In tutte le casistiche riportate
in letteratura, si è evidenziato, negli ultimi
15 anni, un progressivo, costante aumento della percentuale
di sordità da cause ereditarie, con riduzione
delle cosiddette forme ad etiologia sconosciuta.
Attualmente, tale percentuale si attesta in molti studi
intorno al 50% e trova negli enormi progressi effettuati
in campo genetico la principale giustificazione.
Stazionarie rimangono le sordità da cause pre-natali
(toxoplasmosi, rosolia, citomegalovirus) e post-natali
(meningo-encefaliti, parotite, morbillo, farmaci ototossici),
mentre sono di poco ridotte le sordità da cause
peri-natali (anossia, ittero), in rapporto al miglioramento
degli standard assistenziali a livello internazionale.
Volendo
focalizzare la nostra attenzione solo sulle sordità
di grado grave o profondo in età pediatrica,
considerato che nella stragrande maggioranza dei casi
insorgono in età pre-verbale, il più importante
effetto che ne consegue è il mancato o ridotto
sviluppo di un normale linguaggio.
Venendo poi a mancare, per il danno a carico delle cellule
neurosensoriali dell’orecchio interno, la possibilità
che il messaggio verbale giunga dalla periferia a livello
delle aree corticali deputate alla decodificazione,
ne consegue un ridotto sviluppo del sistema uditivo
centrale.
In altri termini, si instaura un inaridimento del pool
neurale deputato al riconoscimento e alla decodifica
dei suoni, nonché all’analisi fonetica.
Il danno che consegue all’instaurarsi di un deficit
uditivo non deve essere correlato solo al grado di disability
(grado di sordità presente), ma è direttamente
dipendente anche dalla precocità e dal livello
qualitativo con cui si interviene a livello protesico-riabilitativo;
infatti, quanto più adeguata sarà la modalità
scelta, tanto maggiore sarà il recupero in termini
di minore handicap.
Attualmente, una perdita uditiva di grado grave (tra
70 e 90 dB), diagnosticata precocemente entro i 12-18
mesi, può avvalersi in modo soddisfacente di
una protesi acustica e di un adeguato programma di riabilitazione
logopedica; in presenza, invece, di una sordità
di grado profondo (> 90 dB), si è nella condizione
di offrire una nuova e valida soluzione ricorrendo all’impianto
cocleare.
In presenza di una sordità di grado grave o profondo
pre-verbale, insorta cioè prima che il bambino
acquisisca un canale comunicativo verbale, l’applicazione
della protesi acustica ovvero il ricorso all’impianto
cocleare rappresentano la conclusione di un lungo iter
osservazionale e diagnostico che inizia fin dai primissimi
mesi, in rapporto all’individuazione di eventuali
fattori di rischio, all’osservazione dello sviluppo
e all’acquisizione di capacità comunicative
del bambino, per giungere entro il primo anno di età
ad una prima diagnosi strumentale di quantizzazione
del deficit uditivo, che con il passare dei mesi andrà
sempre più specificato.
Di norma, è intorno all’età di un
anno che è opportuno procedere alla prima protesizzazione
acustica e all’inizio del programma di rieducazione
logopedica.
E’ questa una fase importante per pervenire gradualmente
ad una più precisa quantizzazione del deficit
uditivo, attraverso la somministrazione di test, scale
di misurazione ed un lavoro d’equipe in cui sono
coinvolte più professionalità (pediatra,
otorinolaringoiatra o audiologo, psicologo, logopedista,
audioprotesista, audiometrista).
E’ intorno ai 20-30 mesi che, di norma, il team
che segue un bambino con deficit acustico e già
protesizzato è nella condizione di valutare il
grado di acquisizione del linguaggio, potendo valutare
se tale acquisizione è legata ad un miglioramento
del canale uditivo, grazie alla protesi; se invece si
evidenzia un’inadeguatezza del sussidio protesico,
viene posta l’indicazione all’impianto cocleare.
Il
candidato all’impianto è, quindi, un piccolo
paziente affetto da sordità profonda o totale,
preferibilmente senza altri handicap associati, che
abbia già avuto una prima protesizzazione acustica
con associato programma riabilitativo, di cui è
evidente l’inadeguatezza, evidenziata dallo scadente
livello dei benefici derivanti dal trattamento.
A differenza della protesi acustica, che stimola le
cellule neurosensoriali residue attraverso un’amplificazione
dei suoni percepiti, l’impianto cocleare è
un sistema di stimolazione diretta del nervo acustico
nei casi in cui le cellule neurosensoriali localizzate
nella coclea non siano più funzionanti.
L’impianto cocleare, pertanto, necessita di esser
posizionato il più vicino possibile al nervo
acustico, per cui gli elettrodi che costituiscono l’impianto,
sotto forma di un sottile filamento, vengono posizionati
nella coclea, per via chirurgica, facendo quindi giungere
il filamento con gli elettrodi nell’orecchio interno,
dopo averlo fatto passare attraverso la cavità
mastoidea e l’orecchio medio.
Ancora oggi, ma è prevedibile per poco tempo
ancora, in rapporto all’impossibilità di
poter disporre di pile di piccole dimensioni, l’impianto
cocleare è costituito da una parte interna, che
viene posizionata nel corso dell’intervento chirurgico
ed è rappresentata dal filamento multielettrodi
(array), posizionato nella coclea, e dal ricevitore
e stimolatore interno, posizionato in una piccola nicchia
ossea ricavata nello spessore dell’osso temporale.
All’esterno, dietro l’orecchio, è
situato il microfono, mentre il trasmettitore è
mantenuto in posizione direttamente sul ricevitore/stimolatore
tramite attrazione magnetica.
Collegato col microfono è l’elaboratore
del linguaggio, più piccolo di un walkman e leggero;
può essere indossato dove ritenuto più
comodo, generalmente sotto i vestiti, in tasca, su una
cintura, etc.
Il microfono, il trasmettitore e l’elaboratore
del linguaggio sono tutti collegati tra loro da fili
sottili.
Il bambino con sordità profonda, sottoposto ad
impianto cocleare, è necessario che segua un
prolungato ciclo di riabilitazione che ha come principale
obiettivo quello di sviluppare la capacità di
ascolto, riuscendo ad attribuire alla nuova sensazione
uditiva un significato comunicativo da utilizzare per
la costruzione del linguaggio verbale.
L’impianto cocleare ha la peculiarità,
rispetto alla protesi tradizionale, di poter inviare
nel sordo profondo, attraverso una stimolazione elettrica
del nervo acustico, una gran quantità di informazioni
acustiche che, giunte a livello corticale, grazie alla
grande plasticità presente a livello cerebrale,
sono in grado di riattivare buona parte del pool neuronale
deputato alla decodifica e al riconoscimento dei suoni.
Scopo
principale della rieducazione è quello di enfatizzare
la percezione e l’ascolto dei suoni significativi,
esaltando l’aspetto acustico della riabilitazione.
Di notevole importanza per un successo riabilitativo
del bambino impiantato, è il coinvolgimento della
famiglia che deve conoscere sempre gli obiettivi del
programma riabilitativo, avere aspettative realistiche
sui risultati attendibili, stimolare in maniera continua
il piccolo paziente.
Quasi sempre, per ottenere un’adeguata collaborazione,
oltre ad un counseling di tipo informativo, è
necessaria la collaborazione dello psicologo per un’azione
di rinforzo.
Eseguire un Impianto Cocleare è certamente un
processo complesso, articolato, che necessita dell’attiva
collaborazione di molte competenze specialistiche, che
deve coinvolgere in maniera forte tutta la famiglia
e l’ambiente scolastico, ma i cui risultati ripagano
pienamente tutti gli sforzi compiuti.
La qualità di vita che si è in grado di
offrire ad un bambino con una sordità profonda
o totale pre-verbale, grazie all’impianto cocleare,
è nettamente migliore rispetto a quello che si
sarebbe potuto ottenere con un iter protesico-riabilitativo
tradizionale.
L’impianto cocleare, infatti, consente di collocare
quel bambino non più in una categoria ad alto
handicap, quale è quella della sordità
profonda, ma permette un suo soddisfacente inserimento
nella scuola “normale”, con la possibilità
di ottenere buoni risultati, grazie ad un impegno aggiuntivo
di tipo riabilitativo.
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