Sezioni Tematiche

Editoriale

Per la globalizzazione dei diritti Di Luigi Angeletti

Dalla disabilità alla diversa abilità

La parola alle Strutture Sanitarie

La parola alle Associazioni

La parola alle Aziende

Spazio Riabilitazione

La parola ai Medici

Premio Sapio per la Ricerca Italiana 2004

Conosciamo...



 
Sostituire le cellule malate o distrutte con nuove cellule sane, per curare tante malattie, dal diabete, al Morbo di Parkinson, dalle malattie cardiache alla sclerosi multipla.
Su questa ipotesi, che fino a ieri sembrava impensabile, oggi si sta concentrando la ricerca, grazie alla scoperta delle potenzialità proprie delle cellule staminali. Si tratta di cellule il cui destino non è ancora deciso e che possono moltiplicarsi e differenziarsi in cellule di diversi tessuti. L’utilizzo delle cellule staminali embrionali, presenti cioè solo nell’embrione di alcuni giorni, pone delicati problemi di carattere etico, che vengono invece annullati nel caso delle cellule staminali cerebrali, scoperte in Italia dal Prof. Angelo Vescovi.


Prof.Vescovi, in particolare le cellule staminali embrionali sembrano possedere “poteri” enormi. Perché?
Le cellule staminali embrionali, presenti solo nell’embrione di pochi giorni sono cellule “pluripotenti”, capaci cioè di dare effettivamente origine a tutti i tipi di cellule presenti nell’organismo. Le cellule staminali embrionali degli animali e dell’uomo possono essere isolate e coltivate in laboratorio. In opportune condizioni di coltura, possono proliferare per diversi anni e produrre un gran numero di cellule sempre uguali tra loro, e sempre assolutamente indifferenziate e pluripotenti. Se, ad un certo punto si vuole ottenere una cellula della pelle, del cuore o del sangue, “basta” esporre un gruppetto di cellule staminali embrionali a particolari sostanze in grado di dirigerne il differenziamento nella direzione desiderata e attendere che le cellule inizino a dividersi. Ogni cellula staminale iniziale allora, dividendosi, darà origine a due cellule figlie, una ancora staminale totipotente, l’altra indirizzata verso una particolare via di differenziamento.


Poi, ci sono le cellule staminali somatiche adulte. Che cosa sono?
Le cellule staminali somatiche adulte sono presenti nei tessuti degli animali adulti, uomo compreso. Queste cellule sono ad un livello di differenziamento più avanzato rispetto alle cellule staminali embrionali e alle staminali somatiche embrionali, ma non sono completamente specializzate per svolgere una determinata funzione e mantengono ancora una certa capacità di dar origine a tipi cellulari differenti. I ricercatori, però, non sono ancora riusciti a stabilire i limiti di questa potenzialità residua.

Per esempio, si sa da tempo che nel midollo osseo, esistono cellule staminali somatiche adulte capaci di dar origine ai globuli rossi, ai linfociti, alle piastrine, alle cellule della cartilagine e delle ossa; si sa anche che negli strati più profondi della pelle esistono altre cellule staminali adulte capaci di differenziarsi in cellule dell’epidermide. Si sa, cioè, che le cellule staminali adulte presenti in un certo tessuto sono in grado di differenziarsi in tutti i tipi cellulari tipici di quel tessuto.

Negli ultimi anni, però, ci sono sempre maggiori evidenze che una cellula staminale adulta di un certo tessuto, isolata e coltivata in laboratorio in opportune condizioni, può essere indirizzata verso vie di differenziamento diverse. Finché le cellule staminali adulte si trovano all’interno del loro tessuto caratteristico, possono soltanto differenziarsi in cellule di quel tessuto.

Ma se vengono prelevate e coltivate in laboratorio, possono essere indirizzate dal ricercatore verso un destino diverso; per esempio una cellula del cervello può essere indotta a svilupparsi in una cellula muscolare o del sangue anziché in una cellula nervosa. Questo significa che le cellule staminali potrebbero essere utilizzate per sostituire cellule malate o distrutte e per curare quindi molte malattie.


E’ di circa 10 anni fa la scoperta delle cellule staminali cerebrali, sulle quali la ricerca sta concentrando una particolare attenzione. Perché?
Fino ad una decina di anni fa, si riteneva che la possibilità di rinnovarsi non fosse una caratteristica comune a tutti i tessuti dell’organismo. Il tessuto nervoso, per esempio, era considerato un tessuto non rinnovabile. In pratica, si riteneva che i neuroni presenti alla nascita potessero crescere, svilupparsi, invecchiare e morire, ma mai, in nessun caso, essere sostituiti. Questo perché nel cervello non erano mai state trovate cellule staminali. Adesso, però, sappiamo che non è così. Nel 1992, infatti, sono stati trovati piccoli serbatoi di cellule staminali anche in alcune zone molto profonde e ben delimitate, in corrispondenza dei ventricoli cerebrali. Questo significa che sono possibili processi di sostituzione e rinnovamento.


Quali prospettive si possono intravedere per la cura delle malattie degenerative?
Con le cellule staminali si apre la possibilità del trapianto autologo, o autotrapianto, eliminando tutti i problemi di compatibilità immunologica o di rigetto. Di conseguenza non sarebbe più necessaria la terapia immunosoppressiva, indispensabile invece nel caso di trapianto di cellule da un donatore estraneo. Il problema è che, per esempio, per curare le malattie degenerative del sistema nervoso bisogna prelevare le cellule staminali dal cervello, farle crescere in coltura e reimpiantarle nel cervello del paziente nella zona giusta. È un lavoro che si sta già facendo negli animali, a livello sperimentale, ma è tutt’altro che semplice e l’esito è ancora da verificare. A maggior ragione questo è vero per l’uomo, che dovrà attendere ancora qualche anno, probabilmente non pochissimi, prima di poter usufruire di queste tecniche.


Grandi speranze, quindi, per curare in un prossimo futuro malattie come il morbo di Parkinson o la sclerosi multipla…
Questo il processo che oggi si ipotizza possibile: le cellule staminali adulte potrebbero essere indotte a differenziarsi somministrando in situ i segnali biochimici capaci di indirizzarle verso la forma desiderata. Le sostanze in questione verrebbero, cioè, iniettate direttamente in un serbatoio di cellule staminali presente in un certo tessuto del paziente, senza il bisogno di prelevarle, trattarle in laboratorio e poi reinserirle nel posto giusto. Questo approccio potrebbe essere molto utile per curare malattie come il morbo di Parkinson, la sclerosi multipla o la corea di Huntington. Nel caso del Parkinson, per esempio, le cellule staminali già presenti nel cervello della persona malata potrebbero essere indotte a differenziarsi e a rimpiazzare quelle degenerate della substantia nigra, con una semplice iniezione. È bene ribadire, però, che oggi queste sono solo affascinanti ipotesi. Per poterle applicare in ambito clinico è necessario capire tutti i passaggi del processo di differenziamento e individuare tutti i fattori capaci di influenzarlo.


 
Cerca nel sito
 
 
BioRep un supporto alla ricerca

Cellule staminali: dove va la ricerca

L'importanza della sinergia tra pubblico e privato

Diverse competenze insieme, a servizio della ricerca

 
 

Intervista a:
Prof. Angelo Vescovi, codirettore
dell’Istituto Cellule Staminali
- Ospedale San Raffaele, Milano

Segnala tramite email >>