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Immagine: La terra vista dallo spazio

 

Sangue di cordone ombelicale: importante risorsa per la salute e la ricerca

Nel momento più bello della vita, la nascita di un figlio, la mamma ha la possibilità di salvare un’altra vita che ha bisogno di un piccolo ma fondamentale aiuto per sopravvivere: la donazione del sangue di cordone ombelicale (SCO). Il cordone ombelicale, attraverso il quale ogni mamma nutre il proprio bambino, viene usualmente gettato via se non viene raccolto. Dare il consenso alla donazione del SCO significa evitare questo spreco mettendone a frutto l’utilità come importante risorsa per la salute e la ricerca.





Il sangue contenuto nel cordone ombelicale e nella placenta è ricco di cellule staminali, del tutto simili a quelle presenti nel midollo osseo, che hanno un ruolo fondamentale nella cura di gravi malattie del sangue. In particolare, queste cellule sono utilizzate per il trapianto in pazienti affetti da leucemie, linfomi e talassemie. In tutto il mondo l’incidenza della leucemia nelle sue varie espressioni cliniche è in continuo aumento. L’Italia, tra l’altro, nell’ambito dei paesi occidentali, vanta il poco invidiabile primo posto nell’incidenza della malattia con 10-12 nuovi casi all’anno ogni 100 mila abitanti. Nel complesso, circa 500 di questi riguardano bambini al di sotto dei 14 anni.

Per alcuni casi la guarigione dipende dalla tempestività con la quale viene effettuato il trapianto di cellule staminali, che permette al paziente la possibilità di ricostituire sangue sano. Generalmente, per un paziente in attesa di trapianto la probabilità di reperire un donatore compatibile in ambito familiare è pari al 25% circa. Del restante 75%, solo il 35% riesce a reperire un donatore compatibile nei Registri Internazionali di midollo osseo (circa 9 milioni di unità). La buona notizia è che tutti coloro che non disponessero di donatore di midollo osseo compatibile e, soprattutto, non potessero permettersi di attendere i tempi della ricerca (circa 6 mesi), troveranno un’alternativa altrettanto efficace e sicura: il sangue da cordone ombelicale.

Risale al 1974 la prima dimostrazione della presenza di cellule staminali emopoietiche (ovvero cellule capaci di produrre globuli bianchi, globuli rossi e piastrine in quantità tali da ricostituire il midollo osseo), nel sangue di cordone ombelicale o placentare. E’ importante ricordare che il cordone ombelicale, attraverso il quale ogni mamma nutre il proprio bambino, viene usualmente gettato via se non viene raccolto. Dare il consenso alla donazione del SCO significa evitare questo spreco mettendone a frutto l’utilità come importante risorsa per la salute e la ricerca. Subito dopo il parto (spontaneo o cesareo) quando il cordone viene reciso, il personale abilitato effettua il prelievo del sangue in esso contenuto, una procedura assolutamente innocua ed indolore per la mamma e per il neonato. La sacca sterile contenente il SCO raggiunge entro 30 ore la banca di riferimento presso la quale sarà sottoposto alle analisi necessarie e quindi congelato. Nel mondo sono attivi circa 40 programmi di bancaggio pubblico per uso allogenico (cioè destinato a un ricevente diverso dal donatore), con un inventario globale di circa 260.000 donazioni disponibili via rete a tutti i centri trapianto del mondo che ne facciano richiesta.

In Italia la gestione del sangue placentare – come ogni altro tipo di sangue (vedi a scopo trasfusionale) – è affidata alle strutture pubbliche, sotto il coordinamento del Centro Nazionale Sangue, mentre il registro delle unità conservate, circa 30.000, è tenuto parallelamente a quello dei donatori di midollo osseo (IBMDR) dal Centro Trasfusionale dell’Ospedale Galliera di Genova. In Italia sono attive 17 banche pubbliche per la donazione e la conservazione dello SCO, collegate a 206 centri di raccolta di sangue placentare accreditate dal servizio sanitario nazionale.

Bimbo con MammaSe al momento della nascita del bambino esiste un parente stretto (fratello, sorella, mamma o papà del neonato) a cui sia stata diagnosticata una malattia curabile con il trapianto di cellule staminali, la raccolta di SCO potrà essere riservata al parente malato e utilizzata tramite servizio sanitario (donazione cosiddetta dedicata). In alcuni Paesi, è consentito conservare il SCO per uso personale e a spese dei genitori in banche private.

Questa forma di conservazione non è ritenuta utile dalla comunità scientifica internazionale che ritiene che non vi sia alcun vantaggio nel conservare una unità di SCO per un utilizzo dedicato al bambino stesso o ai suoi familiari.

Se questo bimbo si dovesse ammalare di leucemia, sarebbe sconsigliabile per non dire controindicato utilizzare proprio il suo SCO: questo potrebbe infatti contenere precursori del clone leucemico.

Nel caso di una donazione per un familiare adulto, c’è il problema della quantità. In Italia, la conservazione di SCO per uso autologo è vietata dalla legge che consente soltanto la raccolta in banche pubbliche e accreditate. Inoltre, è importante considerare che l’incentivazione della donazione autologa allontana le persone dalla donazione altruistica facendo perdere il valore sociale di questo gesto, ma soprattutto rischiando di privare chi ne avrebbe realmente bisogno di reperire un cordone utile per il trapianto. Dietro alcune banche private, protette da potenti holdings finanziarie che non lesinano mezzi per condurre campagne mediatiche accattivanti e ingannevoli, c’è spesso l’unico obiettivo di fare business.

Queste ultime hanno buon gioco anche perché il nostro sistema pubblico è zoppicante e in certe regioni la situazione è catastrofica. L’associazione donatrici italiane sangue di cordone ombelicale (www.adisco.it) si è costituita nel 1995 con l’obiettivo di diffondere il Italia la cultura della donazione del SCO e di sostenere la ricerca scientifica in questo campo, collaborando con le istituzioni per far sì che su tutto il territorio nazionale sia possibile donare e conservare il SCO per la collettività.