Credo sia arrivato il momento di prendere atto, da parte di tutti e a
tutti i livelli, dell’esistenza di una nuova branca della fisica nucleare, il
cui sviluppo è solamente all’inizio, con connotati molto differenti rispetto
a quella finora nota e che richiede un’attenzione forte da parte degli
enti di ricerca pubblici e privati, al fine di sviluppare nel più breve tempo
possibile know-how in questo campo. L’Italia è storicamente sempre stata
all’avanguardia in questo tipo di ricerca e si presenta ora una opportunità
di sviluppo tecnologico importante per il nostro Paese.
La versione finale di questo articolo
risulta molto diversa dalla sua bozza
iniziale. La ragione di ciò è dovuta
ad un evento molto importante avvenuto
il 14 di gennaio del 2011,
al quale ho avuto la fortuna di partecipare,
che potrebbe porre sotto
una luce completamente differente
addirittura il problema stesso del futuro
dell’energia del nostro pianeta.
L’evento al quale mi riferisco è una
dimostrazione tecnica, avvenuta in
un capannone industriale nei dintorni
di Bologna, del cosiddetto ‘apparato
Rossi-Focardi’, un apparato il cui
funzionamento è basato su un nuovo
principio nucleare e durante la quale,
alla presenza di giornalisti e scienziati
esperti nel settore, è stata dimostrata
la produzione di 12 kW di potenza
termica con un consumo elettrico di
innesco pari a soli 600 W.
Tale dimostrazione,
avvenuta sotto una rigida
sorveglianza di un servizio d’ordine e
con una platea rigorosamente selezionata,
aveva lo scopo di dimostrare che
l’apparato è funzionante in maniera
riproducibile e ha caratteristiche preindustriali.
La notizia, pur riportata
da qualche giornale, non ha avuto la
risonanza mediatica che avrebbe meritato.
La prova è stata condotta da ricercatori
dell’Università di Bologna del
tutto estranei all’attività di Rossi e
Focardi (si cerchi su youtube “energy
catalyzer rossi focardi”).
In particolare,
essi hanno verificato sia la correttezza
delle misure termiche, basate
sulla vaporizzazione (vapore secco)
di un quantitativo noto di acqua, sia
l’emissione di radiazioni utilizzando
tecniche abbastanza raffinate.
Il dettaglio del principio di funzionamento
su cui si basa il sistema Rossi-
Focardi è coperto da un rigoroso
silenzio poiché ci sono dei brevetti ancora
pending e non è possibile per gli
inventori rivelarne il contenuto, pena
l’invalidazione dei brevetti stessi. Tuttavia,
dalle informazioni provenienti
direttamente dall’Ing. Rossi, l’apparato
è costituito da un recipiente contenente
una polvere nano-strutturata di
nickel e altri additivi segreti, il tutto
immerso in atmosfera di idrogeno
pressurizzato. Una volta scaldato il sistema
al di sopra di una temperatura
critica dell’ordine dei 300-400 gradi
centigradi si attiva una produzione di
energia termica derivante da un’interazione
di tipo nucleare tra i protoni
provenienti dall’idrogeno e i nuclei di
nickel. Secondo Focardi, attraverso
un processo non ancora chiarito di
catalisi, il protone in qualche maniera
è in grado di penetrare all’interno del
nucleo di nickel, provocando quindi
la trasmutazione del nickel in rame e
attivando una catena di decadimenti
il cui risultato è la trasformazione di
nickel e idrogeno in rame, più una
enorme produzione di energia termica.
Tutto il processo avverrebbe senza
la produzione di rilevanti radiazioni
rendendo il sistema sostanzialmente
sicuro.
E’ molto importante rilevare il fatto
che la fisica nucleare, per come è conosciuta
oggi, considera questo processo
del tutto impossibile. Infatti un
protone, per poter interagire con un
nucleo di nickel, deve potersi avvicinare
a quest’ultimo in maniera sufficiente
da poter ‘sentire’ il suo campo
nucleare, che ha per sua natura un
raggio di azione piccolissimo. Tale
avvicinamento però è impedito dalla
fortissima repulsione elettrica (detta
repulsione coulombiana) derivante
dalla carica elettrica del nucleo di nickel
e del protone che sono entrambe
positive (è per questo che per ottenere
la fusione nucleare calda è necessario
portare i reagenti a temperature di
milioni di gradi: per superare la barriera
coulombiana).
E’ da qui che nasce
la problematica di giustificare dal
punto di vista teorico i processi che
genericamente possono identificarsi
con il nome di fusione fredda. Una
teoria sicura non esiste tuttora. Esistono
tuttavia alcuni scienziati (pochi
in verità) che cercano di costruirla.
Purtroppo, spesso l’accademia etichetta
le ricerche sulle reazioni nucleari
nella materia condensata con il
nome di bad science. In realtà, spesso
la scienza è costellata di certezze incrollabili
che vengono scardinate da
nuove scoperte. Tanto per citare un
esempio famoso, Einstein abbatté
uno dei concetti più intimamente legati
all’intuizione umana: il concetto
di contemporaneità, a favore della relatività
del tempo. Pensare quindi che
le leggi della fisica nucleare possano
essere estese (si badi bene, non ho
detto negate) per coprire la descrizione
di fenomeni fino a quel momento
non ancora osservati è un atto di coraggio
e non di inettitudine o, ancor
peggio, di disonestà.
Ma l’invenzione di Rossi e Focardi
non si limita alla produzione di energia
in grande quantità, ma apre insperate
possibilità industriali anche in un
altro campo estremamente importante:
il trattamento delle scorie radioattive.
Già nel 1997 un gruppo di ricerca
dell’Università di Cincinnati, il
cosiddetto Cincinnati Group, dichiarò
di aver messo a punto una tecnologia
capace di indurre la fissione nucleare
controllata del torio in titanio
e rame in tempi brevi (il torio ha una
vita media di 14 miliardi di anni, circa
l’età dell’universo).
Poi non se ne
seppe più nulla. Attualmente si ritiene
che i prodotti di scarto delle centrali
a fissione, se non vengono utilizzati
per scopi militari, sono destinati
allo stoccaggio a causa della loro pericolosità
ambientale. Tale stoccaggio
deve durare per migliaia di anni
a causa della lunghissima vita media
dei suoi costituenti. L’invenzione di
Rossi e Focardi fornisce forse una
‘porta’ per far comunicare il mondo
elettromagnetico con il mondo nucleare
e permette quindi di influenzare
le modalità di decadimento delle
sostanze radioattive.
Poiché il nostro
mondo, quello della vita quotidiana,
è il mondo elettromagnetico, si apre
la possibilità per l’uomo di modificare i processi nucleari e potenzialmente
di azzerare la radioattività delle scorie
radioattive.
I detrattori potranno pensare che la
dimostrazione dell’apparato, i brevetti,
le pubblicazioni facciano parte di
un’enorme truffa. Ma non è forse il
momento di cominciare a dare fiducia
ai tentativi di trovare soluzione ai
grandi problemi dell’Umanità?
Sul lato industriale molte informazioni
sono mancanti o frammentarie,
tuttavia, da quello che trapela,
un dato molto interessante è la stima
del costo del kWh generato attraverso
l’apparato Rossi-Focardi che si aggira
attorno a 1 centesimo/kWh elettrici,
che è quasi un ordine di grandezza
inferiore rispetto ai metodi di produzione
attualmente disponibili. Sembra
che l’idea sia quella di realizzare
piccole centrali e che per il momento
non sarà disponibile la versione domestica
del generatore. Non è neanche
previsto l’utilizzo di tale catalizzatore
nell’area automotive, che però ne
potrà forse trarre vantaggio indiretto
attraverso l’utilizzo dei motori elettrici.
Mi permetto quindi di lanciare un
segnale forte in tal senso ai costruttori
di automobili.
Sicuramente questa scoperta è destinata
a creare sconquassi in molti
ambiti; in primis, nell’ambito della
produzione dell’energia di massa,
attualmente ottenuta attraverso la
combustione del petrolio (circa un
terzo del totale), del carbone (circa
un quarto del totale), del gas (circa un
quinto). E’ importante notare come
tutte queste fonti di energia facciano
uso della reazione chimica di combustione
andando quindi ad incidere sul
cosiddetto problema dell’aumento
della concentrazione di anidride carbonica
in atmosfera.
La nuova fonte
di energia, non facendo uso di alcun
processo chimico di combustione,
non ha alcun impatto sull’ambiente
in termini di emissioni. Infatti, il prodotto
finale della reazione è un metallo:
il rame.
In secondo luogo, è destinata a creare
grandi scontri in campo tecnico e
scientifico. Basti pensare al progetto
ITER, in fase di costruzione, che è un
mastodontico apparato scientifico che
coinvolge centinaia di ricercatori e ingegneri
e richiede una decina di miliardi
di euro di investimento iniziale
e ha lo scopo di verificare (sull’arco
temporale di almeno i prossimi 40
anni) la fattibilità tecnica della produzione
di energia tramite la fusione
nucleare calda, ottenuta tramite confinamento
magnetico.
Non è difficile
immaginare come possa essere accolta
dai ‘fusionisti caldi’ la notizia di un
signore che è riuscito ad ottenere, con
il supporto di pochi collaboratori e
con investimenti non paragonabili
(il costo prototipale è di 2000 euro/
kW) un risultato incomparabilmente
migliore di qualsiasi loro più rosea
aspettativa senza l’uso di macchinari
giganteschi.
Un altro terreno sul quale questa innovazione
si farà sentire è sicuramente
quello della fissione nucleare che,
come ben noto, è in fase di realizzazione
anche nel nostro Paese.
È infatti pianificata la costruzione di quattro
centrali nucleari a fissione nell’arco
dei prossimi venti anni con un investimento
iniziale che si aggira attorno
a venti miliardi di euro.
Non sarebbe assurdo quindi aspettarsi
un’immensa ondata di denigrazione e
tentativi di affossamento della scoperta,
come strenuo tentativo di sopravvivenza
da parte di questi “gruppi di
potere”.
Durante la dimostrazione è stato dato
l’annuncio dell’esistenza di contratti
con aziende molto importanti in
Europa e negli Stati Uniti, che hanno
già pianificato la realizzazione di un
certo numero di fabbriche per la produzione
commerciale dei catalizzatori
di energia in Europa e la realizzazione
(già in corso) di una centrale da
1 MW negli Stati Uniti. Purtroppo,
anche questa volta il nostro Paese risulta
fuori dai giochi industriali per
questa tecnologia nonostante i tentativi
di Rossi, facendo pensare una
volta di più che qualcosa nel sistema
industriale italiano debba essere cambiato.
Nonostante il grande successo
del sistema Rossi-Focardi non bisogna
però dimenticare che esistono
altre realtà di ricerca e sviluppo nel
campo delle reazioni nucleari nella
materia condensata, che hanno ottenuto
dei risultati se non così eclatanti
comunque di rilievo mondiale.
Mi
riferisco ad esempio ai lavori del dott.
Celani dell’INFN che ha dimostrato
la produzione di energia termica attraverso
una tecnologia differente rispetto
a quella utilizzata da Rossi, ma
che promette anch’essa di raggiungere
risultati interessanti per la produzione
di energia.
Tra tutti questi ostacoli di carattere
mediatico ed economico alcuni ricercatori
hanno creduto, a partire dal
1989, anno della famosa conferenza
degli elettrochimici Feischmann e
Pons, nella loro idea e hanno portato
avanti difficili ricerche utilizzando le
proprie risorse. Nell’arco di venti anni
sono stati ottenuti un po’ in tutto il
mondo, ma soprattutto in Italia, risultati
rimarchevoli e sempre più vicini
ad una applicazione industriale
fino ad arrivare al momento in cui
l’ing.
Rossi e il prof. Focardi hanno
realizzato per la prima volta un sistema
con le caratteristiche giuste per
diventare una nuova fonte di energia
utilizzabile per l’umanità.
Al di là del successo di questa specifica
tecnologia, che per quanto ho
potuto vedere ha raggiunto un grado
di sviluppo tale da potersi considerare
una realtà industriale, credo sia arrivato
il momento di prendere atto da
parte di tutti e a tutti i livelli dell’esistenza
di una nuova branca della fisica
nucleare; il suo sviluppo è solamente
all’inizio, con connotati molto differenti
rispetto a quella finora nota e
che richiede un’attenzione forte da
parte degli enti di ricerca pubblici e
privati al fine di sviluppare nel più
breve tempo possibile know-how in
questo campo.
L’Italia è storicamente
sempre stata all’avanguardia in questo
tipo di ricerca e si presenta ora una
opportunità di sviluppo tecnologico
importante per il nostro Paese.