Prof.Vescovi, in particolare le cellule staminali
embrionali sembrano possedere “poteri” enormi. Perché?
Le cellule staminali embrionali, presenti solo nell’embrione
di pochi giorni sono cellule “pluripotenti”, capaci
cioè di dare effettivamente origine a tutti i tipi di
cellule presenti nell’organismo. Le cellule staminali
embrionali degli animali e dell’uomo possono essere
isolate e coltivate in laboratorio. In opportune condizioni
di coltura, possono proliferare per diversi anni e produrre
un gran numero di cellule sempre uguali tra loro, e
sempre assolutamente indifferenziate e pluripotenti.
Se, ad un certo punto si vuole ottenere una cellula
della pelle, del cuore o del sangue, “basta” esporre
un gruppetto di cellule staminali embrionali a particolari
sostanze in grado di dirigerne il differenziamento nella
direzione desiderata e attendere che le cellule inizino
a dividersi. Ogni cellula staminale iniziale allora,
dividendosi, darà origine a due cellule figlie, una
ancora staminale totipotente, l’altra indirizzata verso
una particolare via di differenziamento.
Poi, ci sono le cellule staminali somatiche
adulte. Che cosa sono?
Le cellule staminali somatiche adulte sono presenti
nei tessuti degli animali adulti, uomo compreso. Queste
cellule sono ad un livello di differenziamento più avanzato
rispetto alle cellule staminali embrionali e alle staminali
somatiche embrionali, ma non sono completamente specializzate
per svolgere una determinata funzione e mantengono ancora
una certa capacità di dar origine a tipi cellulari differenti.
I ricercatori, però, non sono ancora riusciti a stabilire
i limiti di questa potenzialità residua.
Per esempio, si sa da tempo che nel midollo osseo, esistono
cellule staminali somatiche adulte capaci di dar origine
ai globuli rossi, ai linfociti, alle piastrine, alle
cellule della cartilagine e delle ossa; si sa anche
che negli strati più profondi della pelle esistono altre
cellule staminali adulte capaci di differenziarsi in
cellule dell’epidermide. Si sa, cioè, che le cellule
staminali adulte presenti in un certo tessuto sono in
grado di differenziarsi in tutti i tipi cellulari tipici
di quel tessuto.
Negli ultimi anni, però, ci sono sempre maggiori evidenze
che una cellula staminale adulta di un certo tessuto,
isolata e coltivata in laboratorio in opportune condizioni,
può essere indirizzata verso vie di differenziamento
diverse. Finché le cellule staminali adulte si trovano
all’interno del loro tessuto caratteristico, possono
soltanto differenziarsi in cellule di quel tessuto.
Ma se vengono prelevate e coltivate in laboratorio,
possono essere indirizzate dal ricercatore verso un
destino diverso; per esempio una cellula del cervello
può essere indotta a svilupparsi in una cellula muscolare
o del sangue anziché in una cellula nervosa. Questo
significa che le cellule staminali potrebbero essere
utilizzate per sostituire cellule malate o distrutte
e per curare quindi molte malattie.
E’ di circa 10 anni fa la scoperta delle cellule
staminali cerebrali, sulle quali la ricerca sta concentrando
una particolare attenzione. Perché?
Fino ad una decina di anni fa, si riteneva che la possibilità
di rinnovarsi non fosse una caratteristica comune a
tutti i tessuti dell’organismo. Il tessuto nervoso,
per esempio, era considerato un tessuto non rinnovabile.
In pratica, si riteneva che i neuroni presenti alla
nascita potessero crescere, svilupparsi, invecchiare
e morire, ma mai, in nessun caso, essere sostituiti.
Questo perché nel cervello non erano mai state trovate
cellule staminali. Adesso, però, sappiamo che non è
così. Nel 1992, infatti, sono stati trovati piccoli
serbatoi di cellule staminali anche in alcune zone molto
profonde e ben delimitate, in corrispondenza dei ventricoli
cerebrali. Questo significa che sono possibili processi
di sostituzione e rinnovamento.
Quali prospettive si possono intravedere per
la cura delle malattie degenerative?
Con le cellule staminali si apre la possibilità del
trapianto autologo, o autotrapianto, eliminando tutti
i problemi di compatibilità immunologica o di rigetto.
Di conseguenza non sarebbe più necessaria la terapia
immunosoppressiva, indispensabile invece nel caso di
trapianto di cellule da un donatore estraneo. Il problema
è che, per esempio, per curare le malattie degenerative
del sistema nervoso bisogna prelevare le cellule staminali
dal cervello, farle crescere in coltura e reimpiantarle
nel cervello del paziente nella zona giusta. È un lavoro
che si sta già facendo negli animali, a livello sperimentale,
ma è tutt’altro che semplice e l’esito è ancora da verificare.
A maggior ragione questo è vero per l’uomo, che dovrà
attendere ancora qualche anno, probabilmente non pochissimi,
prima di poter usufruire di queste tecniche.
Grandi speranze, quindi, per curare in un prossimo
futuro malattie come il morbo di Parkinson o la sclerosi
multipla…
Questo il processo che oggi si ipotizza possibile: le
cellule staminali adulte potrebbero essere indotte a
differenziarsi somministrando in situ i segnali biochimici
capaci di indirizzarle verso la forma desiderata. Le
sostanze in questione verrebbero, cioè, iniettate direttamente
in un serbatoio di cellule staminali presente in un
certo tessuto del paziente, senza il bisogno di prelevarle,
trattarle in laboratorio e poi reinserirle nel posto
giusto. Questo approccio potrebbe essere molto utile
per curare malattie come il morbo di Parkinson, la sclerosi
multipla o la corea di Huntington. Nel caso del Parkinson,
per esempio, le cellule staminali già presenti nel cervello
della persona malata potrebbero essere indotte a differenziarsi
e a rimpiazzare quelle degenerate della substantia nigra,
con una semplice iniezione. È bene ribadire, però, che
oggi queste sono solo affascinanti ipotesi. Per poterle
applicare in ambito clinico è necessario capire tutti
i passaggi del processo di differenziamento e individuare
tutti i fattori capaci di influenzarlo.
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