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L’ictus cerebrale è la terza causa di morte dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie. L’incidenza della malattia è destinata ad aumentare con l’invecchiamento della popolazione essendo più frequente nell’anziano. Alcuni studi hanno documentato una migliore prognosi nei pazienti accolti in strutture dedicate rispetto a quella ottenuta in reparti ospedalieri non dedicati.

L'ictus cerebrale, essendo un’emergenza medica, merita un ricovero immediato in ospedale, come suggerito da molte linee guida e se possibile in una struttura dedicata, comunemente definita “stroke unit” (SU). Alcuni studi hanno documentato una migliore prognosi nei pazienti accolti in questi centri assistenziali, rispetto a quella ottenuta in reparti ospedalieri non dedicati. Sono stati ipotizzati diversi modelli di SU. Nella maggior parte degli ospedali italiani e del Veneto è intesa comeun’unità di 4-16 letti, spesso annessa all’Unità Operativa di Neurologia, in cui i malati sono seguiti da un team multidisciplinare di infermieri, tecnici della riabilitazione e medici dedicati quasi esclusivamente alla patologia cerebrovascolare.

La presenza di personale dedicato assicura da un lato competenza professionale e dall’altro una perfetta conoscenza dell’andamento clinico con la possibilità di cogliere prontamente segni prognosticamente sfavorevoli. Dagli studi sopra citati è emerso che la presenza di un team dedicato ha ridotto lievemente l’incidenza di decessi, la disabilità residua, e la durata della degenza. Gli aspetti qualificanti delle SU sono la multiprofessionalità dell’equipe, l’approccio integrato medico e riabilitativo, la formazione continua del personale, l’istruzione di pazienti e familiari.

La formazione e l’aggiornamento sono due elementi essenziali: lo staff medico ed infermieristico deve essere continuamente aggiornato sulle nuove acquisizioni in campo medico e riabilitativo attraverso la partecipazione a programmi di educazione e prove pratiche nel trattamento e nell’approccio al paziente. L’esistenza di un’unità speciale permette anche l’impiego di trattamenti specifici quali la trombolisi per la quale è necessario un intervento più precoce possibile. Per quanto riguarda l’Ospedale di Rovigo, da tempo è attiva ed annessa all’unità operativa di neurologia, una struttura assistenziale semi intensiva dedicata alla diagnosi e cura delle malattie cerebrovascolari.

Con il trasferimento al V Piano della Neurologia verrà presto attivata una Stroke Unit, con adeguate caratteristiche strutturali e funzionali. Il personale medico ed infermieristico di questa unità ha accumulato negli anni una notevole esperienza sulla gestione ottimale del paziente con ictus in fase acuta, con particolare riguardo alla diagnosi in tempi rapidi per attuare una terapia medica o chirurgica adeguata. La collaborazione con il personale infermieristico ha permesso la stesura di protocolli mirati ad un uso corretto del catetere vescicale, alla prevenzione delle lesioni cutanee e dei blocchi articolari, all’alimentazione e idratazione adeguata anche ai pazienti disfagici. Nell’ottica della multiprofessionalità è ormai consolidata la collaborazione con i colleghi fisiatri con incontri settimanali che permettono di identificare un piano terapeutico per ogni singolo caso ed un tempestivo trattamento oltre che intensivo, con i colleghi chirurghi vascolari e cardiologi interventisti per il trattamento precoce della stenosi carotidea sintomatica.

Per rendere più efficace l’intervento e dare ulteriore impulso alla stroke-unit è necessario, sulla base delle precedenti premesse, che esista un pool multidisciplinare che intervenga in perfetta sinergia in fase acuta; in concreto che ci sia un contemporaneo ed immediato coinvolgimento di tutti gli operatori sanitari: medici territoriali, medico del 118, del Pronto Soccorso, di uno specialista radiologo che utilizzi nuove apparecchiature, di uno specialista che esegua una diagnostica vascolare ultrasonografica, ecodoppler TSA e transcranico, di un cardiologo per uno studio ecocardiografico e del rianimatore. Lo scopo è una rapida definizione del tipo, sede ed estensione dell’ictus e dei possibili fattori eziopatogenetici e di conseguenza, l’impostazione della terapia più adeguata. L’intervento terapeutico precoce, basato su diagnosi sicura, è ovviamente l’obiettivo primario. In alcuni casi particolari è possibile che esistano condizioni per effettuare la trombolisi, la cui efficacia si basa proprio sulla tempestività di un intervento, che deve avvenire non oltre i 180 minuti dall’evento ictale, per evitare un alto rischio di trasformazione emorragica della zona infartuata.

Il successo di questo percorso diagnostico e terapeutico dipende molto dalla collaborazione dei familiari e del medico di base nel riconoscere tempestivamente i sintomi dell’ictus e nel fornire adeguate informazioni relative momento dell’esordio. La riduzione dei tempi di arrivo in Pronto Soccorso dovrà essere accompagnata da una migliore integrazione dell’equipe multidisciplinare per rendere più rapida ed efficiente la diagnosi e la presa in carico del paziente.



 
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A cura della:

Domenico De Grandis
e Mauro Chinaglia
Unità Operativa di Neurologia - Ospedale di Rovigo
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