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Agorà Scienza: il terzo compito dell’Università

L’Università deve preoccuparsi non solo delle sue tradizionali mansioni ma anche di fornire un ponte tra il sapere universitario e la società, suo committente principe. Deve, cioè, preoccuparsi, oltre che della formazione dei giovani alla ricerca, anche di far crescere in essi la consapevolezza della necessità di rinforzare il legame tra Scienza e Società.







Poco più di un anno fa l’Università di Torino istituiva il Centro Interfacoltà Agorà Scienza affidandogli una specifica missione che, implicita nel nome stesso del Centro, non era invece così facile da definire con precisione; questo ha fatto sì che il Centro si sia mosso un po’ su tutte le diverse direttrici possibili il che, alla fine, lo ha condotto a risultati di non trascurabile portata.

Forse, per inquadrare il problema, può essere utile cominciare dal ricordare brevemente quali sono da sempre le ragioni d’essere istituzionali di un Ateneo e i suoi rapporti con la società in cui per secoli ha operato.

L’Università, nel suo pluricentenario rapporto con il sapere, tradizionalmente ha sempre avuto una doppia missione: da un lato, è stata l’affidataria della didattica avanzata e della formazione scientifica dei giovani e, dall’altro, ha rappresentato la fonte istituzionale e la sorgente principale della ricerca di base indipendentemente dall’appartenenza all’uno o all’altro dei campi delle conoscenze umane. La convivenza dei diversi saperi, quelli umanistici e quelli sociali, quelli scientifici in senso stretto e quelli delle scienze della vita, quelli di scienze politiche e di scienze economiche ecc. non è sempre stata né facile né priva di attriti, quando non direttamente di conflitti. Si pensi alla ormai obsoleta (speriamo) e spiacevole categorizzazione da parte di alcuni secondo cui la componente scientifica della cultura sarebbe stata una cultura informativa riservando alla componente umanistica il più nobile e gratificante aspetto di cultura formativa. Difficile immaginare una concezione più retrograda della cultura proprio da parte di chi riteneva di esserne il più degno esponente. Al di là di questi aspetti che per certi versi sfumano nel folcloristico (ma i cui effetti deleteri l’Italia paga ancora molto cari), resta il fatto di fondo che per secoli l’Università ha svolto questo doppio ruolo di fonte della conoscenza e di motore della ricerca, e che questo doppio compito l’ha sempre svolto, per così dire, quasi all’esterno della società. Questa ultima poi, per secoli, non ha mai né questionato la competenza dell’Università a svolgere questi compiti né le ha mai chiesto rendiconti della validità scientifica e della proprietà dell’utilizzo delle risorse messe a disposizione.

Negli ultimi decenni, però, con l’aumentare sia dell’importanza strategica del ruolo della ricerca nella crescita non solo culturale ma anche economica che della percezione di questo ruolo, si è andata imponendo da un lato la consapevolezza che le due missioni sopra ricordate non potevano esaurire il ruolo dell’Università nella vita moderna e, dall’altro, che le ingenti risorse richieste dalla ricerca del giorno d’oggi non possono non essere rendicontate con attente valutazioni. Si è andata, cioè, delineando e definendo sempre meglio (a partire dalle nazioni più sviluppate) una terza missione o, meglio, un terzo compito: l’Università deve preoccuparsi non solo delle sue tradizionali mansioni ma anche di fornire un ponte tra il sapere universitario e la società suo committente principe. Deve, cioè, preoccuparsi, oltre che della formazione dei giovani alla ricerca (e quindi di essere la fonte della medesima), anche di far crescere in essi la consapevolezza della necessità di rinforzare il legame tra Scienza e Società e di non considerare questo aspetto come subordinato agli altri due se non nel senso più nobile del termine. Vitale diventa, altrimenti detto, che lo scienziato impari non solo a fare ricerca ma anche a spiegare perché la fa, oltre che a comunicare con i suoi colleghi delle altre discipline e con l’uomo della strada.

Tanto importante è ormai diventato questo compito, che in alcuni paesi più avanzati, come la Svezia, per esempio, è dalla metà degli anni ’90 che, per statuto, le Università ne sono state investite in maniera ben definita e precisa. Dal 1996, infatti, lo Higher Education Act stabilisce che le Università devono:
1) Educare,
2) Fare ricerca,
3) Collaborare.

Più esattamente, per quel che riguarda questo ultimo punto, devono: “…co-operate with the surrounding community (organizations and companies, associations and individuals) and inform about its operations2.

Questo terzo compito implica che le Università devono collaborare su molti temi quali:
• informazione (nel senso più lato),
• dialogo con la Società,
• formazione alla Comunicazione,
• interazione con le scuole,
• impresa ed innovazione,
• trasferimento tecnologico,
• propositività verso la politica, e devono poi anche sottoporsi a valutazione (anzi stimolarla).

Come è ovvio, sia pure in mancanza di una precisa norma statutaria, è da tempo che anche l’Università italiana si è avviata lungo questa strada e quasi tutti i punti di sopra fanno ormai parte di un suo preciso (quanto tuttavia mal definito) dovere. Non si può più immaginare oggi una Università che non dia il massimo di informazione (di cui è capace) o che non abbia protocolli estesi di collaborazione con la scuola o che non stimoli i suoi ricercatori all’innovazione (possibilmente seguita da brevetto) e al trasferimento tecnologico. E se solo raramente riesce a influenzare la politica, questo non è mai per sua scelta ma è in generale il politico che molto di rado è così avveduto da avere un suo staff di collaboratori scientifici3.

Dove l’Università italiana è invece tuttora fortemente carente, è nel dialogo con la società e nella formazione alla comunicazione4 dove, salvo qualche meritoria e sporadica eccezione, siamo agli albori della sperimentazione ed è esattamente in questo campo che si è proposta di operare Agorà Scienza con molta incertezza da parte di tutti (incluso, probabilmente, il Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Torino che peraltro da subito ha dato il suo supporto più pieno) su quale sarebbe potuto essere la risposta dell’utente.

L’entusiastica adesione ricevuta da praticamente tutte le Facoltà dell’Ateneo è stata piena e, probabilmente, causa non ultima per la preziosa e fattiva collaborazione di Enti quali la Compagnia di San Paolo che da subito ha colto la novità della proposta e ha aderito al Centro. I risultati positivi non sono mancati tanto che stiamo lavorando perché presto il Centro Agorà Scienza venga esteso agli altri Atenei piemontesi per trasformarsi in un Centro Interateneo (anziché Interfacoltà). Non possiamo qui elencare5 tutto quanto è stato fatto in poco più di un anno di vita sia nel campo della comunicazione scientifica che della diffusione della scienza e ci limiteremo a ricordare quelli che consideriamo i due punti più significativi.

Il risultato più importante è certamente che Agorà Scienza è stata strumentale a portare a Torino ESOF 20106, il più grande forum europeo dedicato all’innovazione e alla ricerca scientifica che viene organizzato con cadenza biennale da EuroScience e che nel 2008 (tra il 18 e il 22 Luglio) si svolgerà a Barcellona (vedi www.esof2008.org). Avremo molte occasioni di tornare nel seguito su questo evento con cui Torino è determinata a coinvolgere tutta l’Italia per il rilancio della scienza. A tempo debito (nel 2008) si cominceranno a definire le azioni da proporre ma fin d’ora siamo aperti a vagliare nel modo più attento tutte le proposte che ci verranno fatte.

Il secondo risultato che vogliamo ricordare è stata la prima Scuola estiva per dottorandi SCS (per Scienza Comunicazione Società) che si è appena svolta a Torino tra il 9 e il 15 Settembre 2007. Si è trattato di una settimana densa di lezioni e laboratori (oltre 40 ore complessivamente) incentrati sul tema “La Scienza fa notizia, la Scienza fa opinione”, che ha visto riuniti circa sessanta giovani (quasi tutti dottorandi) provenienti da tutta l’Italia in una collaborazione che oltre agli Atenei piemontesi (l’Università di Torino, il Politecnico di Torino e l’Università del Piemonte Orientale) ha visto associati in fase sperimentale anche gli Atenei di Padova e di Trento con il mai troppo apprezzato contributo della già menzionata Compagnia di San Paolo. Con nostra grande soddisfazione, su 59 iscritti alla scuola (di cui 57 si sono presentati alle lezioni che sono state aperte nel pomeriggio di domenica 9 settembre alla presenza dei Magnifici Rettori delle Università di Torino e di Trento con rappresentanti di tutti gli altri partner), nella sessione conclusiva di sabato 15 i presenti erano ancora il 95%.

Quello che ha contraddistinto questa prima Scuola estiva è che è venuta a colmare un vuoto proprio in quel settore che abbiamo chiamato il terzo compito delle Università e quindi non ha insistito sui canali tradizionali che alcuni Atenei hanno già attivato nel passato quali Master, Corsi di laurea o addirittura Corsi di Dottorato che alla qualità della loro formazione associano una inevitabile settorizzazione dei saperi ma ha, invece, cercato di superare tutte le barriere sia disciplinari che di tradizioni universitarie che, infine, geografiche. Questo si è raggiunto mediante lezioni frontali su temi che spaziavano dalle strategie di comunicazione al grande pubblico ai nuovi mezzi per coinvolgere i cittadini nel dibattito scientifico, dalla bioetica ai modelli sociologici della relazione tra scienziati e cittadini, tutte seguite da intensi dibattiti tra i partecipanti e i docenti della scuola. Gran parte dei pomeriggi è stata dedicata a laboratori di comunicazione (il comunicato stampa, la conferenza stampa, PlayDecide, riflessioni su temi controversi della relazione tra scienza e società).
E questa novità è stata colta anche oltre i confini della Regione, come dimostra il fatto già ricordato della collaborazione transregionale sia a livello organizzativo che di docenza che, molto più importante, di discenti.

In realtà, questa scuola estiva è stata, da un lato, un punto di arrivo, sia pure momentaneo, di un percorso in cui l’attività di Agorà Scienza è andata molto rapidamente accelerando ampliandosi assai al di là delle più rosee previsioni iniziali (e di cui il clou è stata, come già ricordato, l’attribuzione a Torino di ESOF 2010) e, dall’altro, un punto su cui soffermarsi per una doverosa riflessione prima di pensare alle prossime edizioni e di ripartire verso questa avventura (ESOF 2010, appunto) che, speriamo di riuscire a trasformare in un momento di rilancio delle scienze per l’intero paese.
Un primo punto in questa direzione è l’invito a tutti gli amanti della Scienza in Italia ad iscriversi a Euroscience (www.euroscience.org) contribuendo così ad una prima azione di supporto della scienza in campo europeo.