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Copertina della rivista

Immagine: Diverse situazioni con persone anziane felici

Immagine: Titolo Invecchiare a casa propria è meglio

L’Italia è all’ultimo posto in Europa nell’assistenza domiciliare, dopo la Danimarca, l’Inghilterra, l’Olanda, la Germania e la Repubblica Ceca. Oltre al pretendere il rispetto di norme e regole, il nostro Paese deve puntare ad implementare l’assistenza domiciliare: invecchiare a casa propria costa meno e diminuisce in modo esponenziale la richiesta di ricoveri.



La “malasanità” è stata la protagonista assoluta della cronaca nazionale di questi ultimi tempi. Inchieste giornalistiche e ispezioni dei Nas hanno fatto emergere un quadro poco edificante. In molti ci siamo chiesti se l’Italia fosse ancora un Paese civile. Nefandezze che si sommano ad altre nefandezze; mi riferisco alle case di riposo scoperte al nord come al sud con anziani costretti a subire maltrattamenti e umiliazioni di ogni sorta, strutture aperte e mai autorizzate, deficit assistenziali e quant’altro. Sullo sfondo anziani soli, non autosufficienti e indifesi. Anche questa è una realtà orribile che certo non fa onore ad un Paese civile ma che purtroppo non ha dato seguito alla reazione indignata delle istituzioni e della politica. E’ una realtà diffusa ma sommersa. Gli anziani ospiti nelle case di riposo non sono cittadini di serie B, ed hanno il diritto ad essere tutelati e curati al meglio.

immagine: Signora anziana La mancanza di una adeguata assistenza igienico-sanitaria può infatti portare gli anziani ricoverati verso una lenta e inesorabile vita vegetativa e al deterioramento delle capacità motorie e cognitive.

Per questo vogliamo richiamare l’attenzione sulla necessità che controlli e verifiche sistematici e continuativi nel tempo e sull’intero territorio vengano effettuati anche nelle RSA e nelle case di riposo private. Perché anche gli anziani soprattutto i non autosufficienti e quelli soli, abbiano garanzia di cura e assistenza adeguata e professionale.

Perché anche la loro dignità venga rispettata sempre. Perché la “malasanità” non si sommi alla “malassistenza”. Richiamiamo le autorità e le istituzioni a vigilare sempre affinché le norme e le leggi che regolano l’apertura e la gestione delle Rsa e delle case di riposo siano applicate e rispettate con rigore.

Esistono precise norme di accreditamento che fissano in modo preciso requisiti, standard di sicurezza, rapporto fra anziani ricoverati e operatori.
L’Auser da parte sua ha voluto quindi impegnarsi a tener desta l’attenzione sul problema evitando che si voltasse pagina troppo in fretta.

Ma quanti sono gli anziani ricoverati nelle case di riposo? E quante sono queste strutture? Circa il 96% degli anziani in Italia vive in un alloggio autonomo. Gli anziani “istituzionalizzati” in case albergo, case di riposo, residenze protette, ecc. rappresentano il 2,7% e di questi il 70% è costituito da donne. Vediamo i dettagli dei dati specificando prima che i presidi residenziali socioassistenziali sono strutture che offrono assistenza con pernottamento a diverse categorie, tra cui anziani (autosufficienti e non autosufficienti), disabili, minori in difficoltà, cittadini italiani e stranieri indigenti. I presidi sono gestiti da istituzioni pubbliche e private, tra le quali assumono un particolare rilievo, rispettivamente, le istituzioni di pubblica assistenza e beneficenza e gli enti religiosi.
L’Istat nell’ultimo annuario statistico pubblicato, ci informa che al 31 dicembre 2003 sono stati rilevati 8.453 presidi residenziali per un’offerta complessiva di 340.523 posti letto. Il numero di persone ospitate nei presidi residenziali socioassistenziali per l’anno 2003 è pari a 298.075 (+0,2% rispetto al 2002). Le persone anziane aumentano (+1,9%) arrivando a 227.315; di queste 174.397 sono donne e 52.948 sono uomini. Gli autosufficienti sono 71.140 (il 31,3%), mentre i non autosufficienti sono 156.175 (il 68,7%). Il maggior numero di ospiti si colloca nella fascia d’età più elevata, di 65 anni e oltre: dai 65 ai 74 sono il 26,1%, dai 75 ai 79 sono il 23,7% mentre gli ultraottantenni rappresentano il 50,2%.
Tra le persone anziane il 73,6% è ospitato dai presidi del Nord Italia, il 13,8% nel Centro, e il 12,6% è nel Sud.

Immagine: persona anziana in piscina

Oltre al pretendere il rispetto di norme e regole, il nostro Paese deve però puntare ad implementare l’assistenza domiciliare. Invecchiare a casa propria costa meno e diminuisce in modo esponenziale la richiesta di ricoveri.
Purtroppo il nostro Paese è ultimo in Europa nell’assistenza domiciliare, dopo la Danimarca, l’Inghilterra, l’Olanda, la Germania e la Repubblica Ceca. Secondo i dati della Società Italiana di gerontologia e geriatria in Italia non più del 2% di ultrasettantacinquenni usufruiscono del servizio.

La maggior parte degli anziani italiani sono supportati dalla famiglia, ricorrono all’aiuto di associazioni di volontariato o assumono una badante. Il 20% dei 12 milioni di anziani ha bisogno di assistenza domiciliare, e l’Assistenza domiciliare integrata ADI, coinvolge solo qualche migliaio di persone. Manca una legge che definisca con precisione per chi e quando debbano essere garantite cure a domicilio. Le Asl e le Regioni gestiscono la cosa secondo modalità diverse, in base alla possibilità di personale, mezzi e finanziamenti. Il risultato è che l’anziano anche quando potrebbe essere curato a casa propria viene ricoverato in ospedale, nelle RSA, nelle Case di Riposo o viene affidato alle assistenti familiari. Una realtà insostenibile ed inaccettabile, per un Paese che vanta il primato di essere uno dei paesi più “vecchi” del pianeta.
La domiciliarità va intesa come vivere a casa e non come stare a casa e la casa come un luogo che rappresenta la storia, la cultura, gli affetti, l'esperienza, le cose di una persona. Tale precisazione è necessaria, se non si vuole incorrere nel pericolo di trasformare il domicilio in un luogo in cui isolare, recludere e "dimenticare" il vecchio e il disabile, diventati un peso, un costo. La domiciliarità, se viene così intesa, diventa il perno attorno a cui ruota un diverso modello di assistenza e di cura della persona.

Immagine: anziana coppia sul divano

Un numero sempre più crescente di persone può e deve trovare soddisfazione a domicilio: i portatori di malattie croniche, i disabili, le persone con patologie cronico degenerative. Possono essere curati a domicilio, evitando ospedalizzazioni improprie e istituzionalizzazioni inopportune, dai costi umani ed economici molto elevati. Ciò è possibile attraverso un rete di relazioni e di interventi tesi a garantire lo svolgimento di tutte quelle attività che fanno parte della vita quotidiana e che, stante le condizioni psico-fisiche di una persona, rendano la vita degna di essere vissuta.

La domiciliarità permette di porre al centro la persona garantendole il diritto di:
• vivere a casa
• sentirsi a casa
• usufruire di quelle occasioni e opportunità che, in quel momento, meglio rispondono ai suoi bisogni.

La domiciliarità richiede, a monte, che si sancisca il diritto di scelta del luogo in cui potere condurre la propria vita e soddisfare i propri bisogni.
Invecchiare bene, quindi, restando a casa propria si può, mantenendo autonomia e indipendenza ed un buon livello di qualità della vita.

Immagine: Coppia di anziani innamorati

L’alternativa all’istituzionalizzazione si può costruire seguendo tre direttive:
• Migliorare la qualità abitativa, in modo che l’alloggio, l’edificio, il quartiere siano in grado di rispondere ai bisogni dell’anziano anche quando l’autonomia si riduce;
• Assicurare aiuti a domicilio sia garantendo un servizio professionale, sia ricreando un tessuto di relazioni di vicinato che integri e sopperisca l’assistenza dei familiari;
• Offrire soluzioni alloggiative nuove in abitazioni che per dimensioni, soluzioni tipologiche, qualità tecniche e tecnologiche, corrispondano alle esigenze degli anziani. Alloggi autonomi, ma forniti di servizi essenziali e possibilmente collegati con centri di servizio per corrispondere alle esigenze sanitarie e sociali di cui si ha effettivamente bisogno, in base alle proprie esigenze.