Simona è nata senza braccia, ma ha trovato il modo di esprimere
se stessa fino in fondo, trasformando la sua “mancanza” in una
ricchezza. Alla cerimonia di inaugurazione dei Giochi Paralimpici
di Torino 2006, il 10 marzo scorso, lei c’era, insieme a Luca Alberti
con il quale ha danzato meravigliosamente un passo a due ed un
walzer. Dalle sue parole, i momenti cruciali di questa straordinaria
esperienza.
L’occasione, si
sa, era una di quelle importanti, ero a Torino da circa
tre settimane e tra poco tutto sarebbe finito; stavo li,
vicino a Luca, concentrata, provavo e riprovavo, ma forse
più che provare e scaldarmi, i miei movimenti così ampi
e leggeri servivano solo a dire a me stessa: “tranquilla,
è come in prova”, “andrà tutto bene”, e mi parlavo in
quel modo, in fondo sono una danzatrice, che comunica
agli altri con la danza, in quale altro modo potevo parlare
a me stessa?
L’aria fredda portata da un gelido vento, ogni tanto si
infilava sotto il piccolo vestito e attraversava il pesante
piumino che indossavo…ma forse i brividi non erano di
freddo…già…ero dietro ad un palco come decine di altre
volte, e da dietro, i palchi, sono tutti più o meno uguali.
Cambia il pubblico, poco prima di infilarmi sotto il maestoso
palco, con la coda dell’occhio avevo intravisto le gradinate
di quello stadio bellissimo ma, se ci ripenso, avevo cancellato
tutto, forse la vista maestosa di così tanta gente mi
incuteva un rispetto e una sensazione che non ero assolutamente
in grado di affrontare. Il vento, a momenti pettinava
i miei lunghi capelli donandomi una piacevole sensazione,
ma sapevo che in posti meno riparati il vento sarebbe
stato davvero fastidioso.
Ero li, forse in uno dei pochi momenti in cui non provavo,
in cui non mi scaldavo, in piedi, la mia figura piccola
piccola, fasciata in uno scuro piumino sopra il leggero
abito, concentrata, lo sguardo fisso al palco in un punto
nell’infinito, visualizzando quelli che tra poco dovevano
essere i miei movimenti; all’improvviso la mia attenzione
fu richiamata da un rumore secco e spaventoso, alzai lo
sguardo e vidi parte del muro che sarebbe dovuto cadere
a comando, rovinare a terra, fra me e l’area del palco
dove avrei dovuto danzare da li a poco.
Il vento aveva fatto qualcosa che avrebbe dovuto fare
dopo poco un essere umano, a monito di come le barriere
dovevano essere abbattute, come per ricordare che la natura
attraverso quel vento gelido, aveva, come sempre fa, anticipato
un desiderio dell’uomo. In effetti la mia visione “lirica”
di quell’abbattimento non sarebbe stata accettata dagli
addetti tecnici che, visto il disastro si misero al lavoro
e in tempo record, forse 8-10 minuti, trovavano una soluzione
per rimettere il muro in sede per offrire a tutti uno
spettacolo che da li a poco si sarebbe rivelato al pubblico.
La tensione era alle stelle ma la mia lunga esperienza
di palco mi dava la sensazione gradevole di sapere che
stavo facendo qualcosa che amo. Il fiato corto, i battiti
accelerano, sguardi con Luca che parlano una lingua che
io e lui abbiamo messo a punto nelle settimane precedenti,
taciti accordi e intese che nessun esperto di linguaggio
potrà mai codificare.
Ci siamo ::.. Davanti al palco i discorsi sono terminati e
tra poco Paola Fantato scoccherà la freccia che darà inizio
allo spettacolo; “via da dietro al palco!!!!!” si sente
gridare, io e Luca ci spostiamo per evitare che la potente
freccia dopo aver attraversato il muro possa colpirci,
poi un sibilo e tutto comincia! Esplosione di mille fiammelle
e poi il muro comincia a cadere, fragore, rumore. Applausi
e folla che si agita sugli spalti, sento un boato mai
sentito prima che quasi mi fa paura; ma ormai è tardi
non posso più tornare indietro. Ho paura. Non so di cosa.
Ma sono TERRORIZZATA.
Ma sono una professionista e amo quello che faccio e allora
via tutte le paura e fuori!!!! Ecco…il “miracolo”, la
“magia”, ecco…è tutto li, tutto davanti a me, e quella
moltitudine di persone (mi diranno poi essere 25,000)
che prima facevano un boato incredibile, stanno improvvisamente
zitti. Forse no, ma io non sentivo più nulla, nessun applauso,
nessun boato, nessun rumore. Ma sentivo qualcosa di caldo,
di forte, di bello, qualcosa che mi prendeva da sotto
e mi faceva volare, correre, e allora i miei 25000 amici
mi sostenevano con il loro silenzio, con i loro sguardi,
capivano perfettamente le parole danzate mie e di Luca.
Pochi minuti e la danza, la nostra danza terminava in
un applauso e un fragore che non avevo mai udito, con
un abbraccio da Guinnes dei primati con cui un meraviglioso
pubblico cingeva me e Luca. Con il fiatone e senza sentire
il freddo la nostra danza era finita, la danza mia, di
Luca e di altri 25,000 amici che erano sul palco della
vita insieme a noi!