Sezioni Tematiche

Editoriale

Oltre il limite

La parola alle Aziende

La parola alle Associazioni

Dal mondo della Ricerca

La parola alle Strutture Sanitarie

Premio Sapio 2005



 
Il materiale ceramico nato anticamente nelle botteghe artigiane è approdato nelle sale operatorie, passando attraverso il laboratorio dell’Istituto di Scienze e Tecnologie dei Materiali Ceramici (ISTEC) del Consiglio Nazionale delle Ricerche e l’impresa spin off di ricerca Finceramica, ad elevata tecnologia, entrambe con sede a Faenza. Da questo processo virtuoso ricerca-trasferimento- innovazione sono scaturiti materiali porosi che ricalcano perfettamente la struttura e la funzione del tessuto osseo spongioso naturale. Un materiale ceramico che nei laboratori dell’Istituto di Scienze e Tecnologie dei Materiali Ceramici (ISTEC) del Cnr diventa biointegrabile, permettendo di sanare le fratture ossee e di sostituire porzioni di cranio e di ossa lunghe.
Labiomedicina ha nuovi alleati. Ossa di ceramica prodotte in laboratorio e biointegrabili con il corpo umano. E’ il risultato ambizioso dell’Istituto di scienza e tecnologie dei materiali ceramici (ISTEC) del Cnr di Faenza che ha trasformato l’antica ‘arte’ in alta tecnologia, i cui sviluppi rappresentano l’ultima frontiera della medicina.

Il composto poroso ottenuto ricalca perfettamente, mimandola, la componente minerale dell’osso, in particolare il tessuto spongioso, dove avviene la rigenerazione delle cellule ossee in caso di fratture, traumi e/o malattie che comportino la necessità di processi rigenerativo - riparativi.
Il passaggio del materiale innovativo dai laboratori all’applicazione nelle sale operatorie è stato reso possibile grazie ad un’impresa spin-off della ricerca, Finceramica, che ha ottenuto la certificazione Europea per impiantare la ceramica high tech sui pazienti. Tant’è che il composto è già distribuito dalla Codman di Johnson & Johnson, per l’utilizzo in campo neurochirurgico; nel caso di traumi cranici l’opercolo asportato dal chirurgo difficilmente può essere riutilizzato per chiudere il difetto poiché subisce un processo di riassorbimento tale da non consentire più una perfetta chiusura del foro.

Fino ad oggi si è ricorsi pertanto all’utilizzo di resine acriliche responsabili non solo del rigetto nel 25% dei casi, ma anche della necrosi delle cellule cerebrali a contatto diretto. Ora invece il chirurgo può inviare la tac del cranio con il difetto da riparare a Finceramica, che, su questa immagine tridimensionale costruisce il “pezzo osseo” custom made, ossia fatto su misura, perfettamente compatibile con incidenza di rigetto uguale a zero.

Il passo successivo è stato quello di ingegnerizzare la struttura ossea nella sua complessività, comprendente l’elemento minerale e quello proteico naturale (il collagene). Lo studio è oggetto di un progetto attivato nell’ambito del sesto programma quadro dell’Unione Europea.
Gli sforzi sono indirizzati a coltivare questi impianti artificiali insieme con cellule staminali del paziente stesso in un bioreattore, così da originare un osso "quasi autologo", cioè personalizzato, sfruttando la capacità dei materiali di laboratorio di indurre una differenziazione cellulare in grado di riparare anche contemporaneamente più tessuti come nel caso dei siti articolari dove occorre ripristinare la cartilagine e, nei casi gravi, anche l’osso.

Importanti risultati emergono anche sul fronte del "drug delivery" poiché questi materiali, oltre a svolgere la loro primaria funzione di rigenerazione ossea, sono in grado di fissare o rilasciare in modo mirato farmaci antibiotici, antitumorali e fattori di crescita a seconda della richiesta terapeutica o fungere da carrier virali per la terapia genica.

L’obiettivo principale è quello di rendere disponibili per i pazienti soluzioni terapeutiche sempre più innovative, validate attraverso metodologie e risultati condivisi dai soggetti coinvolti nella sperimentazione clinica.
Si propongono in questo modo nuovi standards e linee guida per un buon governo dell’innovazione.


Le fasi della ricerca ::..


Negli ultimi anni la richiesta di impianti per sostituzione ossea sta aumentando progressivamente in particolare nei settori ortopedico, dentale, maxillo facciale e neurochirurgico. Tutte queste discipline hanno la necessità di sostituire osso mancante e di stimolare la rigenerazione ossea. Per far fronte a queste esigenze, grazie a nuove conoscenze e ad un innovativo approccio multidisciplinare, sono stati studiati e progettati materiali biocompatibili e bioattivi a base di composti calcio fosfatici che ricalcano la componente minerale dell’osso umano.

I materiali di prima generazione hanno subito rivelato i loro limiti, essendo prevalentemente costituiti da fasi pure perfettamente stechiometriche e, come effetto rebound, si è sviluppata una opinione negativa su vari composti calcio-fosfatici il cui capostipite è l’idrossiapatite. L’aumento della conoscenza ha portato ad una migliore definizione della reale composizione del tessuto osseo naturale inteso come sistema dinamico di più componenti interagenti in un ambiente anch’esso complesso e, quindi, della funzionalità dei gruppi attivi in essi contenuti. Associando a tali conoscenze in un primo tempo esigenze relative al comportamento fisico-meccanico e, in un secondo tempo, una visione completa del dispositivo nel suo proprio contesto fisiologico, è sorto il termine di biomimetico.

Oggi l’interesse si è spostato gradualmente dai materiali bioattivi osteoinduttori a quelli osteoconduttori fino ai bioassorbibili perfettamente biointegrabili e a questo proposito come accennato sopra l’interesse si è spostato verso le apatiti non stechiometriche e variamente sostituite che mimano quelle naturali. Un attento esame della stechiometria dell’apatite presente nel tessuto osseo umano ha messo in luce la presenza di sostituenti anionici (droganti) come il gruppo HPO4 2- o CO3 2- e cationici come Mg++, Na+. Questi sostituenti presenti in concentrazioni tali da non modificare la struttura cristallina dell’apatite (se non piccole variazioni dimensionali dei parametri di cella) ne alterano però drasticamente la solubilità e quindi la bioriassorbibilità. Ottimizzata la stechiometria in modo da mimare quanto più possibile quella dell’osso umano si passa alla progettazione della forma più adatta del sostituto osseo.

I granulati sono molto utilizzati come riempitivi ossei grazie alla loro estrema versatilità, tuttavia non sono adatti in interventi ricostruttivi dove sono necessarie funzioni strutturali. In questo senso si sono rivelati estremamente promettenti impianti realizzati con apatiti porose; la porosità che può variare da una microporosità < 1µm fino ad una macroporosità 400 µm deve simulare la morfologia dell’osso spongioso e viene realizzata con tecnologie differenti ciascuna delle quali privilegia una determinata caratteristica: dimensione e forma del poro, distribuzione porosimetrica, fattore di interconnessione, etc.. Una delle metodologie per la produzione di ceramici porosi che meglio riproduce la morfologia e tessitura dell’osso spongioso è quella che prevede l’impregnazione di spugne cellulosiche con sospensioni acquose di apatiti biomimetiche (HA). Modificando le caratteristiche delle polveri di HA e la reologia delle sospensioni è possibile variare la dimensione e distribuzione porosimetrica del ceramico in un range piuttosto ampio.

Il passo successivo alla preparazione dei ceramici porosi è la scelta di una componente organica che può essere naturale o di sintesi, con la quale rivestire e/o impregnare il poroso stesso. Il materiale progettato per sostituire il tessuto osseo diventa così un composito (fase inorganica/fase organica) dove la componente organica può avere molteplici funzioni: impartire una più alta elasticità all’impianto, impedire la fuoriuscita di debrise durante le fasi implantari, favorire la crescita cellulare come terreno di coltura e infine fungere da riserva di molecole che possono venire rilasciate nell’ambiente circostante.

L’impianto progettato sviluppa così anche le funzioni di drug delivery potendo rilasciare sostanze con azione farmacologica o fattori di crescita per la stimolazione delle cellule ossee che lo devono abitare.
Questi compositi, ottenuti unendo la componente inorganica ad una organica, tuttavia differiscono sostanzialmente dal tessuto naturale per la mancanza di una reale interazione tra le due componenti: interazione che modifica le caratteristiche intrinseche dei singoli componenti stessi.
Per questo sono state progettate nuove metodologie di sintesi, che sono state denominate “biologicamente ispirate” le quali sfruttano la capacità dei sistemi biologici di immagazzinare e trasferire informazioni a livello molecolare.

Utilizzando questo approccio sono stati preparati compositi bioibridi a base di collageno ed idrossiapatite (HA) realizzati nucleando direttamente nanocristalli di HA su fibre auto-assemblanti di collageno. I compositi così ottenuti sono perfettamente conformi ai tessuti naturali mineralizzati (osso) presentando la fase minerale nanostrutturata con morfologia aghiforme, ed orientamento dei cristallini di HA con l’asse di simmetria senaria parallelo all’asse lungo della fibra di collageno.

CASO 1 ::..
Il paziente è un uomo di 38 anni che nel 2000 subì un grave trauma cranico da incidente stradale.

A causa dell’esteso difetto osseo, gli venne proposto il dispositivo su misura in idrossiapatite porosa, CustomBONE Service di Finceramica.

Dalla TAC tridimensionale, viene realizzato un modello del cranio del paziente con la parte ossea mancante. Su questo modello, viene progettato un prototipo della protesi su misura in idrossiapatite.

Al controllo clinico e radiologico dopo circa 3 mesi il paziente ha recuperato una normale vita e dalla TAC si confermava un ottimo risultato. (per gentile concessione, Prof. Benericietti, Ospedale Maggiore, Parma)

CASO 2 ::..
Il paziente, 42 anni, era affetto di una neoplasia recidivata dopo trattamento inadeguato e protontherapia. Per trattare questo paziente era necessaria una resezione in blocco di 5 vertebre assieme alla massa neoplastica e una parte della dura. Inoltre è stato resezionato un segmento polmonare per adeguatezza del margine oncologico.

Durante l’intervento, che ha impiegato più di 18 ore totale, sono stati ricostruiti i corpi vertebrali con l’utilizzo di idrossiapatitica biomimetica studiata da ISTEC-CNR e prodotta e commercializzata da Finceramica. Sono stati applicati sia ENGIpore, idrossiapatite con elevata porosità, in forma delle scaglie sia SINTlife, idrossiapatite arricchito con magnesio, in forma di pasta.

Dopo l’intervento, il paziente soffriva di paraplegia sensitivo-motoria ma già al controllo a 3 mesi il paziente ha ripreso a camminare con stampelle e dal controllo TAC, è stato visto un rachide stabile.


























 
Cerca nel sito
 
 
Nasce un Polo di eccellenza per la Ricerca Biomedica Italiana

Sindrome Metabolica

Dai manufatti artistici alle protesi ossee

 
 
 

A cura di:

Anna Tampieri
coordinatore del Gruppo Bioceramici dell’ISTEC-CNR


Segnala tramite email >>