Prof. Marazzi, nel campo della ricerca scientifica
quanto contano le sinergie tra realtà diverse, tra il
pubblico e il privato, per raggiungere determinati obiettivi?
Al fine di potere ottimizzare i risultati della ricerca
scientifica, i modelli che meglio funzionano, a livello
mondiale, ad esempio il modello statunitense e quello
inglese, sono la prova del fatto che la sinergia tra
pubblico e privato è assolutamente essenziale. Negli
ultimi tempi, anche in Italia, si è capito che, da un
lato la ricerca privata non può più, in un mercato globale
ed estremamente concorrenziale, reggere l’onere di grossi
investimenti da sola, fatte salve le grosse multinazionali
della farmaceutica e dall’altro lato, le realtà pubbliche
hanno ben compreso che la sinergia con un partner industriale,
non solo comporta la possibilità di sviluppare un percorso
di approccio al mercato, ma anche, ove l’idea di partenza
sia valida, trarre profitto dalla sinergia che si viene
a creare.
Nel
caso del progetto BioRep, che tipologia di collaborazioni
sono state messe in campo e quali sono le loro potenzialità?
In questa particolare fattispecie, si è saldata un’importante
alleanza tra una grande realtà no-profit statunitense
ed una realtà, nuova, italiana, dove, peraltro, sono
confluite capacità imprenditoriali assolutamente consolidate.
La potenzialità è data sia dalla grande esperienza accumulata
negli anni dal partner statunitense, che ha messo a
disposizione tutto il suo know-how, a beneficio di BioRep,
sia dalla circostanza che il mercato di raccolta e conservazione
di cellule e tessuti è in rapida crescita, soprattutto
dovuta al fatto che la cosiddetta medicina “personalizzata”
richiederà, sempre più la possibilità di potere avere
accesso, nel corso della vita del paziente/persona,
a tutte le informazioni genetiche, cellulari e tissutali.
Esistono nel nostro Paese difficoltà sotto il
profilo normativo per la realizzazione di questo tipo
di progetti?
Non necessariamente, anche perché, in considerazione
del fatto che la normativa di riferimento è soprattutto
quella di emanazione comunitaria, si sta assistendo
ad una crescente legiferazione da parte del Parlamento
Europeo e della Commissione; a titolo di esempio, la
nuova direttiva sulla definizione di parametri di qualità
e di sicurezza per la donazione, l'approvvigionamento,
l'analisi, la lavorazione, lo stoccaggio e la distribuzione
di tessuti e cellule d'origine umana, regolamenta, in
maniera stringente, ma chiara, questa materia.
Di
che cosa avrà bisogno BioRep per poter raggiungere i
suoi obiettivi, perché questa opportunità possa essere
adeguatamente sfruttata dal mondo scientifico?
Risponderei, in prima battuta, di cultura e corretta
informazione. Mi auguro che non si creino false paure
e falsi fantasmi, allorché si parlerà di banca delle
cellule e dei tessuti; intendo dire che, mi auguro,
non si ripetano quelle situazioni che hanno caratterizzato,
e molto spesso inquinato, il dibattito sugli organismi
geneticamente modificati o il dibattito sugli embrioni,
laddove, molto spesso, si è fatta grande confusione
anche solo tra la definizione di embrione e quella di
clone.
Perché BioRep può rappresentare un esempio per
la nascita di altre realtà di questo tipo nel settore
delle biotecnologie? Come si possono promuovere altre
esperienze simili?
La risposta più banale, ma forse anche quella che più
si avvicina alla realtà, mi porta a dire che la creazione
di un dialogo tra il mondo del pubblico e del privato,
ossia la capacità di mediare i due diversi linguaggi
e di tradurre le parole dell’uno a favore dell’altro,
ma a vantaggio di entrambi e della comunità, sono i
presupposti essenziali perché industriali con visioni
di medio e lungo periodo possano percepire quali tecnologie
siano interessanti da sviluppare e quali investimenti
possano attrarre interesse. BioRep è l’esempio di come
una tecnologia ed un know-how da decenni presente negli
Stati Uniti si possa “importare” in Europa.
Altri imprenditori, e non necessariamente sempre esperti
del settore delle biotecnologie, potranno valutare con
interesse nuove opportunità di investimento allorché
le stesse saranno correttamente proposte; se poi a tutto
ciò, si affiancasse anche una politica di incentivi,
come quella che l’attuale governo inglese sta portando
avanti a favore della ricerca e degli investimenti in
innovazione, allora, veramente, potremmo acquisire,
come sistema Paese, una posizione di prestigio. Basti
dire che molti dei migliori “cervelli” sono italiani.
|