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Immagine: Bambola di pezza

Lesioni midollari traumatiche in età pediatrica: aspetti riabilitativi

La riabilitazione del bambino para o tetraplegico deve correlarsi alle caratteristiche proprie del suo sviluppo psico-motorio e deve assolutamente essere gestita da un team multidisciplinare e multiprofessionale che veda al centro il bimbo stesso e la sua famiglia.

Le lesioni spinali in età pediatrica sono relativamente rare; costituiscono dal 1% al 10% di tutte le lesioni spinali ma con una mortalità piuttosto elevata del 25-32% secondaria alle lesioni associate, in particolare quelle cerebrali. Questo giustifica che ancora oggi piuttosto scarsa sia l’esperienza in tale ambito e conseguentemente non siano stati definiti percorsi gestionali univoci. Spesso i riabilitatori si avvalgono dell’esperienza maturata nella presa in carico di bambini affetti da altre patologie neurologiche (vedi Spina Bifida) o comunque maturata nella gestione del giovane adulto. Da quanto emerge dalla letteratura, circa il 36-54% delle lesioni sono secondarie ad incidenti della strada seguite dalle cadute e dagli incidenti dello sport. Di sotto ai 12 anni prevalgono gli incidenti di veicoli a motore, pedoni o biciclette, mentre con il progredire dell’età aumentano quelli conseguenti ad incidenti d’auto (passeggero trasportato). Le lesioni spinali in età inferiore agli 8 anni interessano prevalentemente i segmenti cervicali alti con un rischio di associazione di lesioni craniche nel 25-50% dei casi. In particolare appare più elevato il rischio di lesioni nel tratto compreso fra C1 e C4; questo probabilmente correlato ad una sproporzione fra la grandezza della testa ed il relativo iposviluppo della muscolatura del collo. Un aspetto tipico delle lesioni in età pediatrica è rappresentato dal cosiddetto quadro di SCIWORA, ovvero di lesioni spinali senza anomalie radiologiche, più frequente nelle lesioni cervicali, probabilmente secondario ad una elevata elasticità dei legamenti e spesso purtroppo correlato ad una pessima prognosi per quanto riguarda il recupero.


Inquadramento riabilitativo
La riabilitazione del bambino para o tetraplegico deve correlarsi alle caratteristiche proprie del suo sviluppo psicomotorio e deve assolutamente essere gestita da un team multidisciplinare e multiprofessionale che veda al centro il bimbo stesso e la sua famiglia. Pertanto accanto agli interventi tradizionali quali la mobilizzazione, le attività della vita quotidiana, la gestione della vescica e dell’intestino, ecc andranno implementate tutte quelle attività volte sia al contenimento dei danni secondari (vedi osteoporosi, deformità degli arti, scoliosi) sia a favorire il difficile percorso di socializzazione tipico per l’età (inserimento nella scuola, nelle attività di gruppo con i pari ecc). In sintesi, bisogna accompagnare il bambino favorendo al meglio l’acquisizione delle tappe di sviluppo caratteristiche per l’età ed il contesto sociale.


Componenti della disabilità
La disabilità del bambino con esiti di lesione midollare è ascrivibile a molteplici fattori:

  • Deficit motorio (para o tetraplegia complete od incomplete);

  • Deficit sensitivo a distribuzione diversificata in funzione del livello della lesione e del suo grado di completezza;

  • Deformità secondarie dell'apparato locomotore, più frequentemente a carico dell’anca, ginocchio, piede e rachide, ma esteso anche a livello degli arti superiori in caso di lesioni cervicali. Tra i fattori causali in grado di determinarne la comparsa, ed il successivo aggravamento, ricordiamo:
    • lo sbilanciamento dell’attività muscolare a livello articolare: i muscoli risparmiati dalla lesione tenderanno ad accorciarsi ed a deformare nel proprio senso l’articolazione, mentre quelli paralizzati saranno allungati;
    • l’azione di un eventuale movimento residuo e della postura, della forza di gravità e dei vincoli, sui segmenti articolari in crescita che subiscono uno sbilanciamento muscolare;
    • le alterazioni del tono muscolare correlate alla spasticità;
    • la cifo-scoliosi secondaria sia al danno neurologico che alla eventuale deformità del rachide.

  • Disfunzione neurogena dell’area sacrale (vescica neurologica ed alvo neurologico):
    • Lesioni a livello S2-S4 o anche più periferiche possono determinare una vescica ipo-areflessica ed ipo-anestesica, nonché un deficit più o meno marcato della contrattilità e del tono dello sfintere striato. Ne consegue una ritenzione totale o parziale d’urina oppure un’incontinenza da rigurgito.
    • Lesioni midollari al di sopra di S2, per il venir meno della modulazione inibitoria superiore, si accompagnano ad un quadro di iperattività detrusoriale con incontinenza urinaria secondaria.
    Un’inadeguata gestione della di - sfunzione vescicale può non solo portare ad incontinenza (con le note implicazioni sulla qualità di vita), ma anche essere responsabile nel tempo di gravi complicanze renali. Accanto al quadro descritto di vescica neurologica, va segnalata la concomitante presenza d’intestino neurologico (stipsi ed incontinenza) che anch’esso necessita di una precoce gestione adeguata al fine di ottimizzare i percorsi di reinserimento sociale.

  • Alterazioni a carico della sfera affettiva relazionale.

Nel caso di lesioni localizzate a livello cervicale gioca un ruolo fondamentale la contemporanea compromissione respiratoria, che può richiedere in caso di lesioni C1/C4 anche una ventilazione permanente del bimbo nell’arco delle 24 ore. In questi casi assume un significato particolare la realizzazione di un programma ad hoc di training sia della famiglia che dell’eventuale care giver, quale premessa indispensabile per costruire il processo di domiciliazione del piccolo paziente. Pertanto il trattamento del bambino con esiti di lesione midollare implica un approccio pluridisciplinare che coinvolge aspetti medico-chirurgici, psicologici e sociali. Il progetto riabilitativo nasce dall’interazione fra le diverse competenze professionali coinvolte, al fine di definire obiettivi a breve, medio e lungo termine, nel rispetto del processo di maturazione psico-fisica che accompagna il bambino fino al suo ingresso nel mondo degli adulti. Questo presuppone una corretta, precoce ed adeguata gestione che deve accompagnare il bimbo per tutto il tempo necessario, adeguandosi alle diverse competenze funzionali da acquisire e senza mai divenire ossessiva o incidere negativamente sul processo di adattamento del bambino e della famiglia. Progetto e programma riabilitativo devono affrontare all’unisono ciascuna componente a cui viene ascritto il quadro della disabilità, tenendo conto della loro evoluzione nel tempo. In questo contesto la figura del riabilitatore si trova impegnata a contrastare la disabilità identificando gli strumenti presenti e futuri necessari al piccolo paziente per non mancare gli appuntamenti più importanti dello sviluppo psicomotorio. La realizzazione di questo percorso prevede nella maggior parte dei casi l’uso di ortesi, ovvero di presidi confezionati su misura allo scopo di mantenere un corretto posizionamento degli arti e/o sostituire la muscolatura non funzionante, consentendo al bambino l’acquisizione più precoce possibile della stazione eretta e, compatibilmente con il livello lesionale, del cammino. Presupposto indispensabile per una corretta crescita psicomotoria è che la tutorizzazione sia ben accettata sia dal bambino che arriverà ad integrare l’ortesi nel suo stesso schema corporeo (una vera e propria seconda pelle!), che dalla famiglia. L’intero programma riabilitativo deve tenere conto di tutti gli aspetti che caratterizzano la disabilità, siano essi nell’ambito ortopedico, urologico, psicologico o sociale in quanto ciascuno di questi di fatto gioca un ruolo significativo nel raggiungimento degli obiettivi che il team, in accordo con la famiglia, ha definito come prioritari. Ne consegue che il trattamento non può essere inteso come settoriale, ma si deve necessariamente configurare in senso multidisciplinare, allo scopo di affrontare la globalità del soggetto e non la malattia. In questo contesto la riabilitazione non può essere limitata al solo ambito del presidio di riferimento, ma deve coinvolgere in prima persona l’ambito familiare e sociale. Facendo riferimento alle Linee Guida del 2004 (vedi bibliografia) dedicate al bambino con Spina Bifida, potremmo assumere che in genere nell’ambito del bambino con esiti di lesione midollare, si possono identificare le seguenti Aree funzionali:
- Area Funzionale Motoria/Sensitiva
- Area Funzionale Cognitiva ed Affettivo-Relazionale
- Area Funzionale Sfinterica e Sessuale.

Ciascuna area prevede obiettivi riabilitativi definiti in funzione della fascia d’età, la modalità operativa prevede il coinvolgimento di competenze specifiche che sono diversificate in funzione del loro ruolo nella gestione del bambino stesso, a valenza pluridisciplinare ed interprofessionale. In merito alla definizione degli obiettivi, ovvero le priorità delle abilità/attività funzionali che il bambino dovrebbe poter conquistare in quella definita fascia di età (appuntamenti dello sviluppo), va precisato che esse non seguono un ordine gerarchico prestabilito, ma cambiano in relazione alla fascia di età attraversata dal soggetto. Ad esempio, il cammino è un obiettivo importante entro i due anni e può esserlo ancora in età un poco più avanzata (3-5 anni), se il percorso clinico del paziente ha comportato un “giustificato” rallentamento nel raggiungimento di tale obiettivo. L’acquisizione della stazione eretta e del cammino con ortesi mantiene successivamente un ruolo rilevante per contenere le deformità e le patologie da non carico, ma se nel tempo perde una valenza funzionale esso dovrà lasciare progressivamente il posto all’uso autonomo della carrozzina manuale o elettronica, ausilio che d’altra parte può essere proposto al paziente molto precocemente se la prognosi del cammino si rivelasse negativa. Affinché l’intervento rieducativo risulti il più efficace possibile, esso deve essere tempestivo, gestito da un team multidisciplinare (che possegga almeno competenza neurologica, fisiatrica, neuropsichiatrica, urologica, pediatrica, ortopedica); l’equipe deve comprendere anche fisioterapista, terapista occupazionale, psicologo, assistente sociale, infermiere professionale; coinvolgere il paziente nella sua globalità; avere frequenza e durata commisurati al raggiungimento di un preciso obiettivo nell'ambito del progetto riabilitativo. Per la formulazione del progetto relativo ad ogni singola area funzionale va utilizzata una procedura (metodologia riabilitativa) che prevede una valutazione funzionale (diagnosi di funzione), una prognosi di funzione relativa all’area funzionale considerata, la definizione di obiettivi realistici, la definizione di un accordo terapeutico (con la famiglia e quando possibile con il bambino stesso), un approccio interdisciplinare ed un intervento mirato, adeguato per qualità, quantità e durata.

Considerata quindi la complessità di questa patologia, il progetto riabilitativo dovrebbe mirare al raggiungimento dei seguenti fondamentali obiettivi:
- favorire un modello di sviluppo il più vicino possibile a quello fisiologico, nel rispetto di alcuni appuntamenti neuro-evolutivi fondamentali;
- prevenire e/o contenere i danni secondari e terziari dipendenti dal livello lesionale ed in evoluzione con l’accrescimento del bambino;
- promuovere l’acquisizione della massima autonomia compatibile con il livello di lesione nell’uso della carrozzina, nello svolgimento delle AVQ - promuovere l’inserimento sociale (scolastico, lavorativo, nella vita di relazione).


Note Bibliografiche:

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