Erail 19 giugno 1999 quando,
a Seul, l’Assemblea del CIO assegnava a Torino e alle
sue valli l’organizzazione dei Giochi Olimpici Invernali
del 2006: ciò significava che il capoluogo piemontese
si assumeva l’onere di ospitare, come ogni città designata
dal Comitato Olimpico Internazionale, anche le Paralimpiadi
Invernali - le gare riservate agli atleti disabili -
nella fattispecie in programma dal 10 al 19 marzo 2006.
Il 27 dicembre 1999 a Torino nasceva così il TOROC,
acronimo ufficiale che identifica il Comitato per l’Organizzazione
dei XX Giochi Olimpici Invernali Torino 2006 (Torino
Organising Committee XX Olympic Winter Games). In questi
cinque anni di intenso lavoro il Comitato Organizzatore
ha posto le basi per la realizzazione di una edizione
speciale dei Giochi Olimpici e Paralimpici Invernali.
È importante affrontare subito una questione terminologica
e spiegare che il prefisso “para” di “Paralimpico” sta
per parallelo, volendo intendere così la stretta relazione,
non solo temporale, tra i Giochi per i disabili e quelli
per normodotati, anche se in origine era nato in riferimento
al termine paraplegici, nei primi anni gli unici partecipanti
a questo tipo di gara.
La crescita del movimento paralimpico è comunque ben
esemplificata dai numeri: più di 4000 atleti provenienti
da 123 nazioni ai Giochi Paralimpici estivi di Sydney
2000; oltre 500 partecipanti da 36 paesi alle Paralimpiadi
invernali di Salt Lake City 2002. Ma come nasce il movimento
paralimpico e lo sport per disabili in genere?
È
necessario tornare un po’ indietro nel tempo.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, ci si accorge che i
tradizionali metodi di riabilitazione non sono più sufficienti
per le necessità mediche e psicologiche del civili e
dei soldati con disabilità.
Su richiesta del Governo britannico, il Dr. Ludwig Guttmann,
neurologo e neurochirurgo immigrato dalla Germania,
crea nel 1944 un Centro per Lesioni spinali presso l’ospedale
di Stoke Mandelville, in Gran Bretagna.
Primo ad intravedere nello sport un’efficace attività
riabilitativa, Guttman pensa di utilizzare il tiro con
l'arco, il gioco delle bocce e successivamente il basket
in carrozzina quali attività sportive per i mutilati
ed i lesionati midollari, permettendo al disabile di
potenziare maggiormente l'equilibrio del corpo e il
controllo della carrozzina.
Grazie ai risultati ottenuti, il 28 luglio del 1948
viene inaugurata a Londra la prima edizione dei “Giochi
di Stoke Mandeville”, riservati ad atleti su sedia a
rotelle; quattro anni dopo nascono, sempre in Gran Bretagna,
i primi “Giochi Internazionali per Disabili”.
Nel 1960 l'Italia, che ospita le Olimpiadi a Roma, è
promotrice dei primi “Giochi Paralimpici”, che vedono
la partecipazione di 400 atleti provenienti da 23 nazioni
diverse.
Nel 1976 la città svedese di Örnsköldsvik organizza
le Olimpiadi Invernali e inaugura la prima edizione
invernale delle Paralimpiadi.
Nel 1982, il Comitato di Coordinamento Internazionale
dell’organizzazione mondiale per lo sport disabile (ICC)
è incaricato di coordinare l’organizzazione dei Giochi
Paralimpici rappresentando le organizzazioni partecipanti,
in collaborazione con il Comitato Olimpico Internazionale
(CIO) e le altre organizzazioni globali.
Il 22 settembre 1989 nasce così il Comitato Paralimpico
Internazionale (IPC), un nuovo organismo governativo
internazionale rappresentante degli sport per atleti
con disabilità. Ufficialmente l’IPC ha assunto i pieni
poteri dopo le Paralimpiadi di Barcellona, nel 1992
e sette anni dopo apriva la propria sede principale
a Bonn, in Germania, con uno staff permanente. Oggi
l’IPC raggruppa 155 nazioni membri, rappresentate attraverso
i Comitati Paralimpici Nazionali (NPCs), e cinque organizzazioni
(IOSDs): CPISRA, IBSA, INAS-FID, ISMWSF e ISOD, specifiche
per gli sport più diffusi, come il tennis o il basket.
Sono quindi ormai più di quarant’anni che lo sport disabili,
al più alto livello agonistico, vede organizzate le
sue massime manifestazioni a pochi giorni di distanza
(due settimane) dai Giochi dei Cinque Cerchi, per di
più nelle stesse località e nei medesimi impianti sportivi.
Una differenza rispetto ai Giochi per normodotati riguarda
invece il numero delle discipline oggetto di gara, che
per i disabili sono solo cinque. Ciononostante le medaglie
da assegnare sono molte di più, dato che per ogni sport
si cimentano tre tipologie di atleti: i sitting (paraplegici
e in generale persone che necessitano di una carrozzina),
gli standing (amputati o poliomielitici) e i blind (ipovedenti
e non vedenti).
Ecco dunque i cinque sport che saranno protagonisti
alle Paralimpiadi di Torino 2006, con l’indicazione
delle località in cui saranno ospitati:
Sci
alpino
Le specialità dello sci alpino sono quattro: discesa
libera, super-G, slalom gigante e slalom.
L'equipaggiamento degli atleti varia a seconda del tipo
di handicap: i paraplegici utilizzano sci normali e
possono gareggiare con o senza l’ausilio di una protesi;
gli atleti amputati di gamba usano dei bastoncini adattati,
chiamati stabilizzatori; gli atleti non vedenti sono
guidati nella discesa da accompagnatori (le “guide”)
che con segnali vocali lungo il tracciato indicano il
percorso da seguire.
Le gare della disciplina regina degli sport invernali
saranno di scena a Sestriere, una delle stazioni sciistiche
più celebri del Piemonte e non solo.
Biathlon
La gara di biathlon si svolge lungo un anello di 2,5
chilometri ripetuto tre volte, per un totale di 7,5
chilometri di fondo.
Durante il percorso gli atleti si fermano per due serie
di tiri in cui hanno a disposizione cinque colpi per
centrare un bersaglio posizionato a dieci metri di distanza.
Per ogni bersaglio mancato si aggiunge 1 minuto al tempo
di gara. Gli atleti non portano la carabina, che viene
invece consegnata già pronta al poligono. Le carabine
per i non vedenti sono equipaggiate con occhiali collegati
ad un sistema auricolare electro-acustico che aumenta
di intensità quando il fucile è posizionato nel punto
corretto per colpire il bersaglio.
Sci
di fondo
Lo sci di fondo è l'espressione più antica delle discipline
invernali.
Durante le Paralimpiadi si svolgono le gare di staffetta
e le gare individuali, sia in tecnica libera sia in
tecnica classica.
Gli atleti competono su distanze che variano tra 2,5
e 20 chilometri.
L’equipaggiamento degli atleti varia ancora a seconda
del tipo di handicap: i paraplegici utilizzano uno slittino,
attrezzo specifico per questa categoria che viene comunemente
definito “sitting”; gli amputati fanno uso di sci normali
e possono gareggiare con o senza l’ausilio di una protesi;
gli atleti non vedenti sono guidati lungo il percorso
dalle guide attraverso segnali vocali. La cittadina
di Pragelato farà da scenario a queste due discipline
di fatica e precisione.
Sledge Hockey
È
la versione paralimpica dell'hockey su ghiaccio.
Ha debuttato a Lillehammer 1994, diventando immediatamente
una delle attrattive principali per il pubblico. Le
squadre sono composte da sei giocatori, compreso il
portiere.
Il gioco è molto veloce: ogni partita dura 45 minuti,
suddivisa in tre tempi da 15.
L'attrezzatura degli atleti è costituita da slittini
dotati di due lame fissate a una distanza tale da consentire
il passaggio del disco. Per spostarsi gli atleti usano
due stecche con una punta in metallo sull'estremità
inferiore, capace di fare presa sul ghiaccio; l'altra
estremità è invece a forma di mezzaluna in modo da poter
colpire il disco con efficacia. All'interno di ogni
squadra vengono formati tre gruppi, a seconda delle
differenti abilità funzionali, a cui vengono assegnati
da uno a tre punti.
La somma dei punti dei giocatori in campo non deve superare
i 15, altrimenti la squadra avversaria può chiedere
all'arbitro di fermare il gioco: questa regola è indispensabile
per assicurare la massima partecipazione di tutti gli
atleti. L’hockey entusiasmerà il suo pubblico a Torino,
nella sede ristrutturata del più antico spazio espositivo
della città.
Curling
Il curling su carrozzina debutterà alle Paralimpiadi
di Torino 2006.
Si pratica su un campo ghiacciato e consiste nel far
scivolare blocchi di pietra dotati di manico, detti
stone, in modo che si arrestino su un bersaglio disegnato
sul ghiaccio, detto house.
Ogni squadra è composta da 4 giocatori, che possono
essere uomini o donne (questa è l’unica disciplina mista);
il curling è riservato agli atleti in carrozzina e sarà
ospitato al nuovo Palazzo Polifunzionale del Ghiaccio
di Pinerolo, a 40 Km da Torino. Già, le strutture.
Croce e delizia di ogni Comitato Organizzatore perché,
se da un lato portano forse via le maggiori risorse
economiche, dall’altro lasciano, ad Olimpiadi terminate,
importanti eredità alle comunità locali, in termini
di impianti e occupazione.
Questo aspetto però ci conduce al problema generale
dell’accessibilità: i lavori in corso e quelli che inizieranno
nei prossimi mesi dovranno necessariamente garantire
la massima fruizione di tutte le strutture da parte
dei disabili; parliamo quindi non solo dei palazzetti,
degli impianti che saranno sede di gara, ma anche di
tutte le infrastrutture di collegamento, dei trasporti,
dei marciapiedi, dei ristoranti, degli alberghi, dei
luoghi di intrattenimento.
E tutto questo dovrà essere pronto ben prima del 10
marzo 2006, data d’inizio delle Paralimpiadi: non si
considera mai, infatti, che il viaggiatore con problemi
di handicap sta creando una nuova, golosa fetta nel
mercato turistico; questo è forse un trend all’inizio
nel nostro paese, ma attivissimo già da parecchi anni
nel resto d’Europa. È doveroso quindi considerare l’arrivo
di questo tipo di turisti anche per il via dei Giochi
Olimpici, dal febbraio 2006.
Da questo punto di vista però il Toroc non è partito
da zero. Grazie all’esperienza dei Campionati Mondiali
di sci, svoltisi a Sestriere nel 1997, in qualche modo
si è già a buon punto. Su Torino invece la situazione
è più complessa: rispetto a Nagano o Salt Lake City
(le ultime due città sedi delle Olimpiadi Invernali)
il territorio interessato è molto più esteso e pone
qualche problema in più. Gli esperti in materia comunque,
sottolineano come per le costruzioni già esistenti,
nel 90% dei casi, con interventi normalissimi, si possano
superare molti problemi di accessibilità, senza costruire
per forza strutture ad hoc (ad es. entrate secondarie),
che possono sì - talvolta - trasformarsi in vere e proprie
barriere culturali.
Come in molte delle faccende umane, quindi, spesso è
solo una questione di mentalità e buon senso. A Torino,
comunque, si respira grande fiducia, al punto che, tra
chi organizza i Giochi Paralimpici del 2006, circola
una battuta singolare: che le Olimpiadi in realtà non
saranno altro che l’ultimo test-event, evento prova,
per le Paralimpiadi…
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