cm per gli uomini e > 88 cm per le donne); elevati trigliceridi (= 150 mg/dl); basso colesterolo HDL (<40 mg/dl per gli uomini e <50 mg/dl per le donne); elevata pressione (=130/=85 mm Hg); elevata glicemia (=110 mg/dl). Nei criteri per valutare la SM sono stati considerati anche l’uso di medicinali ipolipemizzanti (n=343) e anti-ipertensivi (n=1471).


Mortalità ::..

I tassi di mortalità sono stati costruiti in base al metodo delle persone-anno, considerando un periodo medio di osservazione di 4 anni dal baseline. Per i soggetti deceduti è stata ottenuta una copia del certificato ufficiale di morte; le cause di morte sono state classificate utilizzando i codici ICD-9. La mortalità cardiovascolare è stata definita in corrispondenza dei codici ICD-9 390-459.


Analisi statistiche ::..

Le analisi sono state condotte separatamente per maschi e femmine. Al fine di generalizzare il campione ILSA alla popolazione italiana, è stato definito un set di pesi sulla base della distribuzione per sesso ed età della popolazione di riferimento (Census 1991) e delle frazioni di campionamento. Le distribuzioni differenziali di fumo e patologie selezionate, stratificate per sesso, presenza di diabete e SM, sono state confrontate attraverso il test del X2. Le medie di gruppo relative a età, misure antropometriche e determinazioni ematiche sono state comparate considerando i modelli lineari generalizzati (GLM).

L’omoschedasticità delle varianze è stata testata con il test di Levene; si è considerato il test di Welch nel caso in cui tale assunzione risultasse violata. Sono stati costruiti dei modelli di regressione logistica aggiustati per età, separatamente per maschi e per femmine, con ictus, diabete e CHD come variabili dipendenti, e SM (o le sue componenti), fumo, insulinemia e fibrinogeno come variabili indipendenti. L’associazione della SM e di ciascuna delle sue componenti con la mortalità cardiovascolare è stata valutata attraverso modelli di Cox aggiustati per sesso, età, stato diabetico, insulinemia e fibrinogeno.

L’assunzione di proporzionalità è stata verifica considerando i residui di Schoenfeld delle covariate introdotte nei modelli. Hazard Ratio (HR) aggiustati e intervalli di confidenza (CI) al 95% sono stati stimati per valutare la forza di questa associazione. Le analisi sono state sviluppate utilizzando il pacchetto statistico SAS, versione 8.02.


Risultati ::..


La prevalenza di SM aggiustata per età risulta significativamente più alta nelle femmine rispetto agli uomini. Per entrambi i generi, la prevalenza di SM è più altra tra i soggetti diabetici rispetto ai non diabetici (p<0.0001), e raggiunge tassi del 65% e 87%, rispettivamente, in maschi e femmine. In entrambi i gruppi, i tassi sono maggiori tra le femmine rispetto ai maschi e questo è principalmente dovuto a due componenti della SM che sono tre volte più frequenti nelle donne: l’obesità viscerale (75.2% vs. 29.5%) e il basso colesterolo HDL (56.5% vs. 22.8%).
Tra i maschi non diabetici, coloro che sono affetti da SM tendono ad avere un profilo lipidico meno favorevole, hanno livelli più alti di glicemia, insulinemia, fibrinogeno e pressione.
Tra i maschi diabetici non sono state trovate differenze in relazione a SM per colesterolo LDL, colesterolo totale, HbA1c e fibrinogeno. Un simile modello di differenze è stato trovato tra le donne, a eccezione del fibrinogeno che, indipendentemente dal diabete, non presenta differenze relative allo status di SM, e alla pressione che invece mostra differenze solo nelle donne non diabetiche. Dopo aver aggiustato per età, fumo, insulinemia e fibrinogeno, i soggetti con SM risultano 1,7 e circa 5 volte più a rischio di essere affetti, rispettivamente, anche da ictus e diabete. Gli uomini con SM si rivelano anche essere più affetti da CHD rispetto a quelli senza SM, ma tale associazione non è confermata nelle donne. Nessuna delle singole componenti della SM è risultata essere significativamente associata a CHD in entrambi i sessi, con eccezione della iperglicemia, associata allo stroke e dell’ipertrigliceridemia associata al diabete nelle donne. Come atteso, sia nei maschi che nelle femmine, l’iperglicemia è risultata fortemente associata al diabete. A causa dell’insufficiente dimensione campionaria nei gruppi di soggetti diabetici, abbiamo potuto valutare l’impatto della SM sulla mortalità CV solo tra i partecipanti non diabetici. Abbiamo evidenziato un incremento nel rischio di mortalità CV nei maschi con SM, dopo aver corretto per età, fumo, insulinemia e fibrinogeno, mentre mentre non è stata rilevata alcuna associazione significativa tra SM e mortalità tra le donne. In relazione alla variabile età nei modelli di Cox, abbiamo notato come solo per i maschi questa variabile non soddisfacesse il requisito della proporzionalità (residui di Schoenfeld); è stata pertanto inserita nei modelli anche l’interazione età-tempo. Tale interazione risultava significativa. Per le donne, invece, l’età e le altre variabili di confondimento risultavano soddisfare tutte il requisito di proporzionalità. Nei modelli che consideravano le componenti della SM, non si è evidenziata alcuna associazione significativa con la mortalità CV, con eccezione del basso colesterolo HDL negli uomini e dell’iperglicemia nella donne.


Discussione ::..

Questo studio analizza la prevalenza di SM considerando un vasto campione, rappresentativo della popolazione italiana con età compresa tra i 65 e gli 84 anni. In generale, gli studi epidemiologici hanno evidenziato una prevalenza di SM più alta negli uomini rispetto alle donne nelle età più giovani, e perciò la maggior prevalenza tra le donne anziane rilevata col nostro studio, come anche su altre coorti (4,5), può essere ricondotta alla mortalità selettiva degli uomini con SM all’età più giovani. La frequenza di altri ben noti fattori di rischio cardiovascolare, come il colesterolo LDL, il colesterolo totale, l’insulinemia, il fibrinogeno, sfavorevole rapporto ApoB/A1, è più alta nei soggetti non diabetici, maschi e femmine, con SM, e questo potrebbe essere legato a un incremento nel rischio di eventi CV.

La prevalenza di eventi cardiovascolari maggiori, quali ictus e CHD, è più alta e fortemente associata alla SM negli uomini. Il meccanismo che spiega l’incremento nel rischio di patologie vascolari nei soggetti con SM include disfunzioni endoteliali, aterosclerosi, alterazioni della coagulazione.

Tra le donne, sono state trovate associazioni significative per ictus e diabete, ma non per CHD. Il rischio di morbilità associato alle singole componenti della SM è risultato generalmente non significativo e ciò è concorde alle precedenti ricerche su coorti più giovani.

L’unico fattore indipendentemente associato all’ictus è risultato essere l’iperglicemia nelle donne e questo potrebbe supportare l’ipotesi di un effetto indipendente dell’iperglicemia sul sistema vascolare. Le nostre analisi mostrano come nei maschi non diabetici con SM si osservi un maggior rischio di mortalità CV nei 4 anni di follow-up.

Questi risultati sono concordi rispetto agli studi precedentemente condotti sugli uomini, oltre che rispetto agli studi che mostrano una predittività negli uomini e non nelle donne.

Al contrario, nelle coorti più giovani, è stato riportato che il rischio di mortalità CV aumenta anche nelle donne con SM. Una spiegazione alla mancanza di associazione nelle donne anziane può essere dovuta a più fattori. Potrebbe riflettere il fatto che il rischio di mortalità CV nei soggetti con una o due anomalie, inclusi in un unico gruppo con coloro che non presentano alcuna anomalia, è alta e fa diminuire, perciò, l’associazione con la SM.

Infatti, abbiamo trovato un rischio di mortalità cardiovascolare doppio nelle donne con iperglicemia, mentre negli uomini questa associazione non risultava significativa. Questo è concorde alle scoperte di recenti meta-analisi che miravano a valutare l’impatto dell’iperglicemia sull’incidenza di malattia CV e sulla mortalità CV, e che hanno mostrato come il rischio relativo fosse alto nelle coorti di maschi e femmine insieme, a differenza delle coorti di soli uomini.

Tuttavia, la mancanza di associazione con la prevalenza di CHD e con la mortalità CV nelle donne, potrebbe anche spingere verso il cambiamento di alcuni criteri clinici nella valutazione della SM nelle donne anziane e/o potrebbe indurre a discutere l’appropriatezza dell’attuale definizione della SM basata sull’ATP III per questo gruppo, quantomeno nella popolazione italiana. Per esempio, due terzi delle donne nella nostra coorte presentava obesità viscerale, ma non è stata riscontrata alcuna associazione indipendente tra questa componente con la morbilità o mortalità CV.

Ciò potrebbe far riflettere sulla bontà dei cut off, almeno sulla nostra popolazione di donne anziane. Questo studio presenta alcuni limiti. Innanzitutto, non abbiamo utilizzato il più recente criterio per la diagnosi di diabete, poiché i tassi di prevalenza delle varie patologie sono stati calcolati nel 1994. Perciò, abbiamo classificato come non diabetici, soggetti non precedentemente diagnosticati come tali e con glicemia tra 126 mg/dl e 139 mg/dl. A causa di questa potenziale misclassificazione, potremmo aver rilevato una più forte associazione tra SM e CHD e ictus nei soggetti non diabetici.

Tuttavia, anche escludendo i partecipanti allo studio con glicemia = 126 mg/dl, che non sono passati alla seconda fase dello studio di conferma clinica del diabete, abbiamo trovato risultati simili a quelli riportati. Un ulteriore potenziale limite è legato all’utilizzo di dati trasversali per valutare l’associazione con l’outcome clinico. Il follow-up relativamente breve non ci ha permesso di analizzare i casi incidenti di CHD e ictus in relazione alla SM, tuttavia l’associazione indipendente trovata con la mortalità CVD negli uomini sembra suggerire una relazione di causa-effetto al baseline.

I punti di forza del presente studio includono il campione di popolazione considerato, rappresentativo della popolazione anziana italiana, le diagnosi cliniche delle varie patologie e la valutazione affidabile dei fattori di rischio metabolico e cardiovascolare. Studi futuri, basati su follow-up più lunghi, dovrebbero essere sviluppati per capire meglio le conseguenze della SM sui soggetti più anziani. Inoltre, se la SM potesse essere implementata come standard diagnostico nei record ospedalieri, utili informazioni epidemiologiche potrebbero essere estratte già dai database amministrativi.

In conclusione, la SM nei soggetti anziani è fortemente prevalente ed è associata a un incrementato rischio di diabete e ictus per entrambi i sessi, e di morbilità e mortalità CV negli uomini. Screening per la SM dovrebbero essere sistematicamente implementati nella pratica clinica geriatrica e specifiche linee guida per il trattamento dei soggetti anziani con SM dovrebbero essere sviluppate. Sarà naturalmente importante sviluppare ulteriori analisi specifiche per sesso e studi longitudinali su altre coorti, per poter confermare i nostri risultati.



Informazioni ::..

Stefania Maggi, MD, PhD
CNR, Sezione Invecchiamento
c/o Clinica Medica 1°,
Università di Padova
Via Giustiniani, 2, 35128 Padova.
Telefono 049 8211746
Fax 049 8211818
E-mail: smaggi@unipd.it

 
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A cura di:
Stefania Maggi - MD, PhD, Marianna Noale, Sc.D, Pietro Gallina, MD, Daniele Bianchi, MD, Chiara Marzari, ScD,
Federica Limongi, ScD, Gaetano Crepaldi, MD, per ILSA Working Group - CNR - Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di
Neuroscienze, sezione Invecchiamento, Padova


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