Non dicono nulla, ma io so esattamente quello che pensano,
come fossero dei fumetti, a cui leggi le nuvolette sopra
le teste: “Vedi quei due, chissà lui com’è
sensibile per stare con una così”. Oppure,
i più evoluti: “Certo che quella donna
deve avere qualche qualità nascosta, deve essere
molto intelligente. Altrimenti non si spiega come mai
lui ci stia insieme”.
E
poi concludono: “Speriamo che non la faccia soffrire”.
Nessuno che venga almeno sfiorato dall’idea che
lui mi ami per quello che sono, che mi consideri la
donna più bella del mondo, come accade sempre
ad un innamorato. Che mi desideri, che adori fare l’amore
con me, anche se non posso muovermi nel letto. No, per
la gente io sono l’handicappata, un essere asessuato,
magari intelligente, ma certo senza alcuna possibilità
di piacere, di sedurre.
Ci voleva il Papa, per riconoscere anche a noi disabili
questo “diritto di cittadinanza”.
Ma le sue parole serviranno a poco se la cultura della
diversità non comincerà a farsi largo
nella pagine dei giornali, nei programmi televisivi,
nelle teste della gente. Io sono diversa come tutti
lo sono. Sono molto più diversa, ma solo perché
quelli come me si vedono poco in giro, stanno ancora
troppo chiusi in casa, nonostante l’Anno Europeo
delle persone con disabilità (che, va detto,
ci ha fatto molta pubblicità). E se il disabile
non ha ancora libero accesso in società la colpa
non è solo dei politici o delle barriere architettoniche.
E’ lui stesso, o la sua famiglia, che ha paura.
Ha paura di uscire, di farsi vedere, figuriamoci di
comunicare con gli altri, di mettersi in gioco in un
rapporto d’amore. Quante mamme tengono a casa
i loro figli, cercano di soddisfare loro i bisogni sessuali
pur di non farli uscire, di non rischiare di perderli
(affettivamente, s’intende). E quanti disabili
per paura di un rifiuto si nascondono dietro l’alibi
dell’handicap. Le cose stanno cambiando, per fortuna.
Ma questa è ancora la realtà, nella maggior
parte dei casi. Ci voleva il Papa, perché tutti
se ne accorgessero. Ora ci vogliamo tutti noi, perché
dalle parole si passi ai fatti.
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